Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 55

Testo di pubblico dominio

scommessa. Al conte Aldini, che era rimasto ancora qualche minuto, la donna forte trovò il modo di dire in disparte: — Ci si vede domani? L'aspetteremo alle tre, io e babbo. Si parlerà d'alte cose. — E perchè Filippo era rimasto un po' sconcertato da quelle “alte cose„, soggiunse: — Ma sì, c'è da aggiustare quel benedetto ponte. Non pericola, lo so; ma qualche restauro mi pare che lo richieda.... e lo meriti. — Ah, birichina, quella donna forte! Ed aggiungeva per il buon peso: — È anche un po' angusto, quel povero ponte. Non già come quello che la fantasia di Maometto ha saputo imaginare, fatto d'un filo di ragnatela, che, guai alle anime, se non son più che leggere, perchè non ci si potrebbero reggere e cascherebbero nella Geenna, fiammeggiante di sotto! Ma al nostro dobbiamo pensare, da buoni architetti, facendolo ampio al bisogno, e ben saldo. Sorrida intanto; sorrida almeno una volta! — Filippo Aldini sorrise, e promise. XVIII. La giornata dei misteri. La mattina seguente il signor Anselmo diceva alla sua Margherita: — Carina, siamo dunque alle porte coi sassi? — Perchè? — domandò la fanciulla. — Perchè mi è parso, ieri sera, che tu fossi molto contenta, tanto contenta da avere certamente deposta l'idea di tirare le cose in lungo. — No, babbo, non credere. Sono la donna forte, come tu dici; ma ho il cuore.... come dirò io? il cuore piccin piccino. A vedere quel povero signor Zuliani tanto padrone di sè, ho ben capito che sarà impossibile smuoverlo. Ha fatta la sua risoluzione, e non la muta; almeno, se non interviene un miracolo. — Ella sospirava, e il signor Anselmo non seppe far altro che seguirne l'esempio. Ah, un miracolo, un miracolo! Era più tempo da miracoli? — Se si potesse.... — incominciò egli, dopo aver almanaccato un bel poco, — se si potesse trovare il modo di apparire informati dell'accaduto, senza averne avuto notizia da quel povero giovinetto.... oh, allora, sarebbe un affare più spiccio. Andrei dall'amico Zuliani, e glielo parlerei io, il linguaggio della ragione. Il rispetto al suo buon nome.... la sua probità e la sua riputazione bancaria in balia dei peggiori sospetti.... la vergogna che ad ogni modo cadrebbe su lui, quando si conoscesse il vero.... ecco parecchie cose che potrebbero farlo pensare. — E le avrà pensate, babbo, le avrà pensate e ripensate già tutte. Figùrati se a questi danni morali non avrà trovato il rimedio! Quell'uomo liquida, come dite voi altri banchieri, liquida i suoi interessi in due o tre settimane, e buona notte a chi resta. Ragioni, poi, o pretesti a spiegare un atto disperato, non ne mancano, incominciando dalla malattia incurabile. Non ti confondere adunque a cercare il modo di essere informato senza far sospettare del signor Filippo; non lo troveresti, e non ti sarebbe creduto. Piuttosto, e per tastar terreno, sarebbe da sapere che cosa accade al palazzo Orseolo. Dopo la scena orribile di ieri mattina, si sono più visti, il signor Zuliani e sua moglie? Si parlano? C'è stato un accordo tra loro, per evitare gli scandali, e prima di tutto le chiacchiere della gente di servizio? Se questo si potesse sapere.... — E da chi? — Dal signor Brizzi, per esempio. Quello è il segretario, il braccio destro del signor Zuliani. Tu hai pure saputo dal signor Filippo che Raimondo, uscito da casa ieri mattina, andò al suo banco, dove stette a lungo, in preda ad una grande agitazione d'animo. Possibile che al signor Brizzi non abbia detto nulla? che il signor Brizzi, andato al palazzo Orseolo, non abbia indagato per conto suo, scoperto qualche cosa, almeno per ispiegarsi quel turbamento improvviso del suo principale? — È un'idea; — gridò il signor Anselmo. — Voglio andare al banco Zuliani, con una scusa qualsiasi, e magari all'ora della colazione. Se trovo il signor Brizzi solo, potrò farlo cantare. Egli vorrà pure aver confidenza con me, col vecchio amico di Raimondo; e non inutile amico, nè tiepido, com'egli certamente saprà. — Vai dopo le undici; — suggerì Margherita. — È l'ora che il signor Zuliani esce dal banco; e il signor Brizzi non vorrà andarsene alla stessa ora del suo principale. So ancora che il signor Brizzi fa i suoi pasti al Cappello Nero, in piazza San Marco. Se non lo trovi più al banco, puoi appostarlo alla trattoria. Intanto mi permetti che per oggi, se te ne arrivano durante la tua assenza, io apra i tuoi telegrammi? — Non ne aspetto; — rispose il signor Anselmo. — Ma perchè? — Perchè ne aspetto uno io. — Diretto a me? — Diretto a te; ho dato il tuo ricapito. — Che cos'è questo mistero? — Non me lo domandare, babbo; abbi fede in me. Se quel telegramma arriva, chi sa che non si trovi la via di salvezza? E ancora una preghiera: — soggiunse Margherita. — Non uscire quest'oggi, quando avrai fatto colazione; o almeno sii qui per le tre, facendo in modo che la mamma sia fuori con Federigo. — Un altro mistero? — Non del tutto, babbo. Ho detto iersera al conte Aldini che lo avremmo aspettato quest'oggi alle tre. — Per che cosa? — Ma.... per discorrere un poco. Ho da interrogarlo su qualche punto oscuro della sua storia. — E se questi non sono misteri, voglio perder la testa; — brontolò il signor Anselmo, mezzo burbero e mezzo faceto. — Li saprai tutti, via! Finalmente, di che si tratta? Di un interesse tuo, anzi di due. Il primo è di salvare il signor Zuliani, al quale vuoi bene. — Non c'è che ridire. E l'altro? — L'altro è di accasare la tua povera figliuola. Non hai paura che ti sfiorisca in casa? — Matterella! — esclamò il signor Anselmo, facendo bocca da ridere. Alle undici, come aveva promesso di fare, il signor Anselmo uscì, e stette fuori appena un tre quarti d'ora; di guisa che la colazione non fu neanche ritardata. In quella vece, essendo presente la signora Eleonora, fu ritardato a Margherita l'appagamento di una viva curiosità, rispetto alle notizie che il babbo aveva certamente raccolte, come infatti era dimostrato dal suo ammiccar frequente alla sua cara figliuola. Fu un bel momento per lei, quando la mamma si alzò, per andar nella sua camera a mutar veste e a mettersi in punto per uscire, appena Federigo fosse arrivato dall'Arsenale. Qui, stando nel vano d'una finestra in atto di contemplar la Laguna e l'isola di San Giorgio Maggiore, il signor Anselmo snocciolò in fretta la sua coroncina di notizie. Avviato al banco Zuliani, s'era imbattuto nel signor Raimondo, che allora ne usciva. Accompagnatosi un tratto con lui, e tirato sull'argomento dell'Aldini, non gli aveva negato che quel giovinotto gli piaceva moltissimo, soggiungendo per altro che voleva discorrer più a lungo con lui, e rigirarlo, come si suol dire, per tutti i versi. Poi, col pretesto di non conoscere abbastanza le strade, e meno ancora le straducole di Venezia, e di non volersi smarrire in quel labirinto, aveva lasciato l'amico Zuliani tirar di lungo verso casa, ritornandosene egli verso San Marco. Libero di andare dove voleva, si era difilato al banco, trovandoci appunto il signor Brizzi, a cui aveva detto di voler scrivere un biglietto; e il signor Brizzi si era affrettato a cedergli il posto alla sua scrivania. Entratogli bel bello in materia (e glie ne offriva un ragione voi pretesto l'aver notato una grande alterazione di spirito dell'amico Zuliani), era venuto a sapere tutto ciò che il signor Brizzi poteva raccontare a persona degna di tanta fiducia come il banchiere Cantelli. Non era molto quel che sapeva il signor Brizzi; ma era quello per l'appunto che il signor Cantelli ignorava, e che gli premeva di conoscere. Il signor Brizzi era il giorno innanzi andato due volte al palazzo Orseolo; la prima, intorno alle nove, per far portare al suo principale il pastrano, lasciato a casa con quel po' di freddo, che accapponava la pelle; la seconda per portare alla signora Livia un biglietto, in cui suo marito l'avvertiva che non sarebbe andato a casa per l'ora della

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