Sodoma e Gomorra di Docteur Jaf pagina 17

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Fricatrices nell'Antichità Le fellatrici erano pure spesso chiamate tribadi. Questa depravazione voluttuosa era familiare alle donne di Lesbo e rapidamente si sparse per tutta la Grecia, donde tal passione fu importata in Italia, e le matrone romane vi si abbandonavano con furore. Tutti i poeti erotici della Grecia sono d'accordo nel riconoscere che il tribadismo era in grande onore a Lesbo. Luciano l'attesta: «... È una di quelle tribadi come spesso se ne incontrano a Lesbo, che non vogliono ricevere gli uomini, e che fanno l'ufficio di uomini con le donne». Si supponeva che se tale vizio era inveterato nelle Lesbiche, esse vi fossero spinte dalla loro natura stessa, per liberarsi da un intollerabile prurito; giacchè, si diceva, che elleno avessero una clitoride troppo prominente, la quale impediva loro di aver commercio cogli uomini. Oltre la celebre Saffo, di cui parla Ovidio, vi fu un'altra tribade ancor più famosa per nome Megilla. Luciano nei suoi Dialoghi ce la mostra sotto un aspetto veramente tipico. E vi fu pure una certa Philoenis la cui passione libertina non conosceva limiti, ella aveva così pronunziata l'escrescenza delle parti genitali, da andare alla ricerca delle donne vergini, ed arrivava fino a sodomizzare i ragazzi. Marziale racconta che ella abusò di dodici giovanette in un giorno solo! Luciano in una violenta satira riprova le orgie delle tribadi di Roma: «Andiamo, uomo del nuovo secolo, egli esclama, legislatore di sconosciute voluttà, poichè tu apri una nuova via alla lubricità degli uomini, accorda dunque alle donne un'eguale licenza; che esse si uniscano in fra di loro, come gli uomini, che provvedute come sono da un simulacro degli organi virili, mostruoso enigma della sterilità feminile, una donna si corichi con un'altra donna, come un uomo con un uomo! «Che questa parola la quale colpisce così raramente le nostre orecchie e che ho vergogna di pronunziare, che l'oscenità delle nostre tribadi trionfi spudoratamente!» A quei tempi si credeva che l'esagerazione della clitoride fosse causa di sterilità; giacchè si raccontava di un agiato Romano il quale avendo sorpreso sua moglie in funzioni tribadiche, con un colpo di rasoio le aveva tagliato quella escrescenza, e che da allora la matrona divenne feconda dopo quattro anni di sterilità. Ed un poeta più moderno, parlando delle tribadi esclama: «Esse operano un miracolo degno dell'enigma tebano, rendendo possibile l'adulterio senza il concorso di un uomo.» Leone l'Africano nella sua descrizione dell'Africa (1632) parla così delle tribadi di Fez: ... «Ma quelli che hanno un giudizio più sano, chiamano queste donne Sahacat, parola che corrisponde al latino Fricatrices, perchè esse hanno l'abbominevole abitudine di godersi fra di loro. Se accade che qualche bella donna va a visitarle, questo streghe si mettono a bruciare di amore per essa, non meno ardentemente che gli adolescenti per le giovanette, e sotto forma diabolica le chiedono per compenso di soffrire che esse l'abbraccino. Ne risulta allora che ella crede di obbedire agli ordini del diavolo, mentre non fa che soddisfare i capricci delle streghe. Se ne trovano puranco di quelle che attratte dal godimento provato in questi abbracci, ricercano in seguito l'accoppiamento con le streghe, e, fingendosi ammalate, le chiamano presso di loro per eludere la vigilanza dei mariti. Quando questi si accorgono della cosa, le streghe dicono loro che la moglie è posseduta dal diavolo e che non potrà liberarsene se non entrando a far parte della loro associazione.» La parola tribade aveva pure altra volta un diverso significato, serviva a designare le donne che, in mancanza d'un uomo, ottenevano il godimento sia per mezzo del dito, sia introducendosi negli organi genitali un ordigno di cuoio. I Greci chiamavano quest'ordegno Olisbos, pare che le donne di Mileto se ne servissero molto. Suidas nel suo dizionario alla parola Olisbos, dice: «membro virile in cuoio, di cui usano le donne di Mileto, come tribadi ed impudiche, le vedove se ne servono pure.» Luisa Singea, dice: «Le donne di Mileto si fabbricano dei simulacri di otto pollici di lunghezza e grossi in proporzione.» Aristofane ci apprende che le donne del suo tempo se ne servivano pure, più tardi in Italia, in Grecia ed in Asia questo strumento occupava il primo posto nel gabinetto di toilette femminile. 2º Le tribadi al medioevo Abbiamo già accennato in uno dei capitoli precedenti come nel medioevo i massimi disordini carnali si verificassero nei penitenziali, dove abbiamo visto che gli errori antifisici delle donne erano puniti colla stessa severità di quelli degli uomini. Il termine di tribade si trova riportato in tutti i penitenziali, così in quello di Angers al X secolo indicava tre anni di penitenza alle tribadi (mulier cum altera fornicans). Si è pure visto come più tardi lo squadrone volante della regina Caterina de' Medici, non fosse composto da altro se non da damigelle che si abbandonavano a tutti i sollazzi, non escluso quello del tribadismo. Brantôme nelle sue Dame galanti l'illustra a meraviglia. Sauval parla di talune lesbiche, le quali si crescevano le donnole per farsi conoscere «tanto che gli antichi si servivano di queste bestiuole come di lettere jeroglifiche per indicare le tribadi.» E tanto era il gusto che questo donne provavano a far l'amore in fra loro da non volersi maritare, nè dal volere che le loro amiche si maritassero. Anche Brantôme fa menzione degli «istrumenti in forma di priapi, che si è voluto chiamare Godemichys parola formata dal latino Gaude mihi.» Ai tempi di Luigi XVI esisteva un vero collegio di tribadi, e si davano il nome di Vestali di Venere. Riunioni particolari si tenevano in appositi locali, le associate erano in gran numero e tutte di alto censo. Esistevano perfino statuti, sotto la garenzia dei anali si operavano le nuove ammissioni; l'affiliazione contava tre categorie: le promotrici, le postulanti, le iniziate. Prima che la postulante fosse ammessa ai segreti dell'ordine, doveva subire una prova per tre giorni di seguito. Rinchiusa in una cella tappezzata d'immagini lubriche, virilità maschili ritte e scene di accoppiamento, doveva alimentare il sacro fuoco. Questo fuoco, composto di materie speciali, aveva il carattere particolare che se vi si metteva troppo o troppo poco materiale si spegneva, e ciò per provare che la postulante non si era distratta nella contemplazione degli organi e delle pose lascive che la circondavano. Se il fuoco si spegneva, voleva dire che ella aveva ancora qualche desiderio pel maschio, e perciò non poteva essere ammessa. L'ammissione la faceva passare nella categoria delle iniziate. Solo questo possiamo dire, gli altri articoli dello statuto appartengono ai trattati di pornografia, e noi passiamo a descrivere la tribade moderna. 3º Le Tribadi moderne Il dottor Chevalier si esprime così: «La donna è portata ad aggrandire il dominio dell'amore, per soddisfare le naturali voluttà. Il disgusto è il castigo dell'eccesso; sempre assetata di nuovo, sempre alla ricerca dell'ignoto nel campo infinito del piacere, ella vuol gustare tutte le ebbrezze, conoscere tutte le specie di baci, cantar tutta la lira di amore, e va, va lontano, più lontano ancora fino all'illecito. Notate però che spesso il solo colpevole è l'uomo. È lui che sveglia nella donna la curiosità delle sensazioni ignorate, ingannandola nella sua aspettativa con la brutalità o la propria perversa impotenza, non servendosi di lei che come un istrumento di piacere, iniziandola ai misteri dell'amore unilaterale, quando non arriva perfino a condurre, dopo libazioni, la sua compagna di un'ora, la concubina, o la propria legittima sposa in una casa speciale per offrirle lo spettacolo di un lavoro, pel quale un largo tappetto di velluto nero è steso sul pavimento, o per sottomettere lei stessa al saffismo. D'allora la caduta è irrimediabile; la donna piglia in orrore l'uomo e l'amore e va

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Argomenti: grande onore,    clitoride troppo,    mostruoso enigma,    miracolo degno,    vero collegio

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