Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 20

Testo di pubblico dominio

di pietra ad arco acuto, ma acuto a modo suo, tondeggiante sui fianchi, assottigliato nel vertice, come un asso di picche, alla maniera degli Arabi. Che eleganza, che grazia, anche lì! E come era bello, in luoghi così umili, così poco osservati, quasi schivi di attirare la curiosità del viandante, imbattersi in quelle piccole maraviglie, vera fioritura dell'arte d'un popolo che apre gli occhi alla vita dello spirito, e pensa, indaga e crea, nella giovinezza esuberante della sua immaginazione! Cose piccole, cose piccole, spesso da anteporsi alle grandi! Ed anche nelle grandi, dopo averle contemplate nella loro maestà, sono da osservare più attentamente le piccole. Quante ce n'erano, di queste, che Margherita non aveva nemmeno guardate, nei capitelli svariati delle colonne sorreggenti la facciata del palazzo Ducale, nelle finestre di San Marco, nelle absidi esterne dei Servi e dei Frari, nei balconi della Ca d'Oro o del palazzo Cavalli, tutte eleganze fiorite in cui per l'appunto è dato di cogliere la prima impronta di un nuovo stile nell'arte! In quella serie d'osservazioni, minute e non faticose, Margherita vide nascere il sesto acuto in Venezia e svolgersi con ispontaneità tutta italiana un modo di architettura che gli Arabi avevano elaborato, mescolando elementi bisantini e persiani. Quell'arte era venuta dall'emporio prediletto dei Veneziani intorno al Mille; venuta dall'Egitto, come le istesse reliquie del benedetto san Marco. E la signorina Cantelli fu piacevolmente maravigliata di saper tante cose nuove ad un tratto, guardando, paragonando, ascoltando; maravigliata ancora di conoscere, contro l'asserzione di tutte le guide, che le due fronti del palazzo dei Dogi, verso la piazzetta e verso la Laguna, non erano opera di Filippo Calendario, il famoso architetto e scultore, involto nella congiura del doge Marin Faliero, e perciò giustiziato nel 1354, settant'anni prima che il Senato deliberasse di atterrare le due fronti della fabbrica antica, edificata da Pietro Orseolo nel principio del dodicesimo secolo. Infine, la cara Margherita imparava in breve ora tante belle cose, che accrescevano maravigliosamente la sua stima per Filippo Aldini; e beveva frattanto a stilla a stilla, assaporandolo, il più dolce tra tutti i veleni. Aveva ella dunque trovato l'uomo ideale, il primo e l'unico, per cui non avrebbe detto di no? Un po' triste di umore, veramente; spesso pensieroso, e qualche volta, richiamato da qualche domanda, aveva l'aria di cascar dalle nuvole. Ma queste erano inezie, e non guastavano affatto. Egli era poi così intento a lei, così pieno di riguardi per la mamma! E certo, per esser tanto malinconico, il signor Filippo aveva le sue buone ragioni; lei ricca, e fors'anco creduta più ricca del vero; egli non tanto, da poter aspirare a lei. Margherita aveva ben capito, da certi discorsi, che il conte Aldini aveva appena del suo tanto per vivere signorilmente da scapolo. E ciò bastava, se era invaghito di lei, per giustificare tutte le malinconie, tutte le tristezze ch'ella veniva osservando. Oh, ma ci avrebbe pensato lei; ne aveva il diritto, ne aveva l'obbligo, oramai. Non gli si leggeva il suo pensiero da più giorni negli occhi? E infine, ad un digne da lei proferito a fior di labbro, non aveva egli con un filo di voce, ma con accento di vera passione, risposto in æternum? Finita la sosta degli amici di Verona, il conte Aldini aveva dunque ripigliate le sue consuetudini, e per conseguenza la serie delle sue visite ai vecchi amici di Venezia. Ai signori Zuliani, per esempio; ma a questi per la prima volta in palco, al teatro della Fenice. Naturalmente c'era da godersi la sfilata del cavalier Lunardi, del signor Telemaco, del signor Ruggeri, del signor Gregoretti, del maestro di musica; obbligato in chiave, quest'ultimo, poichè si trattava di musica, per l'appunto. E più obbligata ancora la contessa Galier di San Polo, che la signora Livia voleva aver sempre ai fianchi, dando ai maligni buon argomento a rinfrescare il paragone della luce e dell'ombra, con la debita chiosa dell'ombra che serve stupendamente per dare maggior risalto alla luce. Ma dopo tutto, quell'ombra sempre attaccata ai panni della luminosa Zuliani, era una signora vera ed autentica, non ricca, ma d'una nobiltà anteriore alla “Serrata del Gran Consiglio„, e faceva buon effetto nel quadro, intonandolo: allegra, poi, salda alla celia, chiacchierina a quel dio, era fatta a posta per tener viva la conversazione, colmandone le lacune, smorzandone le asprezze. Filippo Aldini, entrato nel palco per riverire la signora Livia, pensò che la Galier non avrebbe tralasciato di parlargli dell'incontro di tre giorni prima in capo alla contrada di Merceria. Ma c'erano altri discorsi avviati, e la contessa non ebbe occasione di venire sul tema; fors'anche le era passato di mente. Le cose andavano; erano tutti di buon umore, quella sera, nel palco Zuliani, perfino la signora del luogo; e quando l'Aldini prese congedo, un altro giorno era felicemente sbarcato. Ma bisognava anche fare una visita in casa; ed egli ci andò la sera appresso, dopo l'ora del pranzo, come soleva, quando non c'era teatro. Raimondo lo accolse a braccia aperte; la signora Livia, per contro, non era di buon umore; parole poche, e muso lungo un palmo. Raimondo fortunatamente parlava per due e rideva per quattro. Aveva ragione di essere allegro; la mesata prometteva bene; la condizione delle borse era eccellente in tutto il mondo civile; nessuna nube appariva sull'orizzonte europeo. Di qui, prendendo le mosse, Raimondo scivolò presto nella politica, che era il suo forte, o il suo debole, e passò in rassegna tutti gli stati, continentali o insulari che fossero, dell'orbe terracqueo. Filippo ascoltava, approvava, e secondava il ragionamento dell'amico, mettendo qualche parola nei luoghi opportuni, perchè l'altro avesse gusto a continuare. E non faceva niente di nuovo, poichè, discorrendo coll'amico Zuliani, era sempre stato suo costume accomodarsi alle battute. Ma quella eterna politica doveva annoiare maledettamente la signora, che più d'una volta si alzò dal suo canapé, andando or di qua or di là per la casa a dar ordini, a prender libri, o giornali di mode, che distrattamente sfogliava. — Non badare, sai, all'umore di mia moglie; — bisbigliò Raimondo all'amico, appena ebbe il modo di dirgliene. — Tu la conosci. È un angelo; ma quando ci ha i suoi nervi, poveretta, bisogna compatirla. Giornate di scirocco, dice lei; il medico mi dà una zuppa di parole greche da accapponare la pelle; ma poi, se Dio vuole, conchiude che son cose da nulla. — Filippo Aldini conosceva benissimo la signora Zuliani; non c'era bisogno di dirgliene altro, nè di scusarla con lui. Ma fu molto felice quando venne l'ora di andarsene. Raimondo, sempre ilare e verboso, lo accompagnò fino in anticamera. — Sai? — gli disse, quando furono là. — Viene il babbo. — Il babbo! — ripetè Filippo. — Che babbo? — Il signor Anselmo, perbacco. Che uomo mi sei divenuto, da non capire alla prima? — Filippo sorrise, e tentennò un pochino la testa. — Tu pensi sempre al tuo sogno, Raimondo! — Ma sì, e più che mai; tanto più che non è un sogno. Felice mortale, tu sei nato vestito. Ti amano tutti; perfino la signora Eleonora, non sa parlarmi più d'altro che di te. Quasi quasi è più innamorata lei di sua figlia. — Che cosa dici ora? Sua figlia.... — Eh, dico quel che si vede. La bella Margherita ti rende giustizia, e la lodo. — Ma che giustizia ha da rendermi? — Sappiamo tutto, felice mortale, sappiamo tutto; anche la visita di quattr'ore buone al Correr. — Con queste parole Raimondo accomiatò finalmente l'amico. — Ah! — pensava Filippo scendendo la scala del palazzo Orseolo. — La gallina ha cantato. Ma infine, chi mi ha ficcato in questo ginepraio, se non lui? Potevo io più liberarmene? — Intanto una cosa lo maravigliava. Se la gallina aveva cantato, perchè non era entrata la

Tag: filippo    signora    cose    margherita    sempre    tutti    palazzo    tanto    prima    

Argomenti: muso lungo,    nuovo stile,    famoso architetto,    nobiltà anteriore

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

Diario del primo amore di Giacomo Leopardi
Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero
L'Olimpia di Giambattista Della Porta
Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni
Rinaldo di Torquato Tasso

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

I primi segnali di una gravidanza
Dryas iulia: la farfalla più insolita del mondo
Come calmare un gatto
Vacanze Estate Ferrara
Come riconoscere i sintomi di una gravidanza


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22   |    23   |    24   |    25   |    26   |    27   |    28   |    29   |    30   |    31   |    32   |    33   |    34   |    35   |    36   |    37   |    38   |    39   |    40   |    41   |    42   |    43   |    44   |    45   |    46   |    47   |    48   |    49   |    50   |    51   |    52   |    53   |    54   |    55   |    56   |    57   |    58   |    59   |    60   |    61   |    62   |    63 successiva ->