Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 54

Testo di pubblico dominio

Raimondo, e qualche antica debolezza, com'egli aveva avuto l'onore di dire alla signora Eleonora dopo l'imprudenza di un certo discorso leggero, non doveva assolutamente contare. — Acqua passata non mácina; — disse il signor Anselmo; — e poi, bisogna sempre passarne qualcuna, pensando che l'uomo è nato cacciatore. La mia figliuola non ha poi badato molto ad un discorso che voi volete pur ricordare, mio caro Zuliani, dicendolo anche leggero, mentre infine esso non usciva dai limiti delle chiacchiere da salotto, urbane sempre e graziose. E dopo tutto, la mia Margherita, senza essere un angelo, come voi avete la bontà di chiamarla, è una donna forte, ve l'assicuro io, una donna forte. — Dunque, — riprese Raimondo, — è affar combinato? — Eh, quasi. Bisognerà bene che questo giovinotto lo veda prima ancor io, e ancor io me ne innamori; ne convenite? — È giusto; — conchiuse Raimondo. — Ma di ciò sono più che sicuro. — L'uscio della camera attigua si aperse, e Margherita comparve, Margherita luminosamente bella, col sorriso sul labbro, e un mazzettino di lettere nella destra, che fece scorrere prontamente nella sinistra, per istender l'altra con atto cortese e sollecito al signor Raimondo Zuliani. E strinse forte, quella mano delicata, strinse forte la mano di quell'uomo, per cui sentiva una simpatia più viva e più profonda di prima. — Permette? — diss'ella poscia, accennando le sue lettere. — Le consegno, e sono da Lei. — Andava intanto alla parete, e toccava il bottone del campanello elettrico. — Subito queste lettere nella cassetta postale; — ordinò al cameriere, che era comparso alla chiamata. Poi, libera dalle sue piccole faccende, venne a sedersi accanto al signor Raimondo, chiedendo anzitutto notizie della signora Livia, ed ascoltando con molta attenzione quello che egli ne diceva; egli poveraccio, che dalla mattina non era più ritornato al palazzo Orseolo. Di quante piccole bugie necessarie non si compongono le nostre conversazioni! Di lì, mutando argomento, la donna forte passò a discorrere della mamma, che era in volta col suo Federigo, per arricchirne il corredo. Sicuro, anche lì ci voleva un corredo di nozze; non per la sposa, che non ne aveva bisogno, se non di carbone e di munizioni da fuoco, essendo una bella corvetta, destinata a fare con Federigo, per suo viaggio di nozze, il giro del globo. La lunghezza del viaggio voleva adunque che fosse più ricco dell'usato il corredo dello sposo. In queste chiacchiere si consumò una mezz'ora; dopo di che il signor Zuliani prese commiato, promettendo una visita più lunga per quella medesima sera. — Non so, — diss'egli, — se troverò il conte Aldini, per presentarlo io al suo babbo. Ci siamo intesi per le nove. Ma se per caso egli avesse da capitare prima di me, prego Lei, signorina, di far le mie veci. — Con gran piacere; — rispose Margherita, stringendo ancora ben forte la mano di Raimondo; — ed Ella me ne ricambierà con buone notizie della sua signora, alla quale vorrà fare i nostri più caldi augurii per la sua pronta guarigione. — Non una fibra del volto di Raimondo Zuliani tradiva lo stato dell'animo suo. — Uomo forte davvero, e risoluto; — pensò Margherita, vedendolo partire; — questo sarà duro a vincere, più che il babbo non pensi. — Indi a poco arrivò Federigo con la mamma. — Grandi acquisti, — disse la signora Eleonora al marito. — Quest'oggi ti costiamo un capitale. — Dài, dài dentro senza misericordia; — rispose il signor Anselmo, stropicciandosi le mani. — Sei capace, scommetto, d'avermi speso un dugento di lire. — Sì, bravo; aggiungi uno zero. — E che cos'è uno zero? Nulla, mia cara. Infatti, non si dice di un uomo.... come me, verbigrazia, ch'egli conta come uno zero? — Si rideva, così, aspettando l'ora del pranzo; e il signor Anselmo, prendendo esempio da quella donna forte di sua figlia, le cercava tutte per rallegrar la sua gente. E la signora Eleonora, ottima pasta di donna, era lontana le mille miglia dal sospettare che figlia e marito non avessero punto voglia di star sulle celie, dopo tanti sopraccapi che avevano avuto in tre ore. Bello, passare tra i drammi della vita senza avvedersene! Ma un gusto simile è solamente capace d'intenderlo bene chi della vita ha saggiato il disgusto. Quella sera, alle nove in punto, ritornava Raimondo Zuliani, tranquillo, sereno, anche ilare, secondo il suo vecchio costume, poichè della sua signora poteva recare sempre migliori notizie. Con lui veniva Filippo Aldini, che il signor Anselmo ebbe l'aria di vedere per la prima volta. Così voleva la diplomazia, concertata tra loro. L'Aldini non appariva ilare come Raimondo, tra perchè quello non era mai stato il suo costume, e perchè allora come allora gli sarebbe parso un insulto, o poco meno, all'interna pena del suo compagno di visita. Era calmo, nondimeno, e garbato: un po' umile, anzi un po' vergognoso, si accostò a Margherita, osando appena di toccarle la mano. Ma sul cuore sentiva il dolce conforto di una letterina, ricevuta quella sera al Quadri; una cara letterina, che lo aveva miracolosamente aiutato a mandar giù qualche boccone con minor reluttanza. La soprascritta era di pugno del signor Anselmo; lo scritto interno di Margherita. Così erano in due a dargli animo. Ed era la prima volta, quella, che Filippo Aldini vedeva i caratteri della divina creatura, fini, svelti, e chiari ad un tempo, non imitati, grazie al cielo, da certi uncini, arpioni e rampini bislunghi e bistorti dei secoli barbari, come si usa oggidì dalle graziose donne del mondo civile. La letterina di Margherita diceva brevemente ed eloquentemente così: “Il babbo ha molte faccende e non può scriverle, come sarebbe suo desiderio vivissimo. Ma faccia conto che scriva egli in persona, nel lasciare che fa il grato incarico a me di significarle che si può passare senza pericolo; Ella sa dove. “Margherita„. Certo il Povero Aldini sarebbe stato molto impacciato, quella sera, a trovar materia di conversazione, così turbato com'era, e per parecchie ragioni. Ma gli venne provvidamente in aiuto la signorina Margherita, tirando il discorso sull'arte. Il ponte del Paradiso ebbe naturalmente la parte sua; l'ebbe il pittore Longhi; l'ebbe il Pannini; l'ebbe soprattutto il divino Correggio. Erano a Parma, buon Dio; frugarono tutti i piani della Pilotta, dal museo archeologico al teatro Farnese; poi fecero una serie di scorribande, alla rocca di Torrechiara, a quella di San Secondo, a Montechiarugolo ed a tante altre castella circonvicine, per andare a finire nelle alte solitudini del lago Santo. Ci prese gusto anche il signor Anselmo, che sul territorio parmense possedeva un latifondo da principe, e meditava di ampliarlo ancora, tanto vedeva di quei luoghi invaghita la sua cara figliuola. — Margherita, — diss'egli giubilante, — ha Parma sulla punta delle dita. — Babbo, il tuo complimento sarebbe più bello in francese: je la sais par coeur. — Non è lo stesso? — Sì: ma c'è quel cuore, che ha più sentimento delle dita; non ti pare? — Per la maggior bellezza della frase doveva aver ragione lei, se anche le si potesse rispondere che il sapere una cosa au bout des doigts aveva corso libero in Francia. Quella sera faceva lei tutte le carte, ma usando l'arte di far parlare più che potesse l'Aldini. Il signor Zuliani notò con soddisfazione che il Cantelli non ispiccava mai gli occhi da Filippo, se non forse per rivolgerli alla sua Margherita. — Mi pare che il negozio cammini; sia lodato il cielo; — pensò egli in cuor suo. Quando egli fu sul punto di andarsene, Margherita gli disse con la sua grazia adorabile: — Signor Raimondo, io so che Lei mi vuol bene; e Lei sappia che io gliene voglio ancora di più. — Mi par difficile; — rispose egli con bella galanteria. — Vedremo. Chi vive, ha tempo a vedere.... e a ricredersi. Vuole che scommettiamo? — Raimondo Sorrise, ma non accettò la

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