Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 21

Testo di pubblico dominio

signora Livia a discorrergli delle sue visite artistiche? E perchè non gliene aveva parlato in salotto l'amico, che aspettava a dirgliene sull'uscio di casa? Questo, poi, gli pareva di capirlo. La signora Livia non poteva soffrire le Cantelli; le aveva invitate alla cena del capo d'anno, ma solamente per obbedienza al suo signore e padrone. E questi, per compenso, le nominava il meno che potesse davanti a sua moglie. Amabil ricambio di gentilezze coniugali! E tanto meglio, del resto. Ma possibile che Raimondo, espansivo com'era, non si fosse aperto con lei del disegno che si era messo in capo? possibile che di punto in bianco fosse diventato un diplomatico di quella forza? Se così era, come infatti appariva, non più Raimondo bisognava chiamarlo, ma Guglielmo, Guglielmo il Taciturno. Con queste “conclusioni estreme„ Filippo Aldini se ne andò in gondola verso il rio di San Felice, nelle cui vicinanze abitava. Un po' fuori di mano, veramente, ma non troppo lontano dal corso Vittorio Emanuele; tanto che quella cara matta della contessa Galier aveva detto una volta: — Il conte Aldini ha scelto quel luogo remoto per farmi la corte; perseveri! — Sul corso Vittorio Emanuele si avviava il giorno appresso, tra il tocco e le due, la signora Livia Zuliani. Era dunque guarita de' suoi nervi? Ma sì, lo aveva ben detto il medico; che erano disturbi passeggieri. Più che nervi, del resto, potevano chiamarsi vapori; ed era certamente effetto d'un residuo di vapori la voltata improvvisa della bionda signora, che, invece di salire dalla contessa Galier, con mutato consiglio ritornò sui proprii passi, e discesa al primo traghetto di fianco al palazzo Sagredo, entrò in una gondola, dicendo al gondoliere: — Riva degli Schiavoni, davanti all'albergo Danieli. — Che novità era quella? Guarita di nervi, la signora Livia si sentiva anche guarita della sua vecchia antipatia per le signore Cantelli? Buon cambiamento a vista, e spontaneo, che avrebbe reso felice il suo Raimondo, se fosse stato presente! Ed era proprio una cosa strana, da segnarla col carbon bianco. Dacchè le signore Cantelli erano capitate a Venezia, la signora Livia non aveva fatto se non una visita, in principio, e per obbligo di convenienza. Ma certo ella sentiva ora, che alla loro cortesia di avere accettato l'invito alla cena del capo d'anno dovesse seguire una visita di ringraziamento. Le signore Cantelli erano in casa, e l'accolsero a festa. La bionda signora si ritrovava in uno dei suoi giorni di bellezza, vividi gli occhi, di bel colore la carnagione; ed ella potè sentirsi abbastanza soddisfatta di sè medesima, passando nell'anticamera davanti ad un'alta specchiera, e non di quelle, Dio le confonda, che vi fanno la testa più lunga o più larga del vero, e la faccia, poi, verde come la buccia d'un cocomero. Era già nel salotto qualcheduno in visita; Filippo Aldini, a farlo a posta. Filippo Aldini, che seduto ad un tavolino nel vano di una finestra, disegnava a memoria il ponte del Paradiso colla sua viottola stretta nel fondo, e, gittata sovr'essa, in traverso, la bella cuspide triangolare di marmo. La signorina Margherita si era tanto invaghita di quel motivo architettonico, ci ritornava così spesso col pensiero e col discorso, che il conte Aldini aveva creduto obbligo suo di fargliene un piccolo disegno a matita, da restare come un ricordo della loro passeggiata artistica per i calli di Venezia. La signora Eleonora non si sentiva disposta ad uscire, quel giorno; tra perchè era un po' stanca di tante gite pedestri, e perchè aspettava il suo Federigo, che alle tre dopo mezzogiorno era libero. Così avvenne che il conte Aldini, venuto ad offrirsi per un'altra passeggiata, restasse all'albergo in dolce prigionia, consolandone gli ozi, o giustificando una fermata che voleva esser lunga, col lavorar di matita, sotto gli sguardi attenti della signorina Cantelli. Margherita, che stava per l'appunto seduta accanto al tavolino del disegnatore, fu la prima ad alzarsi per muovere incontro alla signora Zuliani, che la ringraziò col più amabile sorriso e la baciò sulle guance. Ugual sorte toccò naturalmente alla signora Eleonora; dopo di che la bionda visitatrice si volse al conte Aldini, che si era alzato a sua volta, facendo un rispettosissimo inchino. — Ah, bene, casco tra amici! — esclamò la signora Livia, tutta ridente, nell'atto di porgere a Filippo la bella mano inguantata. Poi, volle vedere il disegno. Le era parso a tutta prima che il conte Aldini lavorasse a fare il ritratto della signorina Cantelli, e la sua curiosità non doveva esser poca, ignorando ella che l'Aldini, da lei conosciuto come dilettante paesista, trattasse anche la figura in grande. Ma no, niente ritratto; il disegno raffigurava un ponticello, uno dei tanti che cavalcano i piccoli canali della città, con due spigoli di case, e qualche saggio di scultura medievale; anticaglie, vecchiumi, e mezzo anneriti dall'umidità, dalla mancanza di luce, ch'ella non riusciva ad intendere come piacessero tanto agli artisti. I palazzi sul Canal Grande, alla buon'ora! — Grazioso! — diss'ella nondimeno, dopo aver osservato coll'occhialino il disegno. — Grazioso tanto! E colle sue figurine alte un centimetro! — Infatti, il disegnatore aveva animata la scena, mettendo sul ponte tre figurine, accennate con pochi tratti di matita. Minuscole com'erano, corrispondevano ai contorni di tre persone vere, le quali, essendo passate per l'appunto di là alcuni giorni prima, ci si potevano ben riconoscere. Ma forse non le poteva riconoscere ugualmente la signora Livia, tuttochè s'aiutasse coll'occhialino; comunque fosse, non si fermò a sminuzzolare un esame critico, che doveva esser breve e leggero. — Continui il suo lavoro, prego; — diss'ella finalmente; — non voglio interrompere.... — E senza finire la frase, si allontanò, andando a sedersi presso la signora Eleonora sul gran sofà che era accanto al camino. Laggiù tra le due svisceratissime amiche (si vedevano infatti per la terza volta) incominciò un lungo discorso, tessuto di tutte le cose vane che sanno dirsi le donne, e con aria di prenderci un gusto matto. L'unica cosa importante, per verità, fu l'accenno della signora Eleonora al suo Federigo, che presto si sarebbe imbarcato per un viaggio intorno al globo; dopo di che le signore Cantelli avrebbero levate le tende. Qui da una parte la conclusione naturalissima che il soggiorno sulla Laguna era stato un po' lungo, e dall'altra la dichiarazione obbligata della felicità che n'era toccata a Venezia. La regina dell'Adria parlava molto amabilmente per le labbra della signora Zuliani. E batti tu che batto io, alla maniera dei fabbri, le due signore si diedero l'illusione di una gran tenerezza. Ah, se Raimondo fosse stato là in un angolo, o dietro un uscio a sentirle! Filippo Aldini stette ancora pochi minuti, per convenienza; poi, sempre per convenienza, prese congedo. — Lascio le signore ai loro discorsi; — diss'egli. — Noi uomini ci siam sempre di troppo. — Era seccato di quella visita, ma non voleva parere. Margherita capì facilmente che con quella visita sopravvenuta, un uomo di garbo non poteva star sempre là, e per quanto le dispiacesse la partenza di lui, lo lasciò andare senza chiedergli se fosse davvero finito un disegno, che in altre circostanze avrebbe potuto durare fino all'ora del pranzo. Quanto alla signora Eleonora, la condizione sua e l'età le permettevano di dar commiato all'Aldini con qualche parola cortese. — La rivedremo presto, signor conte? — domandò ella a Filippo, nell'atto di porgergli la mano. — Sì, sarà mio dovere; — rispose egli, inchinandosi. — E via, dopo lo shake-hand indispensabile, che non è sempre una stretta di mano. — Un ottimo signore, e tanto garbato; — disse la signora Eleonora, quando egli si fu allontanato. — Sì, — concesse la signora Zuliani, — ha belle maniere. Ma già, — soggiunse con un risolino malizioso, — i

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Argomenti: due signore,    luogo remoto,    cuspide triangolare,    piccolo disegno,    amabile sorriso

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