La famiglia dell'antiquario di Carlo Goldoni pagina 10

Testo di pubblico dominio

PANTALONE Perché? Chi gh'à da esser? ANSELMO Le donne hanno sempre i loro consiglieri. PANTALONE Mia fia no credo, ch'abbia nissun. ANSELMO Eh, l'averà, l'averà. PANTALONE Siora Contessa lo gh'àla? ANSELMO Oh se l'ha? E come! PANTALONE E ela lo comporta? ANSELMO Io abbado alle medaglie. PANTALONE Mio zenero no farà cusì. ANSELMO Ognun dal canto suo cura si prenda. PANTALONE Questa no xè la regola, che ha da tegnir un capo de casa. ANSELMO Ditemi quant'anni avete? PANTALONE Sessanta, per servirla. ANSELMO Volete vivere fino a cento? PANTALONE Magari, ch'el Ciel volesse! ANSELMO Se volete vivere fino a cent'anni prendetevi quei fastidi, che mi prendo io. (parte) Scena undicesima Pantalone solo. PANTALONE Vardè, che bell'omo! Vardè in che bella casa, che ho messo la mia povera fia! Un de sti dì, co ste so medaggie, nol gh'ha più un soldo, e quel che xè pezo, el lassa, che vaga in desordine la casa, senza abbadarghe. Ma se nol ghe bada lu, ghe baderò mi. No gh'ho altro a sto mondo, che sta unica fia; se posso no vòi morir col rammarico de vederla malamente sagrificada. Oh, quanto meggio, che giera, che l'avesse maridada con uno da par mio! Anca a mi me xè vegnù el catarro della nobiltà. Ho speso ventimile scudi. Ma cossa òggio fatto? Ho butà i bezzi in canal, e ho negà la putta. Scena dodicesima Arlecchino, travestito con altr'abito, e detto. ARLECCHINO (Oh, se trovass sto sior Conte, ghe vorria piantar dell'altre belle antichità, senza spartir l'utile con Brighella). (da sé) PANTALONE (Chi diavolo xè costù?). (da sé) ARLECCHINO (Sto barbetta mi nol conoss). (da sé) PANTALONE Galantomo chi seu? Chi domandeu? ARLECCHINO Inanz, che mi responda, l'am favorissa de dirme chi l'è Vussioria. PANTALONE Son un amigo del sior Conte Anselmo. ARLECCHINO Se dilettela de antichità? PANTALONE Oh assae. Compro tutto. (Sta a veder, che l'è un de quei, che lo tira in trappola). (da sé) ARLECCHINO Za, che Vussioria se diletta de antichità, la sappia, che mi son un antiquari. Son vegnù per far la fortuna del sior Conte Anselmo, ma se vussioria me obbligherà con qualch bona maniera, ghe darò a lu tutte ste zoggie, che ho portà con mi. PANTALONE (Vòi torme spasso, e scoverzer terren). (da sé) Caro amigo, se me farè a mi sto piaser, oltre al pagamento, ve servirò in quel, che poderò, in quel, che ve occorrerà. ARLECCHINO Za che ved, che l'è un galantomo, l'osserva, che roba? L'osserva, che antichità, che rarità, che preziosità! Vedel questa? (mostra una pantofola vecchia) PANTALONE Questa la par una pantofola vecchia. ARLECCHINO Questa l'era la pantofola de Neron, colla qual l'ha dà quel terribil calzo a Poppea, quand el l'ha scazzada del tron. PANTALONE Bravo! Oh che rarità! Gh'aveu altro? (oh che ladro!) (da sé) ARLECCHINO Vedel questa? (mostra una treccia di capelli) Questa l'è la drezza de cavelli de Lugrezia romana, restada in man a Sesto Tarquini, quando el la voleva sforzar. PANTALONE Bellissima! (ah tocco de furbazzo!) (da sé) ARLECCHINO La vederà... PANTALONE No vòi veder altro. Baron, ladro, desgrazià! Credistu, che sia un mamalucco? A mi ti me dà da intender ste fandonie? Furbazzo, te farò andar in galìa. ARLECCHINO Ah signor, per amor del cielo, ghe domando pietà. PANTALONE Chi t'ha introdotto in sta casa? ARLECCHINO L'è stà Brighella, signor. PANTALONE Come! Brighella? ARLECCHINO Sior sì, avem spartì l'altra volta metà per un. PANTALONE Donca Brighella sassina el so paron? ARLECCHINO El fa anca lu, come che fa tanti alter. PANTALONE Orsù vegnì con mi. (Voggio co sto mezzo disingannar sior Conte). (da sé) Vegnì con mi. ARLECCHINO Dove? PANTALONE No ve dubitè. Vegni con mi; e non abbiè paura. ARLECCHINO Abbiè carità de un pover'omo. PANTALONE Meriteressi da andar in preson; ma no son capace de farlo. Me basta, che dixè a sior Conte quel che àve dito a mi, e no vòi altro. ARLECCHINO Sior sì, dirò tutt quel, che volì. PANTALONE Andemo. ARLECCHINO Son qua. (Tolì, anca a robar ghe vol grazia, e ghe vol fortuna). (s'incammina) PANTALONE Femo sta pase, e po con costù farò veder al Conte, che tutti lo burla, che tutti lo sassina. (partono) Scena tredicesima Camera della contessa Isabella La contessa Isabella e il Dottore ISABELLA Anche voi mi rompete la testa? DOTTORE Io non parlo; ma ella ha sentito cos'ha detto il signor Pantalone? ISABELLA Come c'entra quel vecchio in casa mia? Qui comando io, e poi mio marito. DOTTORE Benissimo, non pretende già voler far da padrone, egli mostra dell'amore per questa casa, e desidera di vedere in tutti la concordia, e la pace. ISABELLA Se vuol, che vi sia la pace, faccia, che sua figlia abbia giudizio. DOTTORE Egli protesta, ch'ella è innocente. ISABELLA È innocente? È innocente? E voi ancora lo dite? Sia maledetto quando il diavolo vi porta qui! DOTTORE È il signor Pantalone, che dice, ch'ella è innocente. Io non lo dico. ISABELLA Basta; se vi sentite di dirlo, andate fuori di questa camera. DOTTORE Questa è una bellissima cosa. Ora mi vuole, ora mi scaccia. ISABELLA Se mi fate rabbia. Andatemi a prender da bere. DOTTORE Vado. (si parte per prendere da bere) ISABELLA Maledettissima! A me vecchia? DOTTORE Eccola servita. (le porta un bicchier di vino colla sottocoppa) ISABELLA Non voglio vino. DOTTORE Anderò a pigliar dell'acqua. (si parte, come sopra) ISABELLA Vi saluto, perché siete più vecchia di me? DOTTORE Ecco l'acqua. (porta un bicchier d'acqua) ISABELLA Maledetto fredda me la portate? DOTTORE Ma la calda dov'è? ISABELLA Al foco, al foco. DOTTORE La prenderò calda. (si parte, come sopra) ISABELLA Questa parola non me l'ha ancora detta nessuno. Ma che faceva il signor Cavaliere in compagnia di colei? Sarebbe bella, che avesse lasciata me per servir Doralice! Voglio un poco chiarirmi. Colombina! Scena quattordicesima Colombina e detta. COLOMBINA Signora. ISABELLA Dimmi un poco, hai veduto quando il Cavaliere è andato nelle camere di Doralice? COLOMBINA L'ho veduto benissimo. ISABELLA Quanto vi è stato? COLOMBINA Più di due ore; e poi poco fa vi è tornato. ISABELLA Vi è tornato? COLOMBINA Sì signora vi è tornato. ISABELLA Sei punto stata in camera? Hai sentito nulla? COLOMBINA Oh io in quella camera non ci vado. Servo la mia padrona, e non servo altri. ISABELLA Che balorda! Né anche andar in camera a sentir qualche cosa, per sapermelo dire! Va' che sei una scimunita. COLOMBINA Balorda! Scimunita! Non voleva dirvelo; ma ci sono stata. ISABELLA Si? Contami, cosa facevano? COLOMBINA Delle smorfie tante. ISABELLA La serve il Cavaliere? COLOMBINA Eccome! Anzi io credo, che l'abbia regalata. ISABELLA L'ha regalata? COLOMBINA Credo di sì. Ho veduto un orologio d'oro al signor contino Giacinto. Egli ha detto averlo avuto da sua moglie; il Cavaliere ne aveva uno simile, onde credo senz'altro, l'abbia egli donato alla signora Doralice. ISABELLA L'orologio d'oro, lei non l'aveva; senz'altro glie l'ha donato il Cavaliere. COLOMBINA Ha donato anche a me questo mezzo ducato. ISABELLA Per qual motivo? COLOMBINA Acciò non parli. ISABELLA Discorrevano forse di me? COLOMBINA Sicuro. ISABELLA Cosa dicevano? Cosa dicevano? COLOMBINA Che siete fastidiosa, soffistica, e che so io. ISABELLA Cavaliere malnato! Scena quindicesima Il Dottore con l'acqua calda, e dette. ISABELLA Femmina impertinente! DOTTORE Ecco l'acqua calda. ISABELLA Andate al diavolo, non sentite che scotta? (la prende, le pare bollente, e gettandola via, coglie il Dottore) DOTTORE Obbligatissimo alle sue grazie. ISABELLA Di grazia, che vi averò stroppiato! DOTTORE Io non parlo. ISABELLA E così, cos'altro hanno detto di me? (a Colombina) COLOMBINA Non ho potuto sentir altro. Ma se sentirò, dirò tutto. ISABELLA Sta' attenta; ascolta, e osserva, che mi preme

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