Rinaldo di Torquato Tasso pagina 9

Testo di pubblico dominio

Garba intanto il re, ch'è Sobrin detto, e d'Arzila il signore, il crudo Atlante, de' Mori scudo son: quegli perfetto cavalier, questi orribile gigante; fra' paladin d'Orlando il giovanetto null'è che più in valor si pregi e vante, sì ch'al suo nome il campo avverso trema; né meno Atlante e 'l buon Sobrin n'han tema. 26 Or se tu di sapere hai pur desio dal campo qual cagion lunge mi mova, ove assai più ch'in Francia il valor mio potrei mostrar con apparente prova, convien che d'alto ora cominci, e ch'io cosa d'un re ti narri estrana e nova; d'un re che m'ha mandato al magno Carlo: e questi è 'l mio signor, di ch'io ti parlo. 27 Francardo, che nell'Asia il regno altero tien dell'Armenia ed altri a quel vicini, di cui non vede il sol miglior guerriero tra quanto chiudon d'Asia i gran confini, fuor che Mambrino il suo cugin, cui diero sovr'umano valor numi divini, garzone essendo, de l'amor s'accese d'una nobil princessa alta e cortese. 28 S'accese de l'amor di Clarinea, del gran re degli Assiri unica figlia; costei ch'alta prudenza e senno avea, oltre ch'era poi bella a maraviglia, e di Francardo il merto a pien scorgea, gli mostrava ad ognor tranquille ciglia, e co' casti favori a poco a poco in lui maggior rendea d'amore il foco. 29 Il giovin, che si vede esser sì caro a la sua donna, al suo sommo diletto, e ch'essa l'ama di sua vita a paro, come si scorge agli occhi ed a l'aspetto, tanto mostrarle più brama alcun raro e de l'alto amor suo condegno effetto, e pensa pur con qual più chiaro segno le dia del suo voler sicuro pegno. 30 Al fin, per lei gradire, un dì le giura d'andar per l'Asia con proposta tale, che giamai donna non formò Natura a lei di grazia e di bellezza eguale; né 'l corpo pria sgravar de l'armatura, che in ogni terra, ogni città reale, ed in ogni altro luogo ov'egli vada, abbia ciò mantenuto a lancia e spada. 31 Con tal proposta il mio signor Francardo si mise a gir per l'Asia intorno errando, e vinse Dulicon, Tisbo ed Algardo, feri giganti, e 'l re di Tiro Olbrando, e qual altro più forte era e gagliardo, e sapea meglio oprar la lancia e 'l brando. Vinse anco in Babilonia anzi il Soldano un mezzo pardo e mezzo corpo umano. 32 Già vincitor altier se 'n ritornava d'ostili spoglie adorno e glorioso, quand'egli a caso udì che si trovava un tempio in India allor meraviglioso. Tempio della Beltà quel si nomava, perché di bei ritratti era pomposo: quivi eran pinte le più vaghe e belle che fêa o sono o fian donne e donzelle. 33 Vi sono cinque o sei le più pregiate d'ogni secol dipinte, e propio quali le formarà Natura o l'ha formate, perciò che non son quelle opre mortali, ma già mago, il miglior de la su' etate, che fêa gli effetti al gran sapere eguali, v'adoprò gli rei spirti, e mostruose orrende fere in guardia poi vi pose. 34 E nissun può veder quel ch'entro serra il ricco tempio in sé di vago e bello, se con due belve pria non viene a guerra, e non le vince in singolar duello. Ma non produsse mostro unqua la terra o 'l mar, né l'aria ha sì feroce augello, che movere a terror Francardo possa: ed a l'ardire in lui pari è la possa. 35 Questi, di tempio tal la fama udendo, girne a vederlo si dispose al tutto; né temeva il ferino impeto orrendo, ch'altrui spesso recò di morte lutto; ma tra sé nel pensier gia disponendo d'eguare al basso suol quel tempio tutto, s'ivi non era, e nel più degno loco, lei che è cagion del suo vivace foco. 36 Al tempio giunto, i guardiani uccise, e l'entrata per forza egli s'aprio; indi a mirar il bel lavor si mise, il già fatto pensier posto in oblio, ché quella vista allor da lui divise il primiero amoroso suo desio, tanta quivi s'unia grazia e bellezza, che poco Clarinea più cura e prezza. 37 Ancor ch'in Clarinea Natura accolti aggia bei doni e doti illustri e rare, tanti ivi son sì ben formati volti, che non più vaga o bella essa gli pare; quel di colei non v'è tra' varii e molti che si veggiono il tempio intorno ornare, e più d'un altro ancor leggiadro e vago non stimò degno di tal luogo il mago. 38 Sotto i vaghi ritratti in lettre d'oro la patria, il nome e 'l sangue è dichiarato, e quando dee de le bellezze loro la terra adorna far cortese fato; ma fra quante seran, sono o pur foro donne giamai di vago aspetto e grato, una che sotto avea Clarice scritto ha 'l cor del mio signore arso e trafitto. 39 O fosse suo destino, o perciò ch'ella vive ed è di su' età nel primo fiore, sì che puote sperar di possedella, ché da la speme in noi nasce l'amore, o che vincesse l'altre in esser bella, per lei solo arse d'amoroso ardore. L'altre ben pregia sì molto ed ammira, ma per lei solamente arde e sospira. 40 Tôrre ei l'imagin volse che sospesa era presso l'altar gemmato e sacro, ove in chiaro cristal lampade accesa fêa lume di Ciprigna al simulacro; ma fu sua cura in ciò fallace resa dal mirabil saper del morto Anacro, che così nome avea quel negromante, Zoroastro novel, novello Atlante. 41 Sì che vedendo vana ogni fatica pur riuscirsi, e vano ogni disegno, indi ritrar fe' la sua cara amica in carta, in tela, in bronzo, in marmo e 'n legno. Gli artefici fur tai ch'oggi a fatica altri si troveria di lor più degno; ed opra fe' ciascun che viva sembra a l'aria, agli atti, al garbo de le membra. 42 Con quei cari ritratti egli a se stesso fece più giorni dilettosa froda. Al fine il crudo Amor non gli ha concesso che di sì dolci inganni omai più goda; ma gli ha fero desio nel petto impresso, nel petto che più sempre arde ed annoda, desio di non fruire il falso e l'ombra, ma 'l vivo e 'l vero che gl'inganni sgombra. 43 Sì che omai non potendo il suo desire sofferir più, ch'ognor cresce e s'avanza, ha mandato al gran Carlo ad offerire domar de' Mori ei sol l'alta possanza, e fargli tosto dall'Europa uscire, togliendo lor del ritornar baldanza, s'egli per moglie li darà la bella Clarice, ch'è del re guascon sorella. 44 Egli sa ben che sia Clarice suora d'Ivon, ch'a la Guascogna il freno impone, e che di quello il magno Carlo ancora come di re vassallo suo dispone; parte di ciò lesse nel tempio allora che di novello amor restò prigione, e parte ancor d'un suo baron n'intese, cui ben è noto ogni signor francese. 45 Se Carlo gliela dà, come si crede, e come in campo chiaro grido suona, ei le concederà che la sua fede ritegni, se le par verace e buona: e nascendo di loro alcuno erede a la real d'Armenia alta corona, vol che di Cristo ancora sia quel seguace, com'è ciascun ch'al franco re soggiace. 46 Io tai condizioni ho già proposto in nome di Francardo al magno Carlo, né gli ho tenuto il rimanente ascosto: che s'ei ricusarà di sodisfarlo, ha l'invitto mio sir tra sé disposto di congiungersi a' Mori, e di spogliarlo di quanto tiene, e poi Clarice tôrsi, mal grado di ciascun che voglia opporsi. 47 Ma benigna risposta il re m'ha dato, piena di cortesia, piena di spene. Al fin nulla ha concluso e s'è scusato, ché 'l risolvermi a lui non si conviene; onde ad Ivone io ne son poscia andato, a cui dispor di ciò più s'appertiene: rispost'ha quel che, pria ch'affermi o nieghi, vol saper se Clarice il cor vi pieghi. 48 Vol pria che si risolva, esso mi dice, saper qual la sorella aggia pensiero, e qual la lor antiqua genitrice, c'ha sovra lei via più d'ogn'altro impero. Mi mossi io stesso a ritrovar Clarice per far quanto conviensi a messaggiero, e quei che 'l re mi diede in compagnia, nel passar l'alpi mi smarrir tra via. 49 Or questa, o cavalier, è la cagione che mi trasse dal campo in queste parti, e diedi alto principio al mio sermone, perciò ch'in tutto a pien bramo appagarti; e perch'ancor venendo occasione, se vali in ciò, possi con quella oprarti, sì che non sdegni in Asia esser reina, né tiri Francia a l'ultima ruina. —

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Argomenti: vago aspetto,    chiaro segno,    mezzo corpo,    campo avverso,    regno altero

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