Intrichi d'amore di Torquato Tasso pagina 2

Testo di pubblico dominio

tutto per nostro meglio. CORNELIA È vero; ma chi è di carne non può far che non senta il dolore della carne propria. Dico propria, perchè il marito e la moglie sono doi in una carne. CAMILLO Sta bene, ma consolatevi, poi che vi ha lasciato figliuoli che rappresentano il padre; vi ha lasciato robba, con che possiate soccorrere alle vostre necessità. Sete voi tale che con la prudenzia vostra tutte le cose passaranno bene; e ultimamente avete me, che se bene vi son figliastro, vi ho riputata, come riputarò sempre, da propria madre. E volendo accettarmi, mi vi offero ancora per amorevole e affezionatissimo servitore. CORNELIA Vi ringrazio di questo, figlio mio: che figlio chiamar vi posso, per l'amor grande che io vi porto e che voi mi portate. Ma circa l'altre cose che avete detto, a comparazion del marito, son tutte nulle. Ahi, che questa è perdita pur grande! CAMILLO È grande veramente. Ma se altro non si può, bisogna aver pazienzia e veder di rimediare in qualche modo a cotesta gran perdita che dite. CORNELIA Il rimedio sarà che io muora, che morte sola darà rimedio a tanti affanni. Levatevi di qua, lasciatemi pur gire. CAMILLO È possibile, Signora, che in tutte le vostre azioni vi sete dimostrata prudente e in questo caso (perdonatemi se vel dico) fate cosa da pazza? Si perdono pure al mondo i padri, le madri e i fratelli, e non se ne fa tanto strepito quanto ne fate voi. CORNELIA Tutte coteste perdite son nulle: perchè se la donna perde il padre, la madre e i fratelli, è una perdita sola; perdendo il marito, s'accoppiano tutte le perdite insieme. Perchè quando il marito è buono, come era Alessandro mio, ti fa l'offizio di padre, madre e fratelli; anzi più di quel che potriano fare il padre, la madre e i fratelli. CAMILLO Questo lo so molto bene; e però, Signora mia, per rimediare a tanta perdita io direi (con licenza vostra) che vi casaste di novo; perchè avendo la facultà grande e i figli piccoli, sarà bene la casa non vadi a ruina. CORNELIA Ahimè! che dite? E dove trovarò mai un altro Alessandro? E se pur lo trovasse non vorrei far torto a quella benedetta anima, nè dar materia alle genti di mormorare così presto contra di me. CAMILLO E che importa? Quell'anima vi scusarà, chè voi lo fate per necessità e non per volontà. Alle genti diremo alla spagnuola: vaya calientes, y royase la gente; che in lingua nostra vuole inferire: venga la cosa buona e rida ogni persona. CORNELIA Dite il vero. Ma perchè nei matrimonii non si trovano così facilmente i partiti che siano a gusto nostro, bisogna maturamente considerare, con occhio aperto vedere, intender molto bene, e poi concludere; perchè sono cose che si fanno una volta sola, e dopo fatte non giova il pentire. CAMILLO Nol nego. Nientedimeno, dandosi tempo al tempo, passarà il tempo. CORNELIA Quando per sorte mi venisse alle mani un uomo di quell'essere e di quelle rare qualità che sete voi, non vi metterei troppo tempo in mezzo. CAMILLO Gentilissima Signora mia, sono pur rari i favori che Vostra Signoria mi fa! Se in me è nulla di buono, nasce dalla bontà dell'animo suo. CORNELIA Non entriamo in queste retoriche, Camillo. Basta che io vi amo più che da figlio, e vi amarò sempre, particolarmente perchè al spesso mi solete consolare, come al presente mi avete consolata; che tirandomi da parola in parola, sarete causa di farmi prendere qualche risoluzione. CAMILLO Risolvetevi, Signora, che io già mi risolvo trovarvi un partito tale che sia di commune sodisfazione. Ma perchè bisogna Magagna, degnisi Vostra Signoria di farsi sopra, ordinando che venghi, perchè quando si ha tempo non si deve aspettar tempo. CORNELIA Io vado; e ricordatevi che io mi ricordarò di far sempre quanto voi volete. Scena 3 CAMILLO Non è dubio nessuno che rado si recupera l'occasione che si lascia perdere. Io vedo chiaramente che la Signora Cornelia ha chiuso nel suo petto l'istesso fuoco che io tengo serrato nel mio; ma le nostre fiamme non possono esalar fuori, perchè ella teme che non li sia da vero figliastro, e così combatte con l'impossibile di potermi avere per marito. E dall'altro canto, conoscendo l'indegnità mia, non oso di scoprirmeli, poichè se ben mi dovesse giovare di scoprirmi non esser figlio del Signor Alessandro buona memoria, nondimeno mi nuocerà, publicando che io fui schiavo già ricattato dal fratello molti anni sono e da lui per sua gentilezza chiamato figlio proprio. Ma sciocco che io sono a lasciarmi uscir di mano così buona fortuna! E non considero che quell'amore il quale ha accecato la Signora Cornelia in amarmi a tempo che si credeva essergli figliastro, quell'istesso farà che alla cieca ella consenta al suo privato appetito, senza mirare alla mia bassa condizione. E forse sono questi li primi colpi fatti da te, o Amore?... Ma disleale e ingrato Camillo, che fai? Che pensi? Non ti ricordi delli benefizii riceùti? Non ti vergogni a mancar di fede a chi con tanta fede volse eleggerti per suo figlio? Violar il suo letto! Prender per moglie la moglie! Questo è il premio che rendi? Questa è la riverenza che porti a chi ti giovò, a chi ti fu padre? Ritorna, ritorna a te, scaccia questo rio pensiero dall'animo tuo, muori più presto che far cosa così indegna di te... Ma che colpa è la mia, se Amor mi sforza, mi spinge e mi sprona? Poichè amo e sono amato: mentre amo e son amato da Cornelia, non mi è lecito; sono amato da Ersilia sua figliastra, e io non l'amo; amo Lavinia, figlia di Messer Alberto, ed ella non mi ama. Che strani lacci, che armi inusitate son queste, con le quali mi hai ferito e preso? Ecco Magagna: non posso più dire, mi fermo. Scena 4 MAGAGNA Ohimè! Uhimè! Ahimè! CAMILLO Tu pur piangi, Magagna! E non consideri che col tuo pianto accresci il pianto della Signora Cornelia? Parmi che quanto più ti è detto, tanto manco intendi MAGAGNA Io non piango altrimenti: ma questo è un certo rimedio da far passar il pianto. CAMILLO E come? MAGAGNA Pigliate le prime tre lettere delli tre sospiri che ho fatto, come dire l'o da l'ohimè, l'u da l'uhimè e l'a da l'ahimè, e congiungetele insieme, che dicono OVA. Datemi una frittata, e se io piango più, ditemi un tristo. Dovete pur pensare che da questa mattina all'alba, che si seppe la nova della morte del padrone, non ho magnato; come volete dunque che vi intenda? Non sapete quel proverbio: che il vacuo ventre volentieri le parole non intende? CAMILLO Hai ragione: ma non sai tu quell'altro: che è misero chi spetta aiuto dal misero? Io non posso aiutarti, perchè son più che misero. MAGAGNA Tal misero foss'io, che da misero diventerei messere; poi che per la morte di tuo padre sarai dominus dominantium. Misero son io, che da quando mia madre mi sfoderò, sempre feci i latini per i passivi, e mai per i superlativi. CAMILLO Ahi, che altro tarlo mi rode, altro mal mi penetra, altro coltello mi passa il cuore! MAGAGNA Diavol, fallo tu che se morisse quest'altro! Eccoti Magagna, Magnus Carlus. Ma ditemi, padrone mio, che cosa avete? Perchè mutate di colore? Voi non parlate: olà, che dite? Dove pensate? CAMILLO Penso; ma voltiam di qua. MAGAGNA Di grazia. CAMILLO . Dove siamo? MAGAGNA Quest'è un altro intoppo. La cosa non è lesta, voi smaniate. CAMILLO Ma che ti pare? Farem niente? MAGAGNA Niente. CAMILLO Pensi tu che mi voglia bene? MAGAGNA Bene. CAMILLO Che si dirà? MAGAGNA Niente. CAMILLO Se io mi scopro, sarà bene? MAGAGNA Bene. CAMILLO E se non mi scopro, che sarà? MAGAGNA Niente. CAMILLO Ma che mi potran fare? MAGAGNA Niente. CAMILLO Che si dice? MAGAGNA Niente. CAMILLO Voltiam di qua. MAGAGNA Ohimè, questo pover uomo non ha luogo permanente, e io con tante volte mi muoro della fame; e così egli non fa niente, e io non farò bene, perchè di niente si fa niente, e non fa bene chi non mangia bene; se posso scappar niente, a lasciarlo sarà bene, che per me non voglio niente, se io non

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Argomenti: troppo tempo,    tanto strepito,    certo rimedio,    vacuo ventre

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