Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili pagina 35

Testo di pubblico dominio

vorrai.... accetto ogni patto più crudele. Ne morirò? Tanto meglio; ma almeno contenta, se tu avrai detto di no. — Riuscendo finalmente a sollevarla dal divano Filippo aveva data di sbieco una guardata all'orologio. — Dio mio! — esclamò. — Già le undici! È ora che andiate. Se egli, ritornando, non vi trovasse in casa?... — Ebbene, che importa? Già altre volte è accaduto. Uscita per qualche piccola compera, ho perduto un po' di tempo; ecco tutto. Ma vado, sì, vado; — ripigliò, notando l'ansietà di Filippo, a cui quelle ragioni non potevano bastare. — Tu per altro, mi giuri.... — Tutto quello che un gentiluomo può giurare, al punto in cui sono le cose; — diss'egli, facendo un gesto disperato. — Parlerò, parlerò come volete, e sia poi ciò che vuol essere. — Sì, resisti, resisti, ed egli cederà. Se tu risolutamente non vuoi, chi ti può sforzare? Non sei già una vittima ignara, da potersi condurre così facilmente al sacrifizio! Resisti, resisti, Filippo; te ne supplico per quell'amore, che non hai sempre ricusato, e che conserva nei ricordi, almeno nei ricordi, i suoi sacri diritti. — Filippo fremeva, ribellandosi in cuor suo ad una logica pazza, che non voleva darsi per vinta. Ma bisognava ad ogni costo calmar quella donna, ad ogni costo persuaderla, incuorarla a partire. — Non è vero? — incalzava ella frattanto. — Cercherai di liberarti? — Sì, sì, e non mi par più tanto difficile; — rispose Filippo, atteggiando le labbra ad un mesto sorriso, — se penso che tu hai parlato di me.... a quelle signore, e in modo certamente tale da disingannarle sul conto mio. — Ahi, non da quel lato poteva ella aver sicurezza, dopo che alla signora Eleonora aveva parlato Raimondo. — Non ti fidar troppo di loro; — diss'ella. — Da te, Filippo, da te aspetto un nobile atto di forza. Non mi negare quest'ultima prova di amicizia. Io rinunzierò a te, se questo è il voler tuo.... — Il dovere; — fu pronto a corregger Filippo: — il dovere. — Sia, diciamo il dovere; ma a questo dovere che tu m'imponi, corrisponda quello che ho bene il diritto di pretender da te. Resisti, resisti! — Colla voce e coi gesti Filippo prometteva ogni cosa. E l'aiutava frattanto a rimettersi il cappellino in testa, avendolo preso egli stesso dallo scaffale, e la mantellina sulle spalle, andando a raccoglierla, sulla estremità del divano, dove era stata gittata da lei. Ciò fatto, e vedendo lei ancor troppo agitata, era andato ad aprire la finestra, perchè un soffio d'aria fresca aiutasse a calmarla. — Mi sento meglio, non dubitare; — diss'ella. — Vado, non perdo più tempo, se ciò ti dispiace. Ma tu resisterai; ho la tua promessa, Filippo; ho la tua parola di gentiluomo. Vado, sì, vado.... ma non così freddamente, come se fossimo nemici.... come se tu non mi avessi perdonato. — E gli gittò le braccia al collo e lo baciò, in un impeto di passione disperata. Solo allora si spiccò da lui, e accompagnata fino all'uscio segreto, finalmente disparve. — Era tempo; Filippo Aldini non reggeva più a quello strazio di tutte le fibre, del cervello e del cuore. Forsennato, furente contro sè stesso, richiuse l'uscio, e ritornò nel suo studio; ma non poteva rimanere là dentro, dove gli era troppo presente l'imagine di quella donna terribile, a cui si resisteva così male, poichè ella non intendeva ragione. Ed egli aveva promesso, per liberarsi da quella oppressione, aveva promesso di riparlare a Raimondo. Che cosa gli avrebbe ancor detto, dopo essersi lasciato persuadere una volta, dopo avergli confessato perfino l'amor suo invincibile per Margherita? Ah si, quello era proprio il momento di pensare a ciò che avrebbe potuto dire di nuovo, o ripetere di vecchio! Infine, non ci avrebbe pensato affatto! si sarebbe buttato a mare, aspettando il maroso che lo cacciasse sotto, una volta per sempre. Sospettasse pure, quell'altro, indovinasse pure: passata la vergogna, Filippo Aldini non sentiva paura. Ridottosi frattanto nella sua camera, si era gittato bocconi sul letto, piangendo e ruggendo. Gli bruciavano le labbra; quel bacio che aveva ricevuto, e forse reso, gli pareva un sacrilegio. Rimorsi nuovi, da aggiungere ai vecchi! E il suo bel sogno svanito, e Margherita, la dolce Margherita, perduta per sempre! Perchè oramai il dado era tratto; doveva resistere, lo aveva promesso. Aspra punizione del destino! Ma egli l'aveva pur meritata. XII. A caso disperato. La signora Zuliani giunse al palazzo Orseolo prima che capitasse Raimondo per far colazione. In verità, quell'Aldini era un grande spericolone; ma non faceva poi niente di nuovo, quel giorno; era stato sempre così, se non peggio. Gli si era bene imposta lei, in un momento di follia; lo aveva involto davvero, e stravolto, non vedendo, non considerando più nulla, attratta da un fascino arcano verso quell'uomo, che tutti decantavano, che tutti alzavano in palma di mano, come un perfetto cavaliere, per cui tante belle sospiravano, per cui più d'una aveva perduta la pace del cuore e quella dell'anima. E quel don Giovanni, inconsapevole della sua forza, si era dimostrato così discreto con lei, timido come un ragazzo, tutto scrupoli, tutto riguardi, volenteroso dispensatore di quei savi e prudenti consigli, che non sogliono essere il fatto degli uomini, specie dei fortunati in amore. Livia ci pensava spesso, a quei cominciamenti strani della loro conoscenza, non potendo dissimularsi di essere stata lei la grande colpevole. Che cosa doveva egli fare, per trattenerla sull'orlo dell'abisso, più di quello che aveva fatto, fino a parerne ridicolo? Amandola, per altro, che non sapeva negarlo; ed anzi c'insisteva tanto più volentieri, quanto più si mostrava disposto a resistere. Questo, almeno, a lei pareva evidente, chiaro come la luce del sole; e mettiamo pure che le piacesse esagerare la forza di un sentimento, in cui potevano aver parte la delicatezza dell'animo e la cortesia dei modi signorili. Quanto agli scrupoli cavallereschi, onde i timori e i rimorsi continui, ella bene intendeva come fossero effetto necessario della grande amicizia tra lui e Raimondo. Ah, quel Raimondo, così infatuato del conte Aldini, non era stato egli la prima cagione del male? Dove l'uomo s'infatua, la donna s'innamora; ecco il guaio. Così innamorata, e forse più nella fantasia che non fosse nel cuore, quanto aveva ella sofferto di quegli scrupoli, di quei timori, di quei rimorsi, che ella non conosceva, pur dovendo fingere di sentirli con lui! Ed egli voleva ricondurla ad ogni costo sulla via della ragione, e non riusciva ad altro che ad irritarne lo spirito. Troncare, finire, ascoltare la voce del dovere; come si fa, quando l'anima è piena del suo bel sogno, e la passione trabocca? Pure, in gran parte, aveva dovuto cedere. Si vedevano di rado, e quasi alla sfuggita; Raimondo, frattanto, parlava sempre di voler ammogliare Filippo. Anche quello ci voleva! Finchè erano discorsi in aria, pazienza; si poteva sorriderne, quantunque a denti stretti. Filippo, dal canto suo, si era sempre valorosamente difeso. Ma allora non si vedeva il nemico alle porte: ora il pericolo appariva vicino, imminente, ed ella lo aveva sentito senz'altro, al primo comparire della graziosa puppattola. Così la chiamava, anche tralasciando l'epiteto; così chiamava tutte le fanciulle di bella presenza, dalle ricche capigliature, dalle guance vermiglie, dai grandi occhi incantati, ancora un po' dure negli atti, senza languori, senza tenerezze, ma forti della loro fiorente e promettente giovinezza. Ah, quella puppattola, graziosa sì e no, ma innegabilmente troppo ricca, faceva ben soffrire la signora Zuliani nel profondo dell'anima, dove s'annida quella triste miscela d'orgoglio e di vanità, che è il nostro amor proprio. Ed era giunta a questo: rinunziar lei a Filippo, purchè egli rinunziasse a Margherita. Su questo patto si era ostinata; egli avrebbe resistito con nuovi argomenti alla idea malaugurata di

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Argomenti: grande amicizia,    fascino arcano,    volenteroso dispensatore,    effetto necessario,    triste miscela

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