Rinaldo di Torquato Tasso pagina 27

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prima che l'arme; e chi non serva ciò, più stolto e lieve, né credo errar, che coraggioso parme. Io, benché a te serà noioso e greve, già non vo' rimaner di discolparme, e dimostrar che son leale e vero, qual conviensi a mio pari, a cavaliero.” 45 Così disse, e mostrò poscia al cospetto di tutti quei baron due ricche anella ch'avea fatto a Beatrice, ad altro effetto, credo, involar per una sua donzella. Indi, stendendo quei, con lieto aspetto guarda il mio genitore e gli favella: “Amon, conosci questi? Eccoti il segno che del suo amor mi fa Beatrice degno. 46 Questi, no 'l puoi negar, già fur tuo dono, allor che lei mal grado tuo sposasti, e questi chiari testimoni sono ch'a torto menzonier tu mi chiamasti. Or l'oltraggio commune io ti perdono, e credo ben che ciò per pena basti. Misero, a che riguardi? Eccoli, prendi, mirali bene, e 'l vero ormai comprendi.” 47 Qual divenisse Amon, quale il suo core fosse, chi dirà mai? Si parte tosto, e come 'l tira il sùbito furore, ad uccider la moglie ei va disposto. Ma da più messi in breve spazio d'ore di ciò quella avisata è di nascosto, la qual, noi tre fratei menando seco, si sottrasse a quel primo impeto cieco. 48 Gissene presso il padre, ove si stesse dal non giunto furor d'Amon sicura, fin che con chiare prove ella potesse mostrargli la sua fe' candida e pura, e quel error ch'in lui sì fermo impresse lingua maligna e perfida natura. Venne a trovarla Malagigi poi, ch'era nipote a lei, cugino a noi. 49 La dispose ed indusse egli a mandarmi co' miei germani insieme a la reale corte, acciò ch'ivi io provocassi a l'arme Ginamo come falso e disleale. Ella volse però prima giurarmi d'esser stata ad Amon sempre leale, chiamando in testimonio il Re del cielo, e tenendo la man su l'Evangelo. 50 Giunto a la corte, quel fellon sfidai, che qual figliuol accôr già mi volea; ma lo rispinsi indietro e gli mostrai nel volto aperto quel che 'l cor chiudea. Ei, che mi vide sì fanciullo omai, de la mia morte dentro si godea, ma pur sotto diverso e finto volto l'interno affetto suo teneva occolto. 51 Io, cui troppo spiaceva ogni dimora, prendo l'ordin dal re di cavaliero, e similmente i miei fratelli allora il degno grado da lui dar si fêro. Indi torno a sfidar Ginamo ancora, ed a chiamarlo falso e menzogniero: ond'ei, come di me molto gli caglia, mostra venir sforzato a la battaglia. 52 Drizzò la lancia: a me resse la mano la ragion che m'empiea d'alto ardimento. A quel debile il braccio e 'l colpo vano rese il gran torto e 'l fatto tradimento, tal che ferito a morte ei va sul piano: resto in sella io, né pur la lancia sento. Ahi! giustizia di Dio, com'opri spesso ch'il ver risorga, e resti il falso oppresso! 53 Per ucciderlo allor corro veloce: come lo veggio tal per terra steso, mi richiede Ginamo in umil voce d'esser da tutti anzi che mora inteso. Io, poiché l'indugiar nulla mi noce, in concerderli ciò non sto sospeso, perché inanzi il morir confessi e dica sé traditor, Beatrice esser pudica. 54 E 'l fece ben, perché 'l suo rio trattato e' modi suoi fur da lui tutti espressi. La genitrice mia ne l'onorato suo primo nome allor così rimessi. Io giurai poi, sendo dal re lodato che senza brando oprar ciò fatto avessi, non oprar brando, no 'l togliendo a forza a guerrier di gran fama e di gran forza. — 55 Così dicea Rinaldo, e la donzella pendea dal suo parlar con dolce affetto. Poi che chiuse le labbra a la favella, sorse essa in piè, cangiato il vago aspetto, e da lui pur si svelle al fine, e 'n quella sentio svellersi il cor da mezzo il petto. Misera! mentre dal suo ben si parte, lascia a dietro di sé la miglior parte. 56 Del suo lungo viaggio il terzo almeno trascorso già l'umida notte avea, e 'n maggior copia da l'oscuro seno sonni queti e profondi a noi piovea; la regina però, cui rio veleno tacito per le vene ognor serpea, non dava gli occhi stanchi in preda al sonno, ché le cure d'amor dormir non ponno: 57 ma rivolgea ne l'agitata mente del novo amator suo l'alma beltate, e 'l valor così raro ed eccellente in così verde e giovenile etate, le grazie sì diverse unitamente per meraviglia giunte ed adunate. Fra tai pensieri ancor le sovenia quel che già le predisse una sua zia. 58 Costei ch'era gran maga, e degli aspetti del cielo cognoscea tutti i secreti, prevedendo i maligni e i buoni effetti che in noi deggiano oprar gli alti pianeti, le disse già che d'amorosi affetti, senza che mortal cura unqua ciò vieti, arder dovea per un baron cristiano d'alta bellezza e di valor sovrano; 59 e che sarebbe a quel larga e cortese del suo fior virginal non pria toccato, sì ch'indi poi, compito il nono mese, ne saria doppio e nobil parto nato, duo gemelli ch'a chiare e nuove imprese già destinava il lor benigno fato: maschio l'un, ma viril femina l'altra, ne l'arte militar perita e scaltra. 60 Mentre priva la mente è di riposo, prive di quello son le membra ancora. Sempre le tiene in moto, e del noioso letto cerca ogni parte ad ora ad ora. Drizza ai balcon sovente il desioso guardo, onde veggia s'anco appar l'aurora, e se tra le fissure entra alcun lume, tanto a noia le son le molli piume. 61 Come il ciel si comincia a colorare, e le ferisce gli occhi il novo giorno, non vuol gli altrui servigi ella aspettare: da sé si veste e rende il corpo adorno, troppo ogni dama sua pigra le pare, e le fa dolce ma pungente scorno; e la compagnia loro a pena aspetta, ch'a ritrovar se 'n va gli ospiti in fretta. 62 Qual parer suol tra le minori piante, ricco di nove spoglie, alter cipresso, ch'alzando sovra quelle il verdeggiante crine, vagheggia il bel ch'orna se stesso; tale a lei parve il suo gradito amante, tra molti in mezzo passeggiando messo, che col bel volto sovra ognun s'ergea, e mille rai di gloria indi spargea. 63 Ella dolce il saluta e 'l mena poi per Acatana, sua real cittade. Gli mostra i tempii che gli antiqui eroi ornar di palme ne la prisca etade, i gran sepolcri de' maggiori suoi, i bei palagi e le diritte strade, le mura, l'alte torri e le fortezze, e tutto il suo potere e le ricchezze. 64 Ma il cieco mal nutrito ognor s'avanza, tal ch'ella a morte corre e si disface; né più regger d'amor l'alta possanza puote, o da lui trovar pur breve pace. Si cangia d'or in or ne la sembianza, apre a parlar la bocca e poi si tace, e la voce troncata a mezzo resta, gli occhi travolge, e move or piedi or testa. 65 Sovente ancor con interrotto suono profondamente sin dal cor sospira; le lacrime talor sugli occhi sono, ma vergogna le affrena e le ritira; or quasi fuor di sé col volto prono stassi, or quasi sdegnosa il ciel rimira; ma s'induce a la fin quell'infelice a scoprir il suo male a la nutrice. 66 — Cara Elidonia mia, tu che già desti a le mie membra il nutrimento primo, e col tuo sangue aita a me porgesti, cui, non avendo io madre, in madre estimo: tu mi soccorri or che novelli infesti desir se 'n vanno del mio core a l'imo, e 'l non ben noto male è in me sì forte che m'ha condutt'ormai vicino a morte. 67 Misera, tutto 'l male in me procede da l'un de' duo stranier, ma dal maggiore: non vedi tu quanto in bellezza eccede ciascun mortale e in grazia ed in valore? Ahi! come, oimè! di lui l'imagin siede ed affissa si sta dentro 'l mio core, come ogn'atto di lui mi sta presente, come il suo dir mi sona or ne la mente! 68 Sol l'orecchie appagate e gli occhi miei son dal dolce parlar, dal vago aspetto: madre, te 'l dirò pur, madre, vorrei spenger la sete de l'acceso affetto. Ma che dico io? La terra s'apra, e 'n lei nel suo fondo maggior mi dia ricetto, anzi, santa onestà, ch'a te faccia onta, e se poi morir deggio, eccomi pronta. — 69 Qui dà fine al parlar, raffrena il pianto, onde avea pregni i lumi, e 'l viso inchina. L'antica donna tra sé volge

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Argomenti: breve spazio,    lungo viaggio,    mille rai,    lieto aspetto,    colpo vano

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