Rinaldo di Torquato Tasso pagina 15

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altri ornamenti in poco d'ora; e solo il tutto ad un compagno dissi, con cui d'estremo amor congionto vissi. 50 Così al tempio ne venni ove si fêa l'amoroso duello, e già col volto in un candido vel, quanto potea senza sospetto dar, chiuso ed involto. De le donne lo stuol che concorrea insieme al dolce gioco era sì folto, che non fu chi 'l mio nome a me chiedesse, o in conoscermi pur cura prendesse. 51 Onde tra lor sicuro io mi meschiai, donna creduto da le donne anch'io. Molte abbracciai di lor, molte basciai con poca gioia e con minor disio, sin ch'ad Olinda al fin pur arrivai, stabile oggetto d'ogni pensier mio, cui com'edera tronco il collo cinsi: indi le labbra disiose spinsi. 52 Con voglia così ingorda affettuosa, con sì fervidi baci e con sì spessi, spinto da forza interna ed amorosa ne le sue labbra le mie labbra impressi; ch'allor quasi stupita e sospettosa ella fissò ne' miei gli occhi suoi stessi, onde io cangiai pur nel medesmo istante in color mille il timido sembiante. 53 Il che forse il sospetto a doppio rese maggiore in lei di quel che prima egli era, tal che più fiso a rimirarmi prese, ed al fin mi conobbe, ahi, sorte fera! onde le luci di furore accese. Disse con voce in un bassa ed altera: “Come a tal tradimento unqua pensasti? Come, falso villan, tant'oltra osasti? 54 Sgombra orsù via di qua, togliti ratto dal nostro regno, e più non t'accostarli; e s'a l'audace o scelerato fatto quelle pene non do che dovrei darli, e sì placidamente ora ti tratto, fo per non dar materia onde altri parli: ben la tua morte a me saria gradita, non meno, anzi via più de la mia vita.” 55 Ma perché, lasso! ti racconto a pieno quel che duro già fu tanto a patire? E ch'or è duro a ricordar non meno, sì che 'l cor sento in mille parti aprire. Uccider mi vols'io, ma pose freno a la man disperata ed al desire, dopo molta fatica e mille preghi, quel mio compagno a cui null'è ch'io neghi. 56 Ed a venir in Francia ei mi dispose, ov'è, se pur il ver la fama dice, un antro a cui fra l'opre alte e famose null'altro al mondo oggi agguagliarsi lice; ch'ivi a' suoi servi le future cose da un aureo simulacro Amor predice, e con certe risposte util consigli dà ne l'aversitati e ne' perigli. 57 Ed oggi a punto, allor che s'apre il giorno, tra via mi disse uom vecchio e peregrino, che quinci presso sotto un colle adorno giacea lo speco, e m'insegnò il camino. Or dimmi tu, guerrier, qual danno o scorno ti faccia Amor o 'l tuo crudel destino: ch'ambo da poi n'andremo al loco sacro per richieder consiglio al simulacro. — 58 Rinaldo i casi suoi più brevemente narrogli, e 'nsieme poi la via pigliaro; né molto gir ch'altero ed eminente il colle e poi lo speco ancor miraro. Occupava l'entrata un foco ardente; alta colonna di forbito acciaro gli stava a dirimpeto in terra fitta, e v'era tal sentenza in carmi scritta: 59 “A' leali d'Amor concesso è 'l passo, agli altri no, per mezo il vivo foco.” Era 'l colle d'un netto e vivo sasso, vago e lucente del color di croco, opra d'incanto, e dimostrava al basso, tutte scolpite in apparente loco, le vittorie d'Amor, gli alti trofei, ch'egli acquistò contra celesti dei. 60 Florindo, ch'il pastor tal nome avea, ch'era ne l'amor suo fido e leale, sùbito entrò dove più il foco ardea con grand'ardire a la gran fede eguale; ed andar per un aere a lui parea, sottilissimo e puro e forse quale è l'elemento men condenso e greve, ch'agli altri sorvolò spedito e lieve. 61 Il cavalier che rimirava intento de' favolosi dei gli antichi amori, entrar vedendo senza alcun spavento Florindo tra le fiamme e tra gli ardori, a seguirlo non fu pigro né lento, ma 'l feroce destrier lasciando fuori a Vulcan si credette: indi per quello entrò sicuro nel sacrato ostello. 62 Da tre leggiadri e vaghi sacerdoti ch'a la cura del loco erano eletti, del faretrato arcier fidi e devoti, ambi furo raccolti i giovinetti, ed a l'altar menati, u' preghi e voti dovean porger al dio con puri affetti, come da quei ch'ivi gli avean condutti erano a pieno ammaestrati e instrutti. 63 Ma il paladino in cui verace fede per rara grazia ognor cresce ed abonda, ciò si sdegna di far, perché non crede che divin nume in sé quel or nasconda, ma spirto aereo o de l'inferna sede, che narrando il futuro altrui risponda: onde in disparte alquanto ei si ritira, e 'l vaneggiar di quei tacendo mira. 64 E ben avria l'idol, sdegnato alquanto, ogni risposta al cavalier negato, ma da Merlino allor, che fe' l'incanto, a risponder mai sempre ei fu sforzato; e per simil cagion, tanto né quanto del ver tacer altrui gli era vietato: ché 'l saggio mago il tutto già previsto e similmente al tutto avea provisto. 65 Un candido torel, che sotto 'l peso del grave aratro non gemeva ancora, ed avea nuovamente il petto acceso di quel soave ardor che n'inamora, sendo a giacer sovra l'altar disteso, sacrificaro al dio ch'ivi s'adora; ed a te poscia, o sua vezzosa madre, due colombe bianchissime e leggiadre. 66 Finito il sacrificio, ecco si scuote lo speco, e par che 'l suol dal fondo treme; e con strano romor di voci ignote tutto d'intorno omai rimbomba e geme: così s'Austro lo fiede e lo percuote, il mare irato orribilmente freme. Crolla la statua il capo e batte l'ali, sonangli a tergo l'arco e gli aurei strali. 67 Quinci il dio così poi la lingua scioglie: — Segui, Rinaldo, il tuo desir primiero di venir chiaro in arme; e fia tua moglie Clarice allora, e pago il tuo pensiero. Fu Malagigi, a ciò che più ti invoglie a l'onorato marzial mestiero, quel che sul carro te la tolse, e poi salva ed illesa l'ha renduta a' suoi. 68 E tu, Florindo, segui l'arme ancora, ché esse ti conduranno al fin bramato, perché, se ben no 'l sai né 'l cognosci ora, sei di sangue reale al mondo nato. — Ad oracolo tal rimase allora dubioso ognun di lor, ma consolato, e scacciò de' martir la schiera folta che intorn'intorno al cor se gli era accolta. Canto sesto 1 Parton da l'antro i duo garzoni insieme, e prendon verso Italia il lor camino, là ov'è già presso a le ruine estreme da Carlo astretto il campo saracino: ch'ivi di fare eccelse imprese han speme dinanzi al gran figliuol del buon Pipino, e vuol Florindo da la regia mano tôr di cavaleria l'ordin sovrano. 2 Attraversando gir tutto 'l paese che Giulio ornò di molti fregi pria, e superaro ancor l'Alpi scoscese, per cui s'aprì la malagevol via con novo modo il gran Cartaginese, Roma, portando a te guerr'aspra e ria. Vider d'Italia poi l'almo terreno, ancor di riverenza e d'onor pieno. 3 — Salve, d'illustri palme e di trofei provincia adorna, e d'opre alte e leggiadre; salve, d'invitti eroi, di semidei, d'arme e d'ingegni ancor feconda madre, che estendesti agli Esperii, ai Nabatei l'altere insegne e le vittrici squadre; e d'ogni forza ostil sprezzando il pondo, e giusta e forte desti legge al mondo. — 4 Così Rinaldo va parlando, e 'ntorno intanto gira il guardo desioso, ed ognor più vede il paese adorno di ricche ville e vago e dilettoso; ma non trova ventura in quel contorno ov'ei col fatigar prenda riposo, ed ove mostrar possa il suo valore e la virtù del generoso core. 5 Gran parte trapassar d'Italia, e mai non potero incontrar ventura alcuna, benché del lor camin fêssero assai al freddo lume de l'argentea luna. Giunsero al fin co' matutini rai là dove 'l Franco e 'l Saracin s'aduna, e vider tremolar l'insegne altere al vento, e fiammeggiar l'armate schiere. 6 S'alzava il sol dal mar con l'ore a paro, né di nubi copria le gote ardenti, e, ferendo per dritto il vario acciaro, mille formava in ciel lampi lucenti, e con un corruscar tremulo e chiaro fêa non ingrata offesa agli occhi intenti, tal ch'il campo sembrava Etna qualora l'aer con spessi fuochi orna e colora. 7 Carlo in tre

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