Rinaldo di Torquato Tasso pagina 3

Testo di pubblico dominio

macchiato di sangue, e su duo piedi in aria sorge. Già tal insegna acquistò l'avo, e poi la portar molti de' nepoti suoi. 26 Poi che saltando sul destriero ascese, e tutto fu di lucide arme adorno, l'usbergo, l'aureo scudo e l'altro arnese si vagheggiava con lieto occhio intorno. Indi con ratta man la lancia prese, la lancia ond'ebber molti oltraggio e scorno; ma la spada lasciò, ché gli sovenne d'un giuramento ch'ei già fe' solenne. 27 Avea di Carlo al signoril cospetto vantando fatto un giuramento altero, quando da lui coi frati insieme eletto al degno grado fu di cavaliero, di spada non oprar, quantunque astretto ne fosse da periglio orrendo e fiero, s'in guerra pria non lo toglieva a forza a guerrier di gran fama e di gran forza. 28 Ed or come colui ch'audace aspira a degne imprese, ad opre altere e nove, ciò por vuole ad effetto, e 'l destrier gira, e 'l batte e sprona ed a gran passi il muove; e sì lo sdegno generoso e l'ira, e 'l desio di trovar venture dove la lancia adopri, in suo camin l'affretta, ch'in breve tempo uscì de la selvetta. 29 Come al marzo errar suol giumenta mossa dagli amorosi stimoli ferventi, onde non è che ritenerla possa fren, rupi, scogli o rapidi torrenti; così il garzon cui l'alma ognor percossa è da sproni d'onor caldi e pungenti, erra di qua di là, raddoppia i passi, per fiumi, boschi e per alpestri sassi; 30 tal ch'allor che 'l villan, disciolti i buoi dal giogo, a riposar lieto s'accinge, e ritogliendo il sol la luce a noi l'altro avverso emispero orna e dipinge, giunge in Ardenna, ove de' fati suoi l'immutabil voler l'indrizza e spinge; quivi nuovo desir l'alma gli accense, che quel primier in lui però non spense. 31 Errò tutta la notte intera; e quando ne riportò l'Aurora il giorno in seno, uom riscontrò d'aspetto venerando, di crespe rughe il volto ingombro e pieno, che sovra un bastoncel giva appoggiando le membra che parean venir già meno; ed a tai segni, ed al crin raro e bianco, mostrava esser dagli anni oppresso e stanco. 32 Questi, verso Rinaldo alzando 'l viso, così gli disse in parlar grave e scorto: — Dove vai, cavalier, ch'egli m'è aviso vederti tutto omai lacero e morto? Ché già più d'un guerriero è stato ucciso ch'errando per lo bosco iva a diporto, e, troppo altero del suo gran valore, ha voluto provar tanto furore. 33 Sappi che novamente in questa selva è comparso un cavallo aspro e feroce, di cui non è la più gagliarda belva o dove aghiaccia o dove il sol più cuoce. Da lui qual lepre fugge e si rinselva il leone, il cinghial e l'orso atroce; dovunque passa l'alte piante atterra, e intorno tremar fa l'aria e la terra. 34 Dunque fuggi, meschino, o in cavo e fosco luogo t'ascondi, ché d'udir già parmi rimbombar al suo corso intorno il bosco, né contra lui varran tue forze e armi: ch'io quanto a me, s'a segni il ver conosco, cagion non ho di quinci allontanarmi, per servar questa spoglia inferma e vecchia cui Natura disfar già s'apparecchia. — 35 Al parlar di quel vecchio il buon Rinaldo non si smarrì, né di timor diè segno, ma d'ardente desir divenne caldo di farsi qui d'eterna fama degno; e con parlar rispose audace e saldo, acceso dentro d'onorato sdegno, che co' detti a vil fuga altri l'esorte, quasi ei paventi una famosa morte. 36 — Fugga chi fuggir vuol, ché cavaliero non dee più che la lancia oprar lo sprone; e quanto è più il periglio orrendo e fiero, più francamente il forte a lui s'oppone; ed io già stabilito ho nel pensiero di far del mio valor qui paragone; e se ben fussi ov'è più ardente il polo, qui ratto ne verrei per questo solo. — 37 Allor l'antico vecchio a lui rivolto, in voci tai l'accorta lingua sciolse: — Con gran diletto, o cavaliero, ascolto il grande ardir ch'in te Natura accolse; né vidi uom mai più dal timor disciolto, da poi che 'l mio parlar non ti distolse da l'alta impresa, né tue brame estinse, ma loro infiammò più, te più sospinse. 38 E credo che conforme abbia a l'ardire infuso in te 'l valor l'alma Natura, e che per le tue man deggia finire tosto sì perigliosa alta ventura. Segui pur dunque il tuo gentil desire, e di gloria e d'onor l'accesa cura: ch'a degne imprese il tuo destin ti chiama, e vivrai dopo morte ancor per fama. 39 E perché possi, quando a cruda guerra ti troverai con quel destrier possente, la furia sua, che l'altrui forze atterra, vincere e superar più agevolmente, vedi di trarlo mal suo grado in terra, ché mansueto ei diverrà repente, ed a te sì fedel che non fu tanto fedel al magno Ettorre il fiero Xanto. 40 Di lui quel ti dirò ch'a molti è ignoto, che ti parrà quasi impossibil cosa. Amadigi di Francia, a tutti noto, che la bella Oriana ebbe in sua sposa, solcando il mar fu dal piovoso Noto spinto a l'isola detta or Perigliosa; ch'allor con nome tal non fu chiamata, ma tra l'altre perdute annoverata. 41 Quivi il destrier vins'ei già carco d'anni, ed in Francia suo regno il menò seco; ma poi ch'a volo glorioso i vanni, di sé lasciando il mondo orbato e cieco, spiegò felice in ver' gli empirei scanni, incantato il destrier entro uno speco fu qui vicin dal saggio Alchiso il mago, di far qualch'opra memorabil vago. 42 Sotto tai leggi allor quel buon destriero fu dal mago gentil quivi incantato, che non potesse mai da cavaliero per ingegno o per forza esser domato, se dal sangue colui reale altero d'Amadigi non fusse al mondo nato, e s'in valor ancor no 'l superasse, o pari almeno in arme a lui n'andasse. 43 Dopo che 'l mago la bell'opra fece, non s'è 'l cavallo se non or veduto, ma da ch'apparve, diece volte e diece ha 'l suo torto camin Cinzia compiuto: onde da segno tal comprender lece che 'l termine prefisso è già venuto, ch'esser disfatto dee lo strano incanto, e domato il destrier feroce tanto. 44 Né ti maravigliar se 'l destrier vive dopo sì lungo girar d'anni ancora, ch'il fil troncar d'alcun le Parche dive non ponno, s'incantato egli dimora; né fra l'imposte al viver suo gli ascrive il fato di quel tempo una sol'ora. Grande è il poter de' maghi oltra misura, e quasi eguale a quel de la Natura. 45 Nel fin di questa selva un antro giace: indi il cavallo mai non si discosta, ma misero colui che troppo audace a quella parte ov'egli sta s'accosta. Tu perché partir vuo', rimanti in pace; e s'a l'impresa ancor l'alma hai disposta, in oblio non porrai, ché s'ei la terra col fianco premerà, vinta hai la guerra. — 46 Non avea detto ancor queste parole, che ne la selva si cacciò più folta, veloce sì che più veloce il sole dechinando il suo carro al mar non volta. Restò Rinaldo allor sì come suole debile infermo rimaner tal volta, cui ne' sonni interrotti appaion cose impossibili, strane e monstruose. 47 Questi, ch'era apparito al giovinetto in forma d'uom ch'a vecchia etate è giunto, era il buon Malagigi, a lui di stretto nodo di sangue e d'alto amor congiunto: mago de la sua etade il più perfetto, che 'l buon voler mai dal saper disgiunto non ebbe, anzi ad ognor suoi giorni spese altrui giovando in onorate imprese. 48 Egli avea ritenuto il suo germano Rinaldo alquanto in Francia e quasi a forza, sin ch'un influsso rio gisse lontano, e cresciesse con gli anni in lui la forza. Or, passato il furor troppo inumano del ciel, cui spesso uom saggio e piega e sforza, gli permise il partirsi e fegli appesi tornar al tronco i necessari arnesi. 49 Rinaldo intanto per la selva caccia il suo destrier per vie longhe e distorte, e de l'altro corsier segue la traccia, senza saper qual strada a quello il porte; e per ogni romor che l'aura faccia, par che rallegri l'animo e conforte, credendo allor trovarlo: e così in vano errò fin che 'l sol gio ne l'oceano. 50 Allor su l'erba a piè d'un fonte scese, ch'era de' quattro l'un che fe' Merlino, e con frutti

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Argomenti: breve tempo,    volto ingombro,    periglio orrendo,    lieto occhio,    sdegno generoso

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