Rinaldo di Torquato Tasso pagina 28

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intanto ciò che già detto fu da l'indovina, e ben cognosce a varii segni or quanto immenso sia l'amor de la regina. Muta e sospesa sta breve ora, e poi così dolce risponde ai detti suoi: 70 — Figlia e signora mia, che tal ti tegno, non puote opporsi al ciel forza mortale, più che de' venti a l'orgoglioso sdegno in mezo il mar pin disarmato e frale; né d'un sol punto mai passare il segno che le prescrive il suo destin fatale. Parlo così, ché 'l variar de' tempi di ciò m'ha mostro mille e mille essempi. 71 Quando tu possa de l'amor novello sveller dal petto il radicato germe, ed a desir più glorioso e bello volger la mente e le speranze inferme, fallo, sottrati a questo iniquo e fello tiranno, ancidi il velenoso verme che attoscar la tua onestà procura, senza cui di beltà poco si cura. 72 Ma se non puoi, come a più segni espresso veder già parmi, a che t'affligi in vano? Se di sforzar il ciel non t'è concesso, questo è difetto del poter umano; e poiché n'è per un error promesso da la verace maga un ben sovrano, non invidiare a te medesma, a noi, quei duo, che nascer denno, illustri eroi. — 73 Così diss'ella, e con que' detti sciolse a la regina di vergogna il freno; le diè speranza e di timor la tolse, crescer la fiamma e 'l duol fe' venir meno: onde tosto a pensar allor si volse di far il suo desir contento a pieno, e di mandar per alcun modo un poco nel figliuolo d'Amon del suo gran foco. 74 Fa pria tentar, ma con maniere accorte, di trarre il paladin ne la sua fede, con promesse di tôrlo in suo consorte, e di locarlo ne la regia sede; ché quando giunse il re suo padre a morte, libera autoritate in ciò le diede: ma poi che ciò colui punto non muove, cerca novi partiti e strade nove. 75 Cerca d'accrescer con lo studio e l'arte la natural beltà ch'in lei risplende: l'auree chiome in vago ordine comparte, ed adornarsi il rimanente attende; poi lieta si contempla a parte a parte ne l'acciar che l'imago al vivo rende; così augellin dopo la pioggia al sole polirsi i vanni e vagheggiarsi suole. 76 Ella mostra or co' guardi, or coi sospiri al cavalier le piaghe sue profonde, e quai ferventi Amor caldi desiri dai begli occhi di lui nel cor le infonde, onde Rinaldo in amorosi giri le luci volge e 'n parte a lei risponde: ché se ben altro ardor gli accende il petto, d'amar donna sì bella è pur costretto. 77 Nel palagio reale era un giardino ove ogni suo tesor Flora spargea; da le stanze ivi sol del paladino e da quelle di lei gir si potea. Quivi sovente il fresco matutino Floriana soletta si godea: la porta uscendo e intrand'ognor serrava, ché star remota a lei molto aggradava. 78 Mentre una volta al crin vaga corona tesse ella quivi d'odorate rose, e presso un rio che mormorando suona se 'n giace in grembo a l'erbe rugiadose, e seco intanto e col suo ben ragiona, dicendo in dolci note affettuose: — Ahi! quando serà mai, Rinaldo, ch'io appaghi ne' tuoi baci il desir mio? —, 79 sorgiunge il paladino ed ode a punto i cari detti de la bella amante. Ahi! come allora in un medesmo punto cangiar si vede questo e quel sembiante; ben ciascun sembra dal disio compunto, e mira l'altro tacito e tremante: lampeggia, come 'l sol nel chiaro umore, negli umidi occhi un tremulo splendore. 80 L'un nel volto de l'altro i caldi affetti e l'interno voler lesse e comprese: rise Venere in cielo, e i suoi diletti versò piovendo in lor larga e cortese; e forse del piacer de' giovinetti sùbita e dolce invidia il cor le prese, tal che quel giorno il suo divino stato in quel di Floriana avria cangiato. 81 Il paladino in così dolce vita trasse più dì con la real donzella, tal che l'antica fiamma era sopita, e sol gli ardea il cor l'altra novella. Al fin l'astrinse a far quinci partita strana ventura che gli avenne in quella, la qual il primo ardor di nuovo accense, ed il secondo quasi a fatto spense. 82 L'alma stella d'Amor in ciel spiegava cinta di rai l'aurata chioma ardente, e 'l sol di nova luce il crin s'ornava per mostrarsi più bello in oriente, quando a Rinaldo, che col sonno dava dolce ristoro ai membri ed a la mente, apparve in sogno giovinetta donna, dogliosa agli atti e involta in bianca gonna; 83 ma splendor tal l'ornava il mesto viso, così la fronte avea vaga e serena, che ne la prima vista ei fugli aviso veder l'Aurora che 'l bel dì rimena; pur dopoi rimirando in lei più fiso, benché 'l suo lume sostenesse a pena, esser Clarice sua certo gli parve, vera e non finta da mentite larve. 84 Crede vederne i rai del viso, e crede de la favella udir le dolci note: quel, secondo gli par, la vista fiede, questa così l'orecchie a lui percote: — Ahi! che sincero amor, che pura fede di cavalier, se tal nomar si puote chi le parole sue commette al vento, fraude usando in chi l'ama e tradimento! 85 Dunque, Rinaldo, t'è di mente uscita chi te sempre ritien fisso nel core? Dunque hai d'altra beltà l'alma invaghita, e sprezzi il primo via più degno amore? Deh! torna, torna a me, dolce mia vita, ch'io tua mercé languisco a tutte l'ore. Queste lacrime, oimè! questi sospiri, segno ti sian degli aspri miei martiri. 86 Ma se 'l mio duol non curi, e non t'aggrada l'amor, crudele, il proprio onor ti muova: ahi! si dirà Rinaldo in Media or bada, e lascivi pensier ne l'ocio cova, e per una pagana e lancia e spada posto in non cale, ei preso ha legge nova. — Così detto, a sua vista ella si tolse, e meschiata ne l'aria si dissolse. 87 Svegliasi il cavaliero, e gli occhi intorno per veder la sua dama indarno gira; s'infiamma intanto di vergogna e scorno, ed apre il petto a nobil sdegno ed ira; face il desir primiero in lui ritorno, e quell'altro si fugge e si ritira; le veste e l'arme insieme in fretta prende, ed adorno di lor tosto si rende. 88 Di Clarice il ritratto ecco veduto a caso viene al paladino in questa; egli lo sguarda e sta pensoso e muto, e come sia di pietra immobil resta. Dopo gran spazio al fin, qual rinvenuto da lunga stordigion l'uomo si desta, tal con sùbito moto egli si scosse, e la voce e le mani insieme mosse: 89 — Come, o mio ben, come ho potuto io mai fare al tuo tanto amore torto cotale? Deh! poiché in merto io ti cedeva assai, esser deveati almeno in fede eguale; ma, ché 'l tuo fallo non punisci omai, cavalier traditore e disleale? Ahi! qual pena maggior posso soffrire, che 'l duol che nasce in me dal mio pentire? — 90 Così detto, il compagno in fretta chiama, e fallo armar de la ferrigna spoglia; indi lo prega che per quanto ei l'ama allor allor con lui quinci si toglia. Quel, che servirlo e compiacerlo brama, si mostra obediente a la sua voglia; ben dolce il prega a dirgli la cagione, né glien'è scarso il buon figliuol d'Amone. 91 Come accorto nocchiero i dolci accenti fugge de le Sirene, e tutte sciôrre fa le sue vele dispiegate ai venti, ed ogni remo appresso in uso porre, così quei cari preghi e quei lamenti, che lo potrian dal suo pensier distôrre, schiva Rinaldo, e tacito se n'esce, ma pur di Floriana assai l'incresce: 92 ché, benché quel ardor già spento sia, non è però ch'egli non l'ami ancora; e l'alta sua beltà, la cortesia, e l'altre sue virtù pregia ed onora; e ben quel duolo mitigar vorria, ch'assalir délla in breve spazio d'ora; ma perciò ch'in se stesso ha poca fede, parte sì ch'altri allor non se n'avede. Canto decimo 1 Ma 'l fero Amor, che al fin discopre e vede gli occulti fatti, ancorché d'occhi privo, a la regina chiari indizii diede del partir de l'amante fuggitivo, lasciando lei d'acerbi affanni erede, e fuor per gli occhi in lagrimoso rivo ogni gioia scacciando: ond'egro il core rimase in preda al sùbito dolore. 2 Di sì grave nimico afflitto geme il cor, già presso a l'ultima sua sorte; ma tosto in suo favor s'arma la speme, e schermo gli è da

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