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Intrichi d'amore di Torquato Tasso pagina 10tu, pigliati questo pugno, e poi quest'altro. Ferma, dice Magagna, che essendo per via di matrimonio, cessa ogni difetto; e se ben io non sono della qualità sua, nondimeno il colmo dell'amore che io li porto coprirà l'indegnità mia. Dunque indietro, pugni, e seguitiamo l'amorosa impresa. Ma come faccio con Camillo? Mi risolvo a non dire alla Signora che è schiavo, acciò, sapendo che non gli è figliastro, non se lo pigliasse da vero per marito, e io restasse con li denti secchi. Meglio sarà che io anticipi; che anticipando si risolverà a concluder meco non potendo con il figliastro, tanto più <che>, come essa intenda l'amor di Camillo e di Lavinia, si sdegnarà con Camillo, e Magagna entrarà per lo terzo, Rodomonte. A rispetto poi di Messer Manilio, vederò di cavar denari quanto posso; e all'ultimo mi scusarò quanto posso, dicendo che la prima carità comincia da se stesso, o ogn'uomo ne vuol più per lui che per altri. Lasciami entrare, che Amore mi darà la voce e le parole. Scena 5 LEONORA Che cosa potrà voler la Signora Quintilia, che così in fretta mi manda a chiamare? Vattene sopra, Lavinia, e fa come io ti dico: che la donna non è per altro trista, se non che gli avanza libertà e li manca la vergogna. Voglio dire a proposito che non mi piace molto la libertà che da te stessa hai presa da pochi giorni in qua, stando quasi di continuo su le finestre, praticando per basso e lasciando l'essercizio della casa. Non hai più volte inteso dire da mio marito e tuo patregno che Lucrezia romana fu riputata savia e casta, principalmente perchè si essercitava e faceva sempre essercitare le donne sue al servizio della casa? Essendo cosa manifesta che quella donna la quale attende alli solazzi e piaceri del mondo facilmente cade e perde l'onor suo. LAVINIA Madre mia carissima, quando la donna ha sano il cervello, non si lascia movere per niuna occasione del mondo. LEONORA È vero; ma l'assuefarsi al male è male. Sai pure che a poco a poco giongendosi legne al fuoco, diviene così ardente che non solo abbrugia le legne verdi, ma consuma anco le pietre vive. Così accade alle donne che si pigliano oggi un piacere e domani l'altro, salendo di male in peggio; cadeno, dopo, tanto volentieri che infamano non solo elle istesse, ma ancora tutto il parentado. LAVINIA Il piacere che mi ho preso è stato perchè voi mi diceste: figlia mia, non ti affaticar tanto, datti alcuna volta qualche sorte di spasso, non andar così sconcia, conservati questi capelli, lavati il volto, va polita, che altrimenti ogni uno ti dirà che sei una sciocca, una sparmia-fatica. LEONORA Sì, ma io dandoti il dito, tu t'hai preso tutta la mano. Averti, figlia mia, che il solazzo che io ti dissi non s'intende lo star di continuo su le finestre, ma il ricrearsi per casa; l'andar acconcia non voglio che sia il perder tempo tutto il giorno a sbellettarsi e a farsi la bionda. A che servono tanti ricci e tanti lisci? Basta a lavarti con l'acqua pura, come facevo io al mio tempo; poi che voi altre giovane sete a guisa di vetro, che tentato si rompe, e ogni poco l'ammacchia: talchè bisogna stia chiuso, che non sia tocco, e lavarlo semplicemente, che stia netto, e non ammacchiarlo con tante lorde cose che vi mettete sul volto. Haime intesa? LAVINIA Vi ho intesa. Ma... LEONORA Che vuol dir quel ma? LAVINIA Ma voi altre donne (perdonatemi se vel dico) come giongete al secco, o dite: al mio tempo non fu così, al mio tempo feci, al mio tempo dissi; non avertendo che il mondo è stato sempre come oggi, e se a voi pare altrimenti è perchè, essendo vecchia, vi è mancato il potere, e non il volere. LEONORA A me questo? Così si tratta la madre? Questa è la riverenza che mi porti? Questi sono li consigli che ti ho dati? Io son vecchia? Camina via, non mi star più dinanzi! LAVINIA Sapete come è, Signora madre? La vedova che si accasa di novo mette tutto l'amor suo al novello marito e disama li proprii figli. Io m'aviddi che da che vi casaste m'avete trattata male. LEONORA Io mi casai per benefizio tuo, sciaguratella che sei. Da che tempo in qua sei divenuta così sfacciata, prosontuosa, ignorante? Va via, non mi star più innanzi, che io mi risolvo a differire l'andata dalla Signora Quintilia infino a notte, per venir a darti il castigo che meriti, se non farai quanto ti dirò. Vien qua, Pasquina: va alla Signora Quintilia e dilli che, se non è cosa che molto importi, andarò da lei questa sera. PASQUINA Quanto commanda Vostra Signoria. Ma sappiate, Signora, che Lavinia è una trista figliuola, fa certe cose che non mi piacciono; e io volendola avisare, mi ha dato delle busse che ancora mi fa piangere. LEONORA E che cosa fa? Dimmelo, Pasquina mia: che oltre ti vendicarò delle busse, ti prometto ancora un beveraggio d'importanza. PASQUINA Perdonatemi, Signora, che non lo posso dire; perchè mi ha minacciato dicendo: se tu dici che io faccio l'amore con il Napolitano, t'ucciderò tutta tutta. LEONORA Dunque con il Napolitano fa l'amore? Bella elezion per certo! Vien qua, dimmi: il Napolitano è innamorato di lei, o ella di lui? PASQUINA Io non dico questo, siatemi testimonio; ma lo dite voi. Io so che ella si muore per quel balordo, ed egli non la può sentir nominare. LEONORA Sì, ah! Va via tu, e lascia far a me. PASQUINA E un'altra cosa di più; che essa è stata causa della disperazione di quel povero Flavio, il quale l'amava più che se stesso; ed essa, lasciando il meglio, s'è attaccata al peggio. LEONORA Tutte queste cose vi sono? Non ti curar, fraschetta. PASQUINA Oh, oh, mi ricordo un'altra cosa. Non sapete Camillo, quel giovane bello che passa spesso di qua? LEONORA Sì che lo so. PASQUINA Questo Camillo la desiderava e la desidera per moglie, ed ella lo discaccia e segue quel goffo del Napolitano. LEONORA Ohimè! la pratica è gita troppo innanzi, e io me ne sono aveduta nell'ultimo. Ben è vero che le genti di casa sono l'ultime a sapere il disonore della casa. Or va, e torna subito. PASQUINA Sì, ma non dite poi che sono stata io che ve l'ho detto, perchè passarei pericolo della vita. LEONORA Va pure, e non aver timore. PASQUINA Alla fè, alla fè che impararà di batter le serve senza proposito. Scena 6 LEONORA Misera Leonora, a che strano passo ti vedi! Pensavi pur d'avere una figliuola che doveva esser la quiete della mente tua, e ora la vedi correre in fretta a ruvinarti del tutto. Se la mia trista fortuna mi ha tocco sin adesso nella robba, nelli mariti e nella persona propria, al presente per colmare il sacco tenta di toccarmi anco nell'onore; cosa di tanto pregiudizio maggiormente a noi altre donne, perchè la donna, perdendo l'onore, non è più donna. Ma chi son costoro che vengono verso di me? ALESSANDRO Sono così incostanti li beni di questo mondo, che a pena gustati ci disparono davanti. Leandro, quella donna ci mira fissamente; che vorrà da noi? E io quanto più miro, tanto più mi pare che sia Brianda mia. Ed è pur essa! Accostiamoci pure. LEANDRO Il male non viene solo, dice quel proverbio. Chi sarà questa Brianda? Dubito di alcun altro male. ALESSANDRO E sarà peggior del primo, se sarà come par che mi vada mostrando l'apparenza. LEONORA Che borbottate fra voi stessi? Che volete da me? Che pretendete? Che cercate? ALESSANDRO Borbottiamo di saper il vero, volemo farvi servizio, pretendemo manifestar la virtù nostra e cerchiamo il benefizio del prossimo: poi che, come dice quel savio, l'uomo non è nato per sè solo, ma per giovare a gli altri ancora. LEANDRO Averà altri pensieri Leonora che intender queste vostre filastroccole. ALESSANDRO Non son filastroccole, ma la verità istessa. Sappiate, Signora, che io sono astrologo: e per quanto ho potuto comprendere dalla vostra fisonomia, so molto bene chi voi sete e donde venite; so anco li travagli e pericoli vostri; e per cominciar da qui, voi primieramente non vi chiamate Leonora, ma Brianda. LEONORA Io stupisco. E Brianda di Tag: signora donna male tempo qua casa tanto vero mondo Argomenti: tanto pregiudizio, giovane sete, novello marito, gita troppo Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili La famiglia dell'antiquario di Carlo Goldoni Corbaccio di Giovanni Boccaccio Decameron di Giovanni Boccaccio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come fare soldi e contare, possibilmente, su un piccolo reddito passivo La Cambogia fra magie ed enigmi Ultime tendenze nei trattamenti di bellezza Il genere sentimentale Intervista all'Inguaribile Viaggiatore
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