Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni pagina 7

Testo di pubblico dominio

BEATRICE Questa lettera è stata aperta. TRUFFALDINO Averta? Oh! no pol esser. BEATRICE Aperta, e sigillata ora col pane. TRUFFALDINO Mi no saveria mai, come che la fusse. BEATRICE Non lo sapresti eh? Briccone, indegno, chi ha aperto questa lettera? Voglio saperlo. TRUFFALDINO Ghe dirò, signor, ghe confesserò la verità. Semo tutti capaci de falar. Alla posta gh'era una lettera mia; so poco lezer; e in falo, in vece de averzer la mia, ho averto la soa. Ghe domando perdon. BEATRICE Se la cosa fosse così, non vi sarebbe male. TRUFFALDINO L'è così da povero fiol. BEATRICE L'hai letta questa lettera? Sai che cosa contiene? TRUFFALDINO Niente affatto. L'è un carattere, che no capisso. BEATRICE L'ha veduta nessuno? TRUFFALDINO Oh! (meravigliandosi) BEATRICE Bada bene, veh! TRUFFALDINO Uh! (come sopra) BEATRICE (Non vorrei, che costui m'ingannasse). (legge piano) TRUFFALDINO (Anca questa l'è tacconada). (da sé) BEATRICE (Tognino è un servitore fedele. Gli ho dell'obbligazione). (da sé) Orsù io vado per un interesse poco lontano. Tu va' nella locanda, apri il baule, eccoti le chiavi, e da' un poco d'aria alli miei vestiti. Quando torno si pranzerà. (Il signor Pantalone non si vede, ed a me premono queste monete). (da sé, parte) Scena sedicesima Truffaldino, poi Pantalone TRUFFALDINO Mo l'è andada ben, che no la podeva andar meio. Son un omo de garbo; me stimo cento scudi de più de quel, che no me stimava. PANTALONE Disè, amigo, el vostro patron xèlo in casa? TRUFFALDINO Sior no; nol ghe xè. PANTALONE Saveu dove, che el sia? TRUFFALDINO Gnanca. PANTALONE Vienlo a casa a disnar? TRUFFALDINO Mi crederave de sì. PANTALONE Tolè, col vien a casa dèghe sta borsa co sti cento ducati. No posso trattegnirme, perché gh'ho da far. Ve reverisso. (parte) Scena diciassettesima Truffaldino, poi Florindo TRUFFALDINO La diga, la senta. Bon viazo. Nol m'ha gnanca dito a qual dei mi patroni ghe l'ho da dar. FLORINDO E bene, hai tu ritrovato Pasquale? TRUFFALDINO Sior no, no l'ho trovà Pasqual; ma ho trovà uno, che m'ha dà una borsa con cento ducati. FLORINDO Cento ducati? Per farne che? TRUFFALDINO Disim la verità, sior patron, aspetteu dinari da nissuna banda? FLORINDO Sì, ho presentata una lettera ad un mercante. TRUFFALDINO Donca sti quattrini i sarà vostri. FLORINDO Che cosa ha detto chi te li ha dati? TRUFFALDINO El m'ha dit, che li daga ai me padron. FLORINDO Dunque sono miei senz'altro. Non sono io il tuo padrone? Che dubbio c'è? TRUFFALDINO (No i sa gnente de quell'alter padron). (da sé) FLORINDO E non sai chi te gli abbia dati? TRUFFALDINO Mi no so, me par quel viso averlo visto un'altra volta, ma no me ricordo. FLORINDO Sarà un mercante, a cui sono raccomandato. TRUFFALDINO El sarà lu senz'altro. FLORINDO Ricordati di Pasquale. TRUFFALDINO Dopo disnar lo troverò. FLORINDO Andiamo dunque a sollecitare il pranzo. (entra nella locanda) TRUFFALDINO Andemo pur. Manco mal, che stavolta non ho fallà. La borsa l'ho data a chi l'aveva d'aver. (entra nella locanda) Scena diciottesima Camera in casa di Pantalone PANTALONE e CLARICE, poi SMERALDINA PANTALONE Tant'è; sior Federigo ha da esser vostro mario. Ho dà la parola, e no son un bambozzo. CLARICE Siete padrone di me, signor padre, ma questa, compatitemi, è una tirannia. PANTALONE Quando sior Federigo v'ha fatto domandar, ve l'ho ditto; vu non m'avè resposo de no volerlo. Allora dovevi parlar; adesso no sé più a tempo. CLARICE La soggezione, il rispetto, mi fecero ammutolire. PANTALONE Fè, che el rispetto, e la suggizion fazza l'istesso anca adesso. CLARICE Non posso, signor padre. PANTALONE No? per cossa? CLARICE Federigo non lo sposerò certamente. PANTALONE Ve despiaseio tanto? CLARICE È odioso agli occhi miei. PANTALONE Anca sì, che mi ve insegno el modo de far, che el ve piasa? CLARICE Come mai, signore? PANTALONE Desmenteghève sior Silvio, e vederè, che el ve piaserà. CLARICE Silvio è troppo fortemente impresso nell'anima mia; e voi coll'approvazione vostra lo avete ancora più radicato. PANTALONE (Da una banda la compatisso). (da sé) Bisogna far de necessità vertù. CLARICE Il mio cuore non è capace di uno sforzo sì grande. PANTALONE Fève animo; bisogna farlo... SMERALDINA Signor padrone, è qui il signor Federigo, che vuol riverirla. PANTALONE Ch'el vegna, che el xè patron. CLARICE Oimè Che tormento! (piange) SMERALDINA Che avete, signora padrona? Piangete? In verità avete torto. Non avete veduto com'è bellino il signor Federigo? Se toccasse a me una tal fortuna, non vorrei piangere no; vorrei ridere con tanto di bocca. (parte) PANTALONE Via fia mia, no te far veder a pianzer. CLARICE Ma se mi sento scoppiar il cuore! Scena diciannovesima Beatrice da uomo, e detti. BEATRICE Riverisco il signor Pantalone. PANTALONE Patron reverito. Ala recevesto una borsa con cento ducati? BEATRICE Io no. PANTALONE Che l'ho dada za un poco al so servitor. La m'ha dito, che el xè un omo fidà. BEATRICE Sì, non vi è pericolo. Non l'ho veduto; me li darà, quando torno a casa. (Che ha la signora Clarice, che piange?). (piano a Pantalone) PANTALONE (Caro sior Federigo, bisogna compatirla. La nova della so morte xè stada causa de sto mal. Col tempo spero, che la se scambierà). (piano a Beatrice) BEATRICE (Fate una cosa, signor Pantalone, lasciatemi un momento in libertà con lei, per vedere se mi riuscisse d'aver una buona parola). (come sopra) PANTALONE Sior sì; vago, e vegno. (Voggio provarle tutte). (da sé) Fia mia, aspettème, che adesso torno. Tien un poco de compagnia al to novizzo. (Via abbi giudizio). (piano a Clarice, e parte) Scena ventesima Beatrice e Clarice BEATRICE Deh, signora Clarice... CLARICE Scostatevi, e non ardite d'importunarmi. BEATRICE Così severa con chi vi è destinato in consorte? CLARICE Se sarò strascinata per forza alle vostre nozze, avrete da me la mano, ma non il cuore. BEATRICE Voi siete sdegnata meco, eppure io spero placarvi. CLARICE V'aborrirò in eterno. BEATRICE Se mi conosceste, voi non direste così. CLARICE Vi conosco abbastanza per lo sturbatore della mia pace. BEATRICE Ma io ho il modo di consolarvi. CLARICE V'ingannate; altri che Silvio consolare non mi potrebbe. BEATRICE Certo, che non posso darvi quella consolazione, che darvi potrebbe il vostro Silvio, ma posso contribuire alle vostre felicità. CLARICE Mi par assai, signore, che parlandovi io in una maniera la più aspra del mondo, vogliate ancor tormentarmi. BEATRICE (Questa povera giovane mi fa pietà; non ho cuore di vederla penare). (da sé) CLARICE (La passione mi fa diventare ardita, temeraria, incivile). (da sé) BEATRICE Signora Clarice, vi ho da confidare un segreto. CLARICE Non vi prometto la segretezza. Tralasciate di confidarmelo. BEATRICE La vostra austerità mi toglie il modo di potervi render felice. CLARICE Voi non mi potete rendere, che sventurata. BEATRICE V'ingannate; e per convincervi vi parlerò schiettamente. Se voi non volete me, io non saprei, che fare di voi. Se avete ad altri impegnata la destra, anch'io con altri ho impegnato il cuore. CLARICE Ora cominciate a piacermi. BEATRICE Non vel dissi, che aveva io il modo di consolarvi? CLARICE Ah temo, che mi deludiate. BEATRICE No, signora, non fingo. Parlovi con il cuore sulle labbra; e se mi promettete quella segretezza, che mi negaste poc'anzi, vi confiderò un arcano, che metterà in sicuro la vostra pace. CLARICE Giuro di osservare il più rigoroso silenzio. BEATRICE Io non sono Federigo Rasponi, ma Beatrice di lui sorella. CLARICE Oh! che mi dite mai! Voi donna? BEATRICE Sì, tale io sono. Pensate, se aspiravo di cuore alle vostre nozze! CLARICE E di vostro fratello, che nuova ci date? BEATRICE Egli morì purtroppo d'un colpo di spada che lo passò dal petto alle reni. Fu creduto autore

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