Sodoma e Gomorra di Docteur Jaf pagina 5

Testo di pubblico dominio

braccie cariche di bracciali, le dita di anelli, la testa inclinata sotto il peso degli orecchini, del nimbo e delle forcinelle di oro; accanto ad esse bellissime schiave facevano lor vento con ventagli di penne di paone. Or sedute or impiedi nei carri leggeri, guidavano esse stesse i cavalli e cercavano di oltrepassarsi l'un l'altra. Le meno ricche andavano a piedi; tutte bizzarramente vestite con stoffe screziate di lana o di seta, sempre pettinate artisticamente; coi capelli in treccie formanti diademi biondi o dorati, intermezzati di perle ed altri gioielli. Le matrone vi convenivano pure la maggior parte in lettiga od in carrozza e non affettando un contegno molto più decente delle cortigiane di professione. Si mostravano sulla pubblica via per far pompa delle toilettes e del loro corteggio; queste sortite avendo spesso lo scopo di procacciarsi un amante o piuttosto un vile e vergognoso ausiliario alla loro lubricità. Giovenale ne dà il seguente interessantissimo quadro: «Nobile e plebee sono tutte egualmente depravate. Quella che calpesta il fango delle vie non val più della matrona portata sulla testa dai grandi sirii. Per far bella mostra di sè, ognuna noleggia una toilette, un corteggio, una lettiga, e guanciali ed una nutrice e una giovanetta dai capelli biondi, incaricata di prendere i suoi ordini. Povera ella prodiga ad imberbi atleti ciò che le resta dell'argenteria dei suoi avi; dà loro fino agli ultimi pezzi. Ve ne sono di quelle che ricercano solo gl'imberbi eunuchi impotenti, dalle molli carezze e dal mento senza barba, perchè così non corrono il rischio di dover preparare qualche aborto». Le satire di Giovenale sono piene delle prostituzioni orribili, che le signore romane si permettevano quasi pubblicamente, e di cui gli eroi erano infami istrioni, schiavi vili, vergognosi eunuchi, atroci gladiatori. «Vi sono donne che gioiscono a cercare i loro amanti nel fango ed i cui sensi non si svegliano se non alla vista di uno schiavo, di un servo. Altre impazziscono per un gladiatore, per un impolverato mulattiere, per un istrione che mostra le sue grazie in sulla scena». In questa Via Sacra si vedeva spesso un Nubiano toccare in sulla spalla di un ragazzo dalla lunga capellatura, era un vecchio senatore dissoluto che chiamava questo giovanetto metamorfosato in donna; altrove un robusto portatore di acqua che si trovava a passar per caso era disputato da due grandi dame che lo avevano notato simultaneamente e che facevano a gara a chi fosse la prima a sacrificargli l'onore. Un gesto, uno sguardo, un qualunque segno, e gladiatore, eunuco, fanciullo si presentavano, non disdegnando di prestarsi ad alcun genere di servizio per quanto abbominevole fosse. Petronio ci dà incredibili dettagli sulla vita dei ricchi Romani, soprattutto nei festini. Non erano solo succolenti pasti, ma sovente spaventevoli conciliabuli di orgie smodate, arene d'impudicizia. Non si mangiava e si beveva senza interruzione, ma si avevano intermedii di specie differenti; dapprima oscene conversazioni, provocanti o voluttuose; poi musica, danze e divertimenti di esasperata libidine. Dopo o durante questi intermezzi di tutti i disordini che l'ebbrezza ed il vizio potevano inventare, comparivano i ballerini—buffoni che facevano salti pericolosi, smorfie e giuochi di forza straordinarii; non dimenticando mai nella loro pose, di far spiccare tutte le forme, tutti i muscoli dei loro corpi; accompagnavano tutti i loro movimenti con gesti indecentissimi, davano alle loro bocche un'espressione oscena, che completavano col giuoco rapido delle dita; si scambiavano fra di loro segni muti che avevano sempre qualche rapporto, più o meno diretto, con l'atto della copula; e talvolta, infiammati di lussuria, eccitati dagli applausi dei convitati, passavano dai gesti ai fatti, abbandonandosi ad impure battaglie ed imitando le turpitudini dei fauni. Quanto alle ballerine, eseguivano dei passi che un padre della Chiesa, Arnobio, ha così descritti: «Una truppa lubrica ballava danze dissolute, saltava disordinatamente e cantava; queste ballerine giravano danzando e ad una certa misura, sollevando le coscie e le reni, imprimevano alle natiche ed ai lombi un movimento di rotazione che avrebbe infiammato il più freddo spettatore». Petronio nel Festino di Trimalcione ci mostra il disordine di queste donne in simili riunioni. «Fortunata arrivò con le vesti tenute in su da una cintura verde, in modo da lasciar vedere al disotto la tunica ciliegia, le legacce delle calze tessite in oro, e le pantofole dorate; si asciugò le mani nel fazzoletto di seta che le cingeva il collo, e si accampò sul letto della moglie di Kabimas, Scintilla, la quale battè le mani e Fortunata gliele baciò. Queste due donne non fanno che ridere e confondere i loro baci avvinati; Scintilla proclamò la sua amica donna di casa per eccellenza; e questa non fa che lagnarsi dell'indifferenza maritale. Mentre esse si stringono così; Kabimas si alza silenziosamente, afferra Fortunata pei piedi, e la rovescia sul letto:—Ah! Ah! esclama questa, sentendo che la tunica le si scopre fin più su del ginocchio; e raggiustandosi in fretta, nasconde nel seno di Scintilla un viso che il rossore rende ancora più indecente.» In quel tempo, apprende Giovenale, che l'adulterio era peccato men che veniale. Il marito era un volgar lenone che si ritirava nel fondo dell'appartamento quando veniva l'amante della moglie. Cicerone nelle sue epistole, lo conferma. Racconta che Mecenate corteggiava la moglie di un certo Sulpicio Galba, il quale, per facilitare queste galanti relazioni, fingeva di addormentarsi uscendo di tavola. Un giorno, un suo schiavo, volendo profittar di tal circostanza per gustare il vino di Falerno, il compiacente marito gli gridò «Olà! stupidone, io non dormo per tutti.» Seneca ha uno squarcio di sdegno contro la moda degli abiti trasparenti: «Vedo—dice—vesti di seta, se si può dar il nome di vesti a stoffe che non garantiscono nè il corpo, nè il pudore, e con le quali una donna non potrebbe senza mentire, affermare di non essere nuda». Giovenale così esclama: «È stato detto che sotto il regno di Saturno, il pudore abitasse la terra, ma si deve credere che non tardò a seguire sua sorella Astrea, lasciando il mondo per andar ad abitare gli spazii celesti. Se l'età dell'argento ha visto il primo adulterio, l'età del ferro fu madre di ben altri delitti, con essa non si ebbe più una donna degna di toccar le bandelle di Cerere, e di cui un padre non dovesse temerne gli abbracci.» Questo gran satirico ci presenta ancora la donna crudele ed avvelenatrice; ne ha vedute di quelle che si rovinavano per soddisfare le esigenze dei cantanti e dei ballerini. A Roma non era nemmeno rispettato il talamo. Cicerone racconta la storia della madre di Cluentius che, innamoratosi di suo genero, lo sposò e le nozze furono consumate nello stesso talamo che ella aveva offerto due anni innanzi a sua figlia e dal quale poi l'aveva scacciata. Le orgie erano incessanti. Ecco la descrizione che ne dà Giovenale: «A tali incerti sguardi, già si sente girar il pavimento di sotto, la tavola si solleva ed i lumi si vedono doppi. Ebbene! dubitate forse ancora delle oscenità di Tullia, delle proposte che fa a quella Maura troppo famosa che è la sua più intima amica, quando Maura passa dinnanzi al vecchio altare del pudore? «E là che esse fanno, durante la notte, fermar la loro lettiga, e là che si estrinseca il loro furor concentrato, e che dopo di aver sfidato la statua del dio con i più bizzarri insulti, si abbandonano al chiaror della luna ad assalti reciproci di cui la natura ne freme. Tutti sanno che avviene nei misteri della buona dea, quando le trombette agitano queste specie di furie, e quando egualmente ebri di cibo e di vino, fanno volare turbinosamente i loro capelli sparsi, invocando al Dio Priapo. Quali desiderii! e quali slanci! E che torrenti di vino scorrono sulle loro cosce!

Tag: donna    tutti    pudore    seta    uno    scintilla    donne    capelli    due    

Argomenti: vecchio senatore,    senatore dissoluto,    robusto portatore,    donna crudele,    vecchio altare

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi
Novelle rusticane di Giovanni Verga
Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero
Decameron di Giovanni Boccaccio
Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

Suggerimenti per la cura dei capelli da parrucchiere
Come acconciare le extension dei capelli
Stili di acconciature e moda per i capelli
Offerte Capodanno Bali
La treccia alla francese


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22   |    23   |    24   |    25   |    26 successiva ->