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La famiglia dell'antiquario di Carlo Goldoni pagina 9scoperta dall'una, e dall'altra, paghi la pena delle sue imposture. Pur troppo è vero, tante, e tante volte dipende la quiete di una famiglia, dalla lingua di una serva, o di un servitore. (parte) Scena nona Salotto. Il conte Anselmo con un libro grosso manoscritto e Brighella ANSELMO Quanto mi dispiace non intendere la lingua greca! Questo manoscritto è un tesoro, ma non l'intendo. Brighella. BRIGHELLA Illustrissimo. ANSELMO Ho trovato un manoscritto greco, antichissimo, che vale cento zecchini; e l'ho avuto per dieci. BRIGHELLA (De questi a mi non me ne tocca). (da sé) ANSELMO Questo è un codice originale. BRIGHELLA Una bagattella! Un codice original? Cara ela, cosa contienlo? ANSELMO Sono i trattati di pace fra la repubblica di Sparta, e quella d'Atene. BRIGHELLA Oh, che bella cossa! ANSELMO Questo posso dir, che è una gioia, perché è l'unica copia, che vi sia al mondo. E poi senti, e stupisci. È scritto di propria mano di Demostene. BRIGHELLA Cospetto del diavolo! Cossa me tocca a sentir? Che la sia po cusì? ANSELMO Sarei un bell'antiquario, se non conoscessi i caratteri degli antichi. BRIGHELLA Cara ella, la prego. La me leza almanco el titolo. ANSELMO Ti ho pur detto tante volte, che non intendo il greco. BRIGHELLA Ma come conoscela el carattere, se no la intende la lingua? ANSELMO Oh bella! Come uno, che conosce le pitture, e non sa dipingere. BRIGHELLA (Sa el cielo, chi gh'à magnà sti diese zecchini. Za che el vol andar in malora, l'è meggio, che me profitta mi, che un altro). (da sé) ANSELMO Gran bel libro; gran bel codice! Pare scritto ora. BRIGHELLA La diga, sior padron, conoscela el signor capitanio Saraca? ANSELMO Lo conosco, lo conosco. Egli pretende avere una sontuosa galleria, ma non ha niente di buono. BRIGHELLA Eppur l'ha speso dei denari assai. ANSELMO Avrà speso in vent'anni più di dieci mille scudi. Ma non ha niente di buono. BRIGHELLA La sappia, che l'ha avudo una desgrazia. L'ha bisogno de quattrini, e el vol vender la galeria. ANSELMO La vuol vendere? Oh! Là vi sarebbe da fare de' buoni acquisti. BRIGHELLA Se la vol, adesso xè el tempo. ANSELMO Le cose migliori, le prenderò io. BRIGHELLA El vuol vender tutto in una volta. ANSELMO Ma vorrà de' migliaia di zecchini. BRIGHELLA Manco de quello, che la se pensa. Con tre mille scudi se porta via tutta quella gran robba. ANSELMO Con tre mille scudi? Questo è un negozio da impegnarsi la camicia per farlo. Se l'avessi saputo quattro giorni prima, non avrei consumato il denaro con quegl'impertinenti de' creditori. BRIGHELLA La senta, se no la gh'à tutti i denari, no importa; m'impegno de farghe dar la robba parte col denaro contante, e parte con un biglietto. ANSELMO Oh il Cielo volesse! Caro Brighella, sarebbe la mia fortuna. Quanto danaro credi tu, che vi vorrà alla mano? BRIGHELLA Almanco due mille scudi. ANSELMO Io non ne ho altri, che mille cinquecento, gl'altri gl'ho spesi tutti. BRIGHELLA Vederò, che el se contenta de questi. ANSELMO Brighella mio non bisogna perder tempo; va' subito a serrar il contratto. BRIGHELLA Bisognerà darghe caparra. ANSELMO Sì, tieni questi venti zecchini. Daglieli per caparra. BRIGHELLA Vado subito. ANSELMO Ma avverti farti dar l'inventario; incontra cosa per cosa, poi viemmi ad avvisare, che verrò a vedere ancor io. BRIGHELLA Vado, perché se se perde tempo, el negozio pol andar in qualch'altra man. ANSELMO No, per amor del Cielo. Mi appicherei dalla disperazione. BRIGHELLA (È vero, che el signor Capitanio vol vender la galleria; ma con questi venti zecchini comprerò i so scarti, ghe porterò qualch'altra freddura, e el gonzo, che non sa gnente, li pagherà a caro prezzo). (da sé, parte) Scena decima Il conte Anselmo, poi Pantalone ANSELMO Non mi sarei mai creduto un incontro simile. Ma la fortuna capita, quando men si crede. PANTALONE Se puol vegnir? (di dentro) ANSELMO Ecco qui quel buon uomo di Pantalone. Non sa niente, non sa niente. Venite, venite, signor Pantalone. PANTALONE Fazo reverenza al sior Conte. ANSELMO Ditemi, voi che avete delle corrispondenze per il mondo. Sapete la lingua greca? PANTALONE La so perfettamente. Son stà dies'anni a Corfù, ho scomenzà là a far el marcante, e tutto el mio divertimento giera a imparar quel linguaggio. ANSELMO Dunque saprete leggere le scritture greche. PANTALONE Ghe dirò: altro xè el greco litteral, altro xè el greco volgar. Me n'intendo però un pochetto dell'un, e dell'altro. ANSELMO Quand'è così, vi voglio far vedere una bella cosa. PANTALONE La vederò volentiera. ANSELMO Un codice greco. PANTALONE Bon; ghe n'ho visto dei altri. ANSELMO Scritto propria mano di Demostene. PANTALONE El sarà una bella cossa. ANSELMO Osservate, e se sapete leggere, leggete. PANTALONE (Osserva) Questo xè scritto da Demostene? ANSELMO Sì, e sono i trattati di pace fra Sparta, e Atene. PANTALONE I trattati di pace, tra Sparta, e Atene? Sàla cossa, che contien sto libro? ANSELMO Via, cosa contiene? Io giuro, che non l'intendete. PANTALONE Questo xè un libro de canzonette alla grega, che canta i putelli a Corfù. ANSELMO Già lo sapevo. Voi non sapete leggere il greco. PANTALONE La senta: mattiamù, mattachiamù, callispera, mattiamù. ANSELMO Ebbene questi saranno i nomi propri dei Spartani o de' Tebani. PANTALONE Vol dir: vita mia, bonassera vita mia. ANSELMO Non sapete leggere. Questo è un codice greco, che mi costa dieci zecchini, e ne val più di cento. PANTALONE El formaggier no ghe dà tre soldi. ANSELMO Andatevene a intender de panni, e di sete, e non di scritture antiche. PANTALONE Me despiase sior Conte, che per quel, che vedo, andemo de mal in pezo. ANSELMO Come sarebbe a dire? PANTALONE Ella se perde in ste fredure, e la so casa va in precipizio. ANSELMO Io mi diverto, senza incomodare la casa. L'entrate le maneggia mia moglie, né io pregiudico agl'interessi della famiglia. PANTALONE E alla pase, alla quiete de casa no la ghe pensa? ANSELMO Io penso a me, e non penso agli altri. PANTALONE Mo no sàla, che quando el capo de casa no gh'abada, tutto va alla roversa? ANSELMO Quando tacciono son capo; quando gridano son coda. PANTALONE Dise mia fia, che l'è stada offesa dalla siora Contessa Isabella. ANSELMO E dice mia moglie, che è stata offesa da vostra figlia; ora guardate con che razza di matti abbiamo da fare. PANTALONE E pur bisogna remediarghe. ANSELMO Io vi consiglierei a fare quello, che faccio io. PANTALONE Che vuol dir? ANSELMO Lasciarle frigere nel proprio grasso. PANTALONE Ma se ste cosse le va avanti, no so cossa, che possa succeder. ANSELMO Cosa volete, che succeda? PANTALONE Siora Contessa xè un poco altiera. ANSELMO E vostra figlia è troppo fastidiosa. PANTALONE Volemio veder de far sta pase tra niora, e madonna? ANSELMO Cosa vi vuole per far questa pace? PANTALONE Mi ho parlà con mia fia; e so che la farà a mio modo. ANSELMO È inutile che parli a mia moglie. PANTALONE Perché? ANSELMO Perché mai abbiamo fatto, né ella a mio modo, né io al suo. PANTALONE Ma questa l'averia da esser una pase general de tutta la fameggia. ANSELMO Io non sono in collera con nessuno. PANTALONE Mo no l'è gnanca so decoro, voler comparir un omo de stucco. ANSELMO Cosa volete ch'io faccia? PANTALONE Avemo da procurar, che ste do creature se unissa. Avemo da far, che le se parla, che le se giustifica, che le se pacifica, e xè ben, che la ghe sia anca ella. ANSELMO Via, vi sarò. PANTALONE Bisogna metter qualche bona parola. ANSELMO La metterò. PANTALONE Ho parlà anca colla siora Contessa; e la m'ha promesso de vegnir in camera d'udienza, dove ghe sarà anca mia fia. ANSELMO Buono, avete fatto assai. PANTALONE Saremo nualtri soli; ela, mi, so consorte, mia fia, e mio zenero. ANSELMO E non altri? PANTALONE No gh'à da esser altri. ANSELMO Sarà difficile. 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