Intrichi d'amore di Torquato Tasso pagina 11

Testo di pubblico dominio

chi? ALESSANDRO Brianda di Carvascial; e sete spagnola, d'una città chiamata Zamora. LEONORA Ohimè! che sento? E come lo sapete voi? ALESSANDRO Virtute astrologiae: e il primo vostro marito si chiamò Alessandro, genovese; e perchè voi sapete il tradimento usato in persona di esso Alessandro, non mi estendo più oltre. LEONORA Dite pure, che seguendo come avete incominciato, dirò che sete indovino. ALESSANDRO Intendete. Prima che Alessandro vi prendesse per moglie, il Capitan Valasches era innamorato di voi, e vedendosi escluso da' parenti tramò di uccidere Alessandro; e così in processo di tempo venne di notte con altri armati in casa vostra, e ferendo a morte il povero Alessandro lo ridussero in una camera terrena, dove li presentorno il capo tronco di voi, Brianda, dicendo: «Godi pure, godi, Alessandro! Valasches è già contento, poi che in un medemo colpo si è vendicato di lei che lo rifiutò e di te che osasti di preferirti a lui. Muori, muori disperato, che tu fosti causa della sua e tua morte»; e dandoli altre ferite, lo chiusero per morto dentro un sacco, con ordine che lo gettassero in un pozzo, come fu gettato, fuori della città LEONORA Tutto questo è vero. Ohimè! che in sentirlo mi si rinovellano le piaghe antiche. Ohimè! Alessandro mio, quanto mi fosti caro, quanto mi fosti buon marito, che per me gustasti l'amaro della morte ne gli anni più verdi, sotto i quali speravo di vivere felice per alcun tempo! ALESSANDRO Se piangete che Alessandro sia morto, v'ingannate. LEONORA E come? ALESSANDRO Vi dirò. Alessandro fu gittato nel pozzo, giudicandolo ognuno per morto. Ma venendo il giorno, passorno certi viandanti genovesi da quel luogo e sentirno la voce d'un che si lamentava e chiedeva aita: da i quali fu cavato fuora, e medicandolo per strada lo ridussero ultimamente in Genova, dove guarì del tutto, e al presente è vivo. LEONORA È vivo? E... è vivo Alessandro? E dove si trova? ALESSANDRO È vivo, ma non so dove si trovi, se voi non mi dite prima come sete viva, se altri vi vidde col capo tronco. Che quantunche io lo so, nondimeno bisogna saperlo da voi, per far la figura legitima, conforme alle nostre regole d'astrologia. LEONORA Io son viva perchè il Capitan Valasches non mi uccise altrimenti, se bene portò con esso lui una testa fatta di sorte che al naturale rassomigliava alla mia, e questo per far morire Alessandro più discontento: perchè sapendo che il povero marito mi amava più che se stesso, finse d'avermi tronco il capo, acciò la morte li fosse più acerba, vedendo morta ancor me. E così mi trasportò da Spagna in Roma, e lasciando di lui una figliuola chiamata Lavinia, si morì, e oggi mi trovo rimaritata con un lettor di Studio, chiamato Messer Alberto. ALESSANDRO Oh! caso veramente inusitato e nuovo. Riposatevi, Signora, e lasciate fare a me, che io farò la debita figura e ritornarò a dirvi dove dimori Alessandro. LEONORA Vorrei che portaste anco il modo che si ha da tenere, ritrovandomi già accasata con un altro marito. ALESSANDRO A questo ancora si provederà, che per quanto le stelle mi promettono trovo che Alessandro similmente è accasato, persuadendosi che voi foste morta. LEANDRO Oh, che intrigo inestrigabile sarà questo! LEONORA Andate pure, che io vi aspetto con desiderio, e della fatica vostra ne sarete molto ben remunerato. ALESSANDRO Non voglio nessuna rimunerazione, perchè l'arte mi fu insegnata che io servisse senza premio. LEONORA Orsù, a rivederci: e tornando in casa potrete venire sotto colore che avete a parlare al lettore di Studio; e se per sorte egli vi si trovasse, fingete di desiderare da lui la resoluzione d'alcun dubio. ALESSANDRO Di grazia, che ti par, Leandro? Non son io il bersaglio della mala ventura? Quest'altra disgrazia mancava alle mie tante disgrazie! Ecco Brianda, mia prima moglie. Ecco Brianda viva. E io, mal per me, son vivo, ed ella si trova accasata, e io mi trovo accasato. Come si farà? Che rimedio vi sarà? Se io non mi scopro, vivo in peccato. Se io mi scopro, ecco un disturbo grande. O misero e infelice Alessandro! Che farò? Che dirò? Aiutami, Dio mio, che senza te non si trova sano consiglio. Andiam di qua. LEANDRO Andiam, padrone, e non vi sgomentate per questo; che 'l cuor valoroso, come è il vostro, nel maggior pericolo piglia maggior forza. Scena 7 GIALAISE Oh, me buoi muorto, Pasquina, se non fai che fuìreme? Anzi, quanto chiù me fùji, chiù ti viengo appriesso. No' sai como dice chella canzone: «Quanto chiù mal mi vuoi, tanto chiù bene te boglio»? PASQUINA E io canto al riverso: quanto più ben mi vuoi, tanto più mal ti voglio! Lasciami star dunque: che vuoi da me? Non ti voglio, no, no, no! GIALAISE E io ti boglio, e io ti boglio, sì, sì, sì! Traetorella ca squarti cori, sparti pietti, apri vene e bevi sangue delle perzone. No' fuire, per l'àrema delli muorti tuoi. Bide ca faremo ridere Roma, oie, ca se tu curri da ccà, e io viengo da ccà. PASQUINA Oh, Dio, come sei fastidioso! Non t'accostar, vedi, che ti darò un pantofolo sul mostaccio. GIALAISE Accideme, ca non me curo de morire pe chesse mano bellissime, ianchissime e nudissime, chiù belle, chiù ianche e chiù nude della bella ianca e nuda mano ca disse lo Petrarca. PASQUINA E pur lì, e pur mi vien dietro! Vatti con Dio, lasciami andar presto a casa. GIALAISE Fermati no autro pocorillo, ferma, non ti straccare a correre. Aggi allo manco pietade de chissi delecatissimi piedi; non fare como fece Dafne e chilla ca se chiamava Siringa, ca, secondo dice lo Metamorfosio, la prima pe fuire Apollo diventò lauro, e l'autra pe fuire lo dio Pane si converse in canna. PASQUINA A che servono queste favole? Io non t'intendo, nè ti voglio intendere. Va via, va, va. GIALAISE No' sai che li essempii movono chiù ca no' movono le parole? Ti metto chisso essempio 'nante azzò sani, aiuti e soccor<r>i <u>no ca è feruto, muorto, arzo ped amore tuo. PASQUINA Vorrei che da vero fosti ferito, morto e arso per non sentirti più. Vedi, se non mi lasci, gridarò forte. GIALAISE E io strillarò chiù forte, pe farete perzì castigare dalla Iustizia, se mo me vuoi accidere; pecchè chi può sanare chillo ch'ha male, e no' lo sana, l'accide. PASQUINA Non ti vergogni, sei gentiluomo e ami una servitrice? GIALAISE Lo faccio pe sementare la nobeltate meia: pecchè l'ommo incorporandose co la donna la fa deventare nobele, essendo la femmena materia ca concepe e non dà. Tale ca tu conceperai la nobeltade ca ti daraggio io, e sarai chiamata la Signora Pasquina, e non Pasquina. PASQUINA T'aggiri se pensi ingannarmi sotto queste false promesse: che così dite voi altri uomini, in sin che avete l'intento vostro; ma poi ne piantate nel bel mezzo. GIALAISE No' me fare iurare, Pasquina, ca io dico lo vero, e la ragione è chesta: io songo nobele e ricco; no' me manca autro, pe stare contiento, eccetto d'avere no viso d'angelillo como chisso tuo, che Angelina ti doveresti chiamare, e no' Pasquina. PASQUINA S'è così, perchè non prendi la Signora Lavinia, che è bella, ricca e nobile, e poi t'ama tanto che è peccato a non amarla? GIALAISE Amore no' è autro ca compiacimento: a me non compiace Lavinia, e perzò non la pozzo amare. PASQUINA E tu non compiaci a me, e perciò non posso amarti. GIALAISE Beata a te se me ami, Pasquina; ca oltre l'essere di Sieggio e ricco, songo nondemeno valoroso co l'arme 'mmano, ch'a no bisuogno vaglio pe quatto, e pe sei 'ncora. Dimandane la chiazza dell'Ormo a Napole, quanno me furono sopra na centinara di Spagnuoli, ca feci no fiumale di sangue. PASQUINA Per staccarmi da costui vuo' servirmi d'un bell'inganno che mi è sovenuto or ora. GIALAISE Ca mormori tra te stessa, Pasquina mia? PASQUINA Dico che vorrei veder la prova or ora: e fate conto che ti fosse un inimico davanti, l'altro di dietro, l'altro dal lato sinistro e l'altro dal destro, come faresti a guardarti da tutti? GIALAISE

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Argomenti: povero marito,    lato sinistro,    capo tronco,    sei gentiluomo

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