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Intrichi d'amore di Torquato Tasso pagina 18deliberato. Scena 6 LEANDRO È pur vero che gli uomini troppo savii cadono al spesso in gravi pericoli, come si vede l'esperienza in persona dell'accorto e savio mio padrone, caduto già nel profondo abisso della gelosia, in cui tanto più si precipita, quanto più tenta ritrarsene. Ed è vero ancora che questo male ti rode di sorte l'animo, che non vi resta altro, eccetto che un secco pensiero di pensar sempre novi pensieri, vane chimere e false imaginazioni. Mancava adesso il sospetto del Napolitano per far volare tanto più il cervello del padrone! Io pur cerco come creato amorevole e fedele di ritrarneli quanto posso, ma indarno m'affatico. Bisognarà che corra questa borasca, in sin che il vento della verità rassereni il cielo e acquieti il mare di tanti travagli. O mondo veramente mondo d'ogni bene! che è pur bene in te, ma non lo dai come a cosa propria, ma lo depositi per qualche giorno, togliendolo poi quando l'uomo pensa di vivere più sicuro. In te non si trova stabilità, nè fermezza alcuna: che a pena posto l'uomo in possesso d'una cosa, ce la togli subito; non così tosto ci fai gustare il dolce, che diffondi l'amaro. Al mezzo del piacere ci sturbi. Non finisce il riso, che interponi il pianto. Non passa giorno senza molestarci, e in fine ti giuochi di noi alla palla, che sbalzandoci più in alto, più ci abbassi. Misero è dunque colui che pone speranza in te, come è veramente misero e infelice il padrone, che sperando esser in grembo delle grazie, si ritrova oggi il più discontento del mondo. Mi ha commesso che io debbia persuadere alla moglie che essendo venuto un astrologo d'importanza in questa città, lo faccia venire in casa per pronosticare e vedere come passaranno le cose sue; e con questa occasione spera egli di scoprir paese e certificarsi del tutto. Dio voglia che sortischi in bene, perchè il fondamento che si fa sopra un mobile, convien che rovini. Vo' argir dall'altra porta, già che da questa veggo uscir Magagna, acciò non essendo veduto da gli altri, possa commodamente parlarli. Scena 7 MAGAGNA Talchè... ERSILIA Talchè con ragion mi doglio e posso dolere, che io sono la più scontenta tra le scontente giovani del mondo. Ahimè! MAGAGNA Questo pianto è proprio come il fumo dell'arrosto, che non ti giova a niente, perchè ti bisogna venire al monasterio, al tuo marcio dispetto. Camina dunque, e lascia tanti “talchè”, se non vuoi che ti calchi con un calcacoppolo la coppola. ERSILIA Eh, Magagna, il dolor non è perchè io vadi al monastero, ma perchè mi manda in quest'ora così sola, senza compagnia di donne. Poteva pur tardar insino a domani. MAGAGNA Signora no, perchè dice quel proverbio: il mal che tarda piglia vizio. Avertendosi la Signora che voi bestialmente sete innamorata di Camillo, farà bene a farvi passar di questa vita presente. ERSILIA Come di questa vita presente? Dunque mi farà morire? MAGAGNA Oh, potta, che m'era scappata! ERSILIA Ritorniamo a casa; che se sarà così, mi contentarò volentieri, pur che mi conceda che avanti la mia morte possa vedere o parlare al mio dolcissimo Camillo, il quale dà lume a quest'occhi e dà spirito a queste labbra. MAGAGNA Tu ti pensi con le tue parole inzuccherate farmi tornare indietro, ma t'inganni, a fè. Camina pure, perchè la vita presente non s'intende di farti morire, ma di passarti di questa vita presente, cattiva e trista, che menavi, a vita onesta e santa, come sarà al monastero. ERSILIA Eh, Magagna, non si cangia pensiero per cangiar loco. Quanto più m'allontano dal raggio del mio sole, tanto più crescerà in me il desiderio di scaldarmi al suo caldo. Io amo Camillo con zelo di matrimonio, e questo zelo è pur onesto e santo. Ma che cosa fai? MAGAGNA Mi accommodo questo pugnale, dubitando di qualche repentino assalto, perchè a colui che accompagna femine bisogna andar vigilante. ERSILIA Sì che, essendo questo mio zelo così onesto... Ma che motivi son cotesti? MAGAGNA Mi metto in guardia, e provo come ho da investire e offender colui che per sorte ne volesse assaltare. ERSILIA E perciò sarà bene a ritornar a casa, che l'andar a quest'ora per queste strade sospette mi fa temere d'alcuno inconveniente. MAGAGNA Tu zappi nell'acqua, se pensi di ritornar indietro. Camina, e zitta. ERSILIA Fammi questo piacere. MAGAGNA Non posso. ERSILIA Beato te! MAGAGNA Non voglio. ERSILIA Per grazia. MAGAGNA Non mi piace. ERSILIA Per amore. MAGAGNA Camina. ERSILIA Per pietà, almeno. MAGAGNA Mica. ERSILIA Oh, come sei crudele! MAGAGNA Crudelissimo. ERSILIA Che ferro ti cadde dalle mani? Dove mi meni? MAGAGNA Orsù, già che siamo al loco determinato, in questa parte rimota dove non saremo visti dalle genti, acconciati, Ersilia, e pazienzia. ERSILIA Che pretendi di fare? MAGAGNA Di rompere... ERSILIA Che? MAGAGNA ... il stame... ERSILIA Che stame? MAGAGNA ... vitale... ERSILIA Che vitale? Che vuoi? MAGAGNA Voglio... ERSILIA Che cosa? MAGAGNA ... pertuggiare... ERSILIA Che? MAGAGNA ... il... Donne! ERSILIA Che donne? MAGAGNA Vuoi la palla mo? Acconciati, e zitta! ERSILIA Se pensi offendermi l'onor mio, morrò più presto. MAGAGNA Non voglio cotesto. ERSILIA Ma che vuoi? MAGAGNA Entrare... ERSILIA Dove? MAGAGNA Al cuore! ERSILIA Di chi? MAGAGNA Sei stata mai uccisa, tu? ERSILIA Io no. MAGAGNA Hai parlato con nessun altro, che fosse stato ucciso? ERSILIA Nè anco: perchè? MAGAGNA Acciò ti fossi informata della strada per la quale si camina alla morte. ERSILIA Ahimè! Mi avedo che mi vuoi far morire. MAGAGNA Penso di sì. ERSILIA E perchè, Magagna mio? E perchè tanta crudeltà? MAGAGNA Non ti bisogna più “mio” nè “crudeltà”; raccommandati l'alma, e finimola. ERSILIA Io morire? Io morire per le mani tue, Magagna, e perchè? Che t'ho fatto io? Qual cagion ti move? Qual ragion hai? MAGAGNA Risolviti presto; e dimmi come vuoi che ti uccida: sotto, da mezzo, o di sopra? ERSILIA Se non burli, Magagna, come è tuo costume, dimmi il vero; che cosa ti spinge a volermi uccidere? Io so che non ti offesi mai, anzi ti ho giovato sempre. Da te come da te, non hai cagione di farlo. La Signora, se bene è matrigna, e non madre, non sarà. Camillo mio nè anco. MAGAGNA A che fine lo vuoi sapere, se a te non serve più di sapere le cose di questo mondo, avendo da passare all'altro? Acconciati, su, cala la testa, e a perdonare. ERSILIA Deh! ferma, di grazia, fermati, per cortesia, Magagna! MAGAGNA Son sordo. ERSILIA Una parola. MAGAGNA Non sento. ERSILIA Sei turco? Sei barbaro? MAGAGNA Turco e barbaro! Levati, che ti do. ERSILIA Eh! per vita tua, te ne prego, te ne supplico: ascolta una parola. MAGAGNA Or di' presto, che non vorrei che col tardare si raffreddasse il caldo del mio furore. ERSILIA Dimmi, di grazia: chi t'ha ordinato che mi uccidi? MAGAGNA Pur siamo al medesimo. Or leva, e non più parola. ERSILIA È stata la Signora, Magagna? MAGAGNA Non so. ERSILIA È stato Camillo mio, che sdegnato forse dell'indebite ingiurie dateli per Cornelia, e d'averlo scacciato di casa, cominciarà a vendicarsi contra di me? MAGAGNA Non so. ERSILIA Se sarà così, morrò contentissima, morendo in sodisfazion di colui, che per satisfarlo mi sarebbe poco pigliar mille morti per amor suo. MAGAGNA Vuoi altro che questo? Acconciati, e spedimola. ERSILIA Fammi un'altra grazia, Magagna mio: legami le mani e li piedi a questa colonna mezza rovinata, e ritorna a chiamar Camillo; acciò lo possa pregare che mi uccida di sua propria mano, per morir contentissima, o almeno che io veda quegli occhi suavi prima ch'io muoia. MAGAGNA Quietati, che non è Camillo che ti fa morire; ma per dirla in breve, la Signora Cornelia è causa che, amando più che la vita sua Camillo, ella disegnava pigliarselo per marito, e tu avendoli guastato il giuoco per le mani, ti darà scacco matto di pedina. ERSILIA E io morrò per questo? 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