Sodoma e Gomorra di Docteur Jaf pagina 22

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per legare a sè maggiormente il proprio congiunto. Ma non tutte le donne agiscono così. Qualcuna di un temperamento caldo e di un'immaginazione viva, non trovando nel coito una sufficiente soddisfazione indica all'uomo con parole carezzevoli e con gesti espressivi, un altro mezzo per arrivare all'agognato fine. Questo mezzo è sempre la masturbazione. Quando un giovane cerca di ottenere i favori di una donna, qualunque sia la casta a cui essa appartiene, dopo i baci di tutte le specie, per eccitarla maggiormente ricorre a manovre digitali, dopo le quali la donna si abbandona a lui completamente. Ecco la scuola della masturbazione per la donna, e le cause che bisogna evitare per non essere trascinati a questo vizio, che ha tanta nefasta influenza sul fisico e sul morale e che il più delle volte conduce precocemente alla morte. VI. Vizii Contro Natura Maschili 1º Pederastia—Sodomia nell'antichità Il dottor Arrufat dice essere probabile che i primi uomini abbiano lungo tempo vissuto una vita selvaggia, sparpagliati a caso, in piccoli gruppi erranti, ancora impegnati nell'animalità, impulsivi, incapaci di riflessione; il piacere di un istante percepito vagamente in un io embrionico faceva nondimeno vibrare tutto l'essere e l'assorbiva. Essi non provavano se non due bisogni, che sono il simbolo della materia vivente: conservarsi e riprodursi. «È perciò che gli uomini di quei tempi si accoppiavano secondo i loro capricci. Il maschio brutale ed acciecato dalla potenza dell'istinto cercava una femmina; ecco la ragione di quelle relazioni fra parenti prossimi che noi giudichiamo criminali ed incestuose, e che, frequentati nelle società giovani, sono abituali nelle bestie. Ma quando le femmine mancavano e che la fregola, più dolorosa della fame, sovraeccitava i maschi, gli errori del sesso si presentavano fatalmente, l'uomo andava verso l'uomo. «Nessun animale, nel rapporto sessuale, ha desiderio cosciente della riproduzione, bensì la ricerca del piacere egoista. In realtà ciò che ha reso naturale l'istinto che spinge l'uomo verso la donna, il maschio verso la femmina, è la moltiplicità delle esperienze durante i secoli scorsi. Ma l'istinto della riproduzione o piuttosto la tendenza che ci spinge a soddisfare il bisogno è molto anteriore, e per conseguenza più potente». Tali sarebbero le leggi che avrebbero presieduto all'esordio del vizio contro natura nel mondo; esso ha dovuto essere praticato sin dai tempi più remoti, qualche scritto nei libri sacri indiani ne fa menzione, ma nulla di preciso circa i dettagli esiste fino alle relazioni della Bibbia. Tutti sanno dei vizii di Sodoma e Gomorra. Mosè fu inflessibile al riguardo dei delitti di sodomia. «Non avrai relazioni sessuali con un maschio, come quelle che hai con una donna» dice nel Levitico. Il culto di Daolfhegor, il dio favorito dei Madianiti, fu accettato dagli Ebrei con una passione che è la più chiara testimonianza dell'indecenza dei suoi misteri. I sacerdoti di questo dio erano giovanotti senza barba, coi corpi spelati e profumati di olii odorosi; essi intrattenevano un ignobile commercio d'impudicizia nel santuario della divinità. Ma fu sopratutto nella Grecia antica che il vizio contro natura fu accolto e praticato liberamente. Tutti i poeti di quei tempi hanno elevato inni agli efebi divini; lo stesso avvenne a Roma. Lucillio espone nelle sue satire i vantaggi e gl'inconvenienti della pederastia, che offriva ai mariti di Roma un compenso e come una consolazione alle noie e alle tribolazioni del matrimonio, ma che come il matrimonio aveva gli stessi inconvenienti. «Così Socrate, dice un marito alla moglie, nel suo amore pei ragazzi, si mostrò sotto un punto di vista migliore, perchè non amava punto le donne. Ed amava tutti i giovanotti indistintamente». La prostituzione pederasta esisteva a Roma fianco a fianco colla prostituzione femminile le leggi l'autorizzavano. Petronio nel Satyricon racconta scene concernenti simili sregolatezze. Il vizio si era materializzato e rigettava ogni specie di pudore. Le orecchie non erano più rispettate degli occhi ed il cuore pareva avesse perduto i suoi istinti di delicatezza in questo decadimento morale che gli dava l'abitudine delle cose vergognose. Gli imperatori essi stessi ne davano l'esempio. Cesare, il primo dei Romani, quando salì al trono aveva già venduto la verginità della sua giovinezza a Nicodemo re di Bitinia. Orazio ha cantato gli amori di Augusto pei giovanotti. Marcantonio gli rimprovera di aver comprato col suo onore l'adozione dello zio e di aver ceduto le sue compiacenze in Ispagna a Hirtius. Nerone sposò con tutte le pompe, l'eunuco Sporus, e lui stesso si prestò ai capricci dei suoi cortigiani. Tiberio, malgrado la sua caducità, si abbandonò a tutte le turpitudini del vizio contro natura. Caligola aveva commercio con Lepido, col commediante Maestus ed ancora con altri, operando reciprocamente. Valerio Catullo gli rimprovera pubblicamente di aver disonorata la sua gioventù. Galba preferiva ai ragazzi gli uomini robusti, non importava se fossero anche già vecchi. Quando Icilus, un suo antico concubino, venne ad annunziargli in Ispagna la morte di Nerone, Galba non contento di abbracciarlo in presenza di tutti, lo fece depelare e lo condusse a letto con lui. Vitellio passò la sua gioventù a Capri accanto a Tiberio e restò bollato col nome di Spinthria. Fu l'impuro familiare di Nerone e di Galigola. Al momento della sua entrata trionfale a Roma, Commodo aveva fatto montare dietro lui, sul carro, quello dei concubini che egli preferiva, Antenos, e, durante tutta la cerimonia, Commodo si girava ogni momento per baciare questo vil personaggio. Alla morte di Antenus, Commodo, si abbandonò alle più strane voluttà. Ebbe trecento concubine ed altrettanti giovani cinedi scelti nella nobiltà e nel popolo. Non risparmiò nessuno di essi, li sottomise tutti alle sue vergognoso compiacenze, non rifiutandosi di prestarvisi egli stesso. Fra questi cinedi ne aveva scelto uno che preferiva e che soprannominò Onon (Asino) grazie a certe analogie oscene che aveva con simile animale. Lo colmò di favori e di danari. Eliogabalo, durante l'inverno che passò a Nicomedia, sbrigliò i suoi gusti infami, ed arrivarono a tanto le sue sregolatezze, che i soldati, i quali lo avevano eletto, arrossirono dell'opera loro, vedendo che l'imperatore si confondeva con vili gitani. Nè cambiò metodo di vita quando giunse a Roma. «Tutte le sue occupazioni, dice Lampride, si limitavano a scegliere emissarii incaricati di cercare dappertutto e di condurre alla corte uomini che dovevano adattarsi a certe condizioni favorevoli ai suoi piaceri.» Sceglieva al teatro ed al circo i compagni delle sue orgie tra gli atleti più robusti ed i gladiatori meglio membruti. Al principio dell'era cristiana si trovano qua e là dettagli precisi relativi alla natura di certe voluttà dette immonde dagli scrittori religiosi. L'Abbate di Clervaux, Enrico, scriveva al papa Alessandro III nel 1877: «L'antica Sodoma rinasce dalle sue ceneri!» Orderic Vital segnala il contagio di questo vergognoso vizio: «Allora, dice, gli effeminati dominavano in tutti i paesi e si abbandonavano liberamente alle loro sozze corruzioni, degne delle fiamme dei roghi, essi abusavano impunemente delle orribili invenzioni di Sodoma.» I Normanni al medio evo furono accusati di aver introdotto questo vizio in Francia. Questi uomini, si affermava, che non avevano vergogna di prestarsi scambievolmente ad una abominevole prostituzione. Essi non facevano che un uso moderatissimo delle loro mogli, le quali non erano destinate ad altro che alla maternità. Giacomo di Vitry ha registrato questo fatto curioso: Sotto i re anteriori a Luigi IX, le donne pubbliche, fermavano gli ecclesiastici nelle vie, e quando questi non volevano seguirle, esse li chiamavano sodomiti. «Questo vizio vergognoso e spregevole, dice egli, è talmente comune, che colui il quale ha una o

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