Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni pagina 3

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troppo cattiva. PANTALONE Che spropositi! No aveu visto anca vu le lettere? (a Clarice) SILVIO Se anche fosse egli vivo, e fosse qui, sarebbe venuto tardi. TRUFFALDINO (Ritorna) Me maraveio de lor siori. No se tratta cusì colla povera zente. No se inganna cusì i forestieri. No le son azion de galantomeni. E me ne farò render conto. PANTALONE (Vardemose, che el xè matto). Coss'è stà? Cossa v'àli fatto? TRUFFALDINO Andarme a dir, che sior Federigo Rasponi l'è morto? PANTALONE E cusì? TRUFFALDINO E cusì: l'è qua, vivo, san, spiritoso, e brillante; che el vol reverirla, se la se contenta. PANTALONE Sior Federigo? TRUFFALDINO Sior Federigo. PANTALONE Rasponi? TRUFFALDINO Rasponi. PANTALONE Da Turin? TRUFFALDINO Da Turin. PANTALONE Fio mio, andè all'ospeal, che sè matto. TRUFFALDINO Corpo del diavolo! Me farissi bestemiar come un zugador. Mo se l'è qua; in casa, in sala, che ve vegna el malanno. PANTALONE Adessadesso ghe rompo el muso. DOTTORE No, signor Pantalone, fate una cosa; ditegli, che faccia venire innanzi questo tale, ch'egli crede essere Federigo Rasponi. PANTALONE Via, fèlo vegnir avanti sto morto ressuscità. TRUFFALDINO Che el sia stà morto, e che el sia ressuscità pol esser, mi no gh'ho niente in contrario. Ma adesso l'è vivo, e el vederì coi vostri occhi. Vago a dirghe che el vegna. E da qua avanti imparè a trattar coi forestieri, coi omeni della me sorte, coi bergamaschi onorati. (a Pantalone, con collera) Quella giovine, a so tempo se parleremo. (a Smeraldina, e parte) CLARICE (Silvio mio, tremo tutta). (piano a Silvio) SILVIO (Non dubitate; in qualunque evento sarete mia). (piano a Clarice) DOTTORE Ora ci chiariremo della verità. PANTALONE Pol vegnir qualche baronato a darme da intender delle fandonie. BRIGHELLA Mi, come ghe diseva, sior compare, l'ho conossudo el sior Federigo; se el sarà lu, vederemo. SMERALDINA (Eppure quel morettino non ha una fisonomia da bugiardo. Voglio veder se mi riesce...) (da sé) Con buona grazia di lor signori. (parte) Scena terza Beatrice in abito da uomo, sotto nome di Federigo, e detti. BEATRICE Signor Pantalone, la gentilezza che io ho ammirato nelle vostre lettere non corrisponde al trattamento che voi mi fate in persona. Vi mando il servo, vi fo passar l'ambasciata, e voi mi fate stare all'aria aperta, senza degnarvi di farmi entrare, che dopo una mezz'ora? PANTALONE La compatissa... Ma chi xèla ela, patron? BEATRICE Federigo Rasponi di Torino, per obbedirvi. (tutti fanno atti d'ammirazione) BRIGHELLA (Cossa vedio? Coss'è sto negozio? Questo no l'è Federigo, l'è la siora Beatrice so sorella. Vòi osservar dove tende sto inganno). (da sé) PANTALONE Mi resto attonito... Me consolo de vederla san, e vivo, quando avevimo avudo delle cattive nove. (Ma gnancora no ghe credo, savè). (piano al Dottore) BEATRICE Lo so; fu detto, che in una rissa rimasi estinto. Grazie al Cielo, fui solamente ferito; e appena risanato intrapresi il viaggio di Venezia, già da gran tempo con voi concertato. PANTALONE No so cossa dir. La so ciera xè da galantomo: ma mi gh'ho riscontri certi, e seguri, che sior Federigo sia morto; onde la vede ben... se no la me dà qualche prova in contrario... BEATRICE È giustissimo il vostro dubbio; conosco la necessità di giustificarmi. Eccovi quattro lettere de' vostri amici corrispondenti, una delle quali è del ministro della nostra banca. Riconoscerete le firme, e vi accerterete dell'esser mio. (dà quattro lettere a Pantalone, il quale le legge da sé) CLARICE (Ah Silvio, siamo perduti!). (piano a Silvio) SILVIO (La vita perderò, ma non voi!). (piano a Clarice) BEATRICE (Oimè! Qui Brighella? Come diamine qui si ritrova costui? Egli mi conoscerà certamente; non vorrei, che mi discoprisse) (da sé, avvedendosi di Brighella) Amico, mi par di conoscervi. (forte a Brighella) BRIGHELLA Sì signor, no la s'arrecorda a Turin Brighella Cavicchio? BEATRICE Ah sì, ora vi riconosco. (si va accostando a Brighella) Bravo galantuomo, che fate in Venezia? (Per amor del Cielo non mi scoprite). (piano a Brighella) BRIGHELLA (Non gh'è dubbio). (piano a Beatrice) Fazzo el locandier, per servirla. (forte alla medesima) BEATRICE Oh, per l'appunto; giacché ho il piacer di conoscervi, verrò ad alloggiare alla vostra locanda. BRIGHELLA La me farà grazia. (Qualche contrabbando siguro). (da sé) PANTALONE Ho sentio tutto. Certo, che ste lettere le me accompagna el sior Federigo Rasponi, e se ella me le presenta, bisognerave creder, che la fosse... come che dise ste lettere. BEATRICE Se qualche dubbio ancor vi restasse, ecco qui messer Brighella; egli mi conosce, egli può assicurarvi dell'esser mio (Dieci doppie per te). BRIGHELLA Senz'altro, sior compare, lo assicuro mi; questo l'è el sior Federigo Rasponi. (Se pol far manco per vadagnar diese doppie?). PANTALONE Co la xè cusì, come l'attesta, oltre le lettere, anca mio com are Brighella, caro sior Federigo, me ne consolo con ela, e ghe domando scusa, se ho dubità. CLARICE Signor padre, quegli è dunque il signor Federigo Rasponi? PANTALONE Mo el xè elo lu. CLARICE (Me infelice, che sarà di noi?). (piano a Silvio) SILVIO (Non dubitate vi dico; siete mia, e vi difenderò). (piano a Clarice) PANTALONE (Cossa diseu, Dottor, xèlo vegnù a tempo?). (piano al Dottore) DOTTORE Accidit in puncto, quod non contingit in anno. BEATRICE Signor Pantalone, chi è quella signora? (accennando Clarice) PANTALONE La xè Clarice mia fia. BEATRICE Quella a me destinata in isposa? PANTALONE Sior sì, giusto quella. (Adesso son in t'un bell'intrigo). (da sé) BEATRICE Signora, permettetemi, ch'io abbia l'onore di riverirvi. (a Clarice) CLARICE Serva divota. (sostenuta) BEATRICE Molto freddamente m'accoglie. (a Pantalone) PANTALONE Cossa vorla far? La xè timida de natura. BEATRICE E quel signore, è qualche vostro parente? (a Pantalone, accennando Silvio) PANTALONE Sior sì; el xè un mio nevodo. SILVIO No signore, non sono suo nipote altrimenti, sono lo sposo della signora Clarice. (a Beatrice) DOTTORE (Bravo! Non ti perdere. Di' la tua ragione, ma senza precipitare). (piano a Silvio) BEATRICE Come! Voi sposo della signora Clarice? Non è ella a me destinata? PANTALONE Via via. Mi scoverzirò tutto. Caro sior Federigo, se credeva, che fosse vera la vostra disgrazia, che fussi morto; e cusì aveva dà mia fia a sior Silvio; qua no ghe xè un mal al mondo. Finalmente sè arrivà in tempo. Clarice xè vostra, se la volè, e mi son qua a mantegnirve la mia parola. Sior Silvio, no so cossa dir; vedè coi vostri occhi la verità. Savè cossa, che v'ho dito, e de mi no ve podè lamentar. SILVIO Ma il signor Federigo non si contenterà di prendere una sposa, che porse ad altri la mano. BEATRICE Io poi non sono sì delicato. La prenderò non ostante. (Voglio anche prendermi un poco di divertimento). (da sé) DOTTORE (Che buon marito alla moda! Non mi dispiace). (da sé) BEATRICE Spero, che la signora Clarice non ricuserà la mia mano. SILVIO Orsù, signore, tardi siete arrivato. La signora Clarice deve esser mia, né sperate, che io ve la ceda. Se il signor Pantalone mi farà torto saprò vendicarmene; e chi vorrà Clarice, dovrà contenderla con questa spada. (parte) DOTTORE (Bravo, corpo di bacco!). (da sé) BEATRICE (No, no, per questa via non voglio morire). (da sé) DOTTORE Padrone mio, V. S. è arrivato un po' tardi. La signora Clarice l'ha da sposare mio figlio. La legge parla chiaro. Prior in tempore, potior in iure. (parte) BEATRICE Ma voi, signora sposa, non dite nulla? (a Clarice) CLARICE Dico che siete venuto per tormentarmi. (parte) Scena quarta Pantalone, Beatrice e Brighella, poi il Servitore di Pantalone. PANTALONE Come, pettegola? Cossa distu? (le vuol correr dietro) BEATRICE Fermatevi, signor Pantalone; la compatisco. Non conviene prenderla con asprezza. Col tempo spero di

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Argomenti: terza beatrice

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