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La divina commedia di Dante Alighieri pagina 22Mascheroni; se tosco se', ben sai omai chi fu. E perché non mi metti in più sermoni, sappi ch'i' fu' il Camiscion de' Pazzi; e aspetto Carlin che mi scagioni". Poscia vid'io mille visi cagnazzi fatti per freddo; onde mi vien riprezzo, e verrà sempre, de' gelati guazzi. E mentre ch'andavamo inver' lo mezzo al quale ogne gravezza si rauna, e io tremava ne l'etterno rezzo; se voler fu o destino o fortuna, non so; ma, passeggiando tra le teste, forte percossi 'l piè nel viso ad una. Piangendo mi sgridò: "Perché mi peste? se tu non vieni a crescer la vendetta di Montaperti, perché mi moleste?". E io: "Maestro mio, or qui m'aspetta, sì ch'io esca d'un dubbio per costui; poi mi farai, quantunque vorrai, fretta". Lo duca stette, e io dissi a colui che bestemmiava duramente ancora: "Qual se' tu che così rampogni altrui?". "Or tu chi se' che vai per l'Antenora, percotendo", rispuose, "altrui le gote, sì che, se fossi vivo, troppo fora?". "Vivo son io, e caro esser ti puote", fu mia risposta, "se dimandi fama, ch'io metta il nome tuo tra l'altre note". Ed elli a me: "Del contrario ho io brama. Lèvati quinci e non mi dar più lagna, ché mal sai lusingar per questa lama!". Allor lo presi per la cuticagna, e dissi: "El converrà che tu ti nomi, o che capel qui sù non ti rimagna". Ond'elli a me: "Perché tu mi dischiomi, né ti dirò ch'io sia, né mosterrolti se mille fiate in sul capo mi tomi". Io avea già i capelli in mano avvolti, e tratto glien'avea più d'una ciocca, latrando lui con li occhi in giù raccolti, quando un altro gridò: "Che hai tu, Bocca? non ti basta sonar con le mascelle, se tu non latri? qual diavol ti tocca?". "Omai", diss'io, "non vo' che più favelle, malvagio traditor; ch'a la tua onta io porterò di te vere novelle". "Va via", rispuose, "e ciò che tu vuoi conta; ma non tacer, se tu di qua entro eschi, di quel ch'ebbe or così la lingua pronta. El piange qui l'argento de' Franceschi: "Io vidi", potrai dir, "quel da Duera là dove i peccatori stanno freschi". Se fossi domandato "Altri chi v'era?", tu hai dallato quel di Beccheria di cui segò Fiorenza la gorgiera. Gianni de' Soldanier credo che sia più là con Ganellone e Tebaldello, ch'aprì Faenza quando si dormia". Noi eravam partiti già da ello, ch'io vidi due ghiacciati in una buca, sì che l'un capo a l'altro era cappello; e come 'l pan per fame si manduca, così 'l sovran li denti a l'altro pose là 've 'l cervel s'aggiugne con la nuca: non altrimenti Tidëo si rose le tempie a Menalippo per disdegno, che quei faceva il teschio e l'altre cose. "O tu che mostri per sì bestial segno odio sovra colui che tu ti mangi, dimmi 'l perché", diss'io, "per tal convegno, che se tu a ragion di lui ti piangi, sappiendo chi voi siete e la sua pecca, nel mondo suso ancora io te ne cangi, se quella con ch'io parlo non si secca". XXXIII La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a' capelli del capo ch'elli avea di retro guasto. Poi cominciò: "Tu vuo' ch'io rinovelli disperato dolor che 'l cor mi preme già pur pensando, pria ch'io ne favelli. Ma se le mie parole esser dien seme che frutti infamia al traditor ch'i' rodo, parlar e lagrimar vedrai insieme. Io non so chi tu se' né per che modo venuto se' qua giù; ma fiorentino mi sembri veramente quand'io t'odo. Tu dei saper ch'i' fui conte Ugolino, e questi è l'arcivescovo Ruggieri: or ti dirò perché i son tal vicino. Che per l'effetto de' suo' mai pensieri, fidandomi di lui, io fossi preso e poscia morto, dir non è mestieri; però quel che non puoi avere inteso, cioè come la morte mia fu cruda, udirai, e saprai s'e' m'ha offeso. Breve pertugio dentro da la Muda, la qual per me ha 'l titol de la fame, e che conviene ancor ch'altrui si chiuda, m'avea mostrato per lo suo forame più lune già, quand'io feci 'l mal sonno che del futuro mi squarciò 'l velame. Questi pareva a me maestro e donno, cacciando il lupo e ' lupicini al monte per che i Pisan veder Lucca non ponno. Con cagne magre, studïose e conte Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi s'avea messi dinanzi da la fronte. In picciol corso mi parieno stanchi lo padre e ' figli, e con l'agute scane mi parea lor veder fender li fianchi. Quando fui desto innanzi la dimane, pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli ch'eran con meco, e dimandar del pane. Ben se' crudel, se tu già non ti duoli pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava; e se non piangi, di che pianger suoli? Già eran desti, e l'ora s'appressava che 'l cibo ne solëa essere addotto, e per suo sogno ciascun dubitava; e io senti' chiavar l'uscio di sotto a l'orribile torre; ond'io guardai nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto. Io non piangëa, sì dentro impetrai: piangevan elli; e Anselmuccio mio disse: "Tu guardi sì, padre! che hai?". Perciò non lacrimai né rispuos'io tutto quel giorno né la notte appresso, infin che l'altro sol nel mondo uscìo. Come un poco di raggio si fu messo nel doloroso carcere, e io scorsi per quattro visi il mio aspetto stesso, ambo le man per lo dolor mi morsi; ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia di manicar, di sùbito levorsi e disser: "Padre, assai ci fia men doglia se tu mangi di noi: tu ne vestisti queste misere carni, e tu le spoglia". Queta'mi allor per non farli più tristi; lo dì e l'altro stemmo tutti muti; ahi dura terra, perché non t'apristi? Poscia che fummo al quarto dì venuti, Gaddo mi si gittò disteso a' piedi, dicendo: "Padre mio, ché non m'aiuti?". Quivi morì; e come tu mi vedi, vid'io cascar li tre ad uno ad uno tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi, già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti. Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno". Quand'ebbe detto ciò, con li occhi torti riprese 'l teschio misero co' denti, che furo a l'osso, come d'un can, forti. Ahi Pisa, vituperio de le genti del bel paese là dove 'l sì suona, poi che i vicini a te punir son lenti, muovasi la Capraia e la Gorgona, e faccian siepe ad Arno in su la foce, sì ch'elli annieghi in te ogne persona! Ché se 'l conte Ugolino aveva voce d'aver tradita te de le castella, non dovei tu i figliuoi porre a tal croce. Innocenti facea l'età novella, novella Tebe, Uguiccione e 'l Brigata e li altri due che 'l canto suso appella. Noi passammo oltre, là 've la gelata ruvidamente un'altra gente fascia, non volta in giù, ma tutta riversata. Lo pianto stesso lì pianger non lascia, e 'l duol che truova in su li occhi rintoppo, si volge in entro a far crescer l'ambascia; ché le lagrime prime fanno groppo, e sì come visiere di cristallo, rïempion sotto 'l ciglio tutto il coppo. E avvegna che, sì come d'un callo, per la freddura ciascun sentimento cessato avesse del mio viso stallo, già mi parea sentire alquanto vento; per ch'io: "Maestro mio, questo chi move? non è qua giù ogne vapore spento?". Ond'elli a me: "Avaccio sarai dove di ciò ti farà l'occhio la risposta, veggendo la cagion che 'l fiato piove". E un de' tristi de la fredda crosta gridò a noi: "O anime crudeli tanto che data v'è l'ultima posta, levatemi dal viso i duri veli, sì ch'ïo sfoghi 'l duol che 'l cor m'impregna, un poco, pria che 'l pianto si raggeli". Per ch'io a lui: "Se vuo' ch'i' ti sovvegna, dimmi chi se', e s'io non ti disbrigo, al fondo de la ghiaccia ir mi convegna". Rispuose adunque: "I' son frate Alberigo; i' son quel da le frutta del mal orto, che qui riprendo dattero per figo". "Oh!", diss'io lui, "or se' tu ancor morto?". Ed elli a me: "Come 'l mio corpo stea nel mondo sù, nulla scïenza porto. Cotal vantaggio ha questa Tolomea, che spesse volte l'anima ci cade innanzi ch'Atropòs mossa le dea. E perché tu più volentier mi rade le 'nvetrïate lagrime dal volto, sappie che, tosto che l'anima trade come fec'ïo, il corpo suo Tag: viso padre capo maestro fossi qua mondo due occhi Argomenti: teschio misero Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Fior di passione di Matilde Serao L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza La trovatella di Milano di Carolina Invernizio Nel sogno di era Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come truccarsi per essere perfette Trucco romantico per San Valentino Trattamento delle rughe con il laser La pulizia del viso Make Up Burlesque
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