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Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni pagina 18l'amigo sì fatto? (a Beatrice) BEATRICE Sì, il mio sposo. PANTALONE Che el resta servido. BEATRICE Fa', che passi. (a Truffaldino) TRUFFALDINO Zovenotta, ve reverisso. (a Smeraldina, piano) SMERALDINA Addio, morettino. (piano a Truffaldino) TRUFFALDINO Parleremo. (come sopra) SMERALDINA Di che? (come sopra) TRUFFALDINO Se volessi. (fa cenno di darle l'anello, come sopra) SMERALDINA Perché no? (come sopra) TRUFFALDINO Parleremo. (come sopra, e parte) SMERALDINA Signora padrona, con licenza di questi signori, vorrei pregarla di una carità. (a Clarice) CLARICE Che cosa vuoi? (tirandosi in disparte per ascoltarla) SMERALDINA (Anch'io sono una povera giovine, che cerco di collocarmi, vi è il servitore della signora Beatrice, che mi vorrebbe; s'ella dicesse una parola alla sua padrona, che si contentasse, ch'ei mi prendesse, spererei di fare la mia fortuna). (piano a Clarice) CLARICE (Sì, cara Smeraldina, lo farò volentieri; subito, che potrò parlare a Beatrice con libertà, lo farò certamente). (torna al suo posto) PANTALONE Cossa xè sti gran secreti? (a Clarice) CLARICE Niente, signore. Mi diceva una cosa. SILVIO (Posso saperla io?). (piano a Clarice) CLARICE (Gran curiosità! E poi diranno di noi altre donne). (da sé) Scena ultima Florindo, Truffaldino e detti. FLORINDO Servitor umilissimo di lor signori. (tutti lo salutano) È ella il padrone di casa? (a Pantalone) PANTALONE Per servirla. FLORINDO Permetta, ch'io abbia l'onore di dedicarle la mia servitù, scortato a farlo dalla signora Beatrice di cui, siccome di me, note gli saranno le vicende passate. PANTALONE Me consolo de conoscerla, e de reverirla, e me consolo de cuor delle so contentezze. FLORINDO La signora Beatrice deve esser mia sposa, e se voi non isdegnate onorarci, sarete pronubo delle nostre nozze. PANTALONE Quel che s'ha da far, che el se fazza subito. Le se daga la man. FLORINDO Son pronto, signora Beatrice. BEATRICE Eccola, signor Florindo. SMERALDINA (Eh non si fanno pregare). (da sé) PANTALONE Faremo po el saldo dei nostri conti. Le giusta le so partie, che po giusteremo le nostre. CLARICE Amica, me ne consolo. (a Beatrice) BEATRICE Ed io di cuore con voi. (a Clarice) SILVIO Signore, mi riconoscete voi? (a Florindo) FLORINDO Sì, vi riconosco; siete quello, che voleva fare un duello. SILVIO Anzi l'ho fatto per mio malanno. Ecco chi mi ha disarmato, e poco meno, che ucciso. (accennando Beatrice) BEATRICE Potere dire chi vi ha donato la vita. (a Silvio) SILVIO Sì, è vero. CLARICE In grazia mia però. (a Silvio) SILVIO È verissimo. PANTALONE Tutto xè giustà, tutto xè fenio. TRUFFALDINO Manca el meggio, signori. PANTALONE Cossa manca? TRUFFALDINO Con so bona grazia, una parola. (a Florindo, tirandolo in disparte) FLORINDO (Che cosa vuoi?) (piano a Truffaldino) TRUFFALDINO (S'arrecordel, cossa, ch'el m'ha promesso?). (piano a Florindo) FLORINDO (Che cosa? Io non me ne ricordo). (piano a Truffaldino) TRUFFALDINO (De domandar a sior Pantalon Smeraldina per me muier?). (come sopra) FLORINDO (Sì, ora me ne sovviene. Lo faccio subito). (come sopra) TRUFFALDINO (Anca, mi pover omo, che me metta all'onor del mondo). (da sé) FLORINDO Signor Pantalone, benché sia questa la prima volta sola, ch'io abbia l'onore di conoscervi, mi fo ardito di domandarvi una grazia. PANTALONE La comandi pur. In quel, che posso, la servirò. FLORINDO Il mio servitore bramerebbe per moglie la vostra cameriera, avreste voi difficoltà di accordargliela? SMERALDINA (Oh bella! Un altro, che mi vuole. Chi diavolo è? Almeno che lo conoscessi). PANTALONE Per mi son contento. Cossa dìsela ela, patrona? (a Smeraldina) SMERALDINA Se potessi credere d'avere a star bene... PANTALONE Xèlo omo da qualcossa sto so servitor? (a Florindo) FLORINDO Per quel poco tempo, ch'io l'ho meco, è fidato certo, e mi pare di abilità. CLARICE Signor Florindo; voi mi avete prevenuta in una cosa, che dovevo far io. Doveva io proporre le nozze della mia cameriera per il servitore della signora Beatrice. Voi l'avete chiesta per il vostro; non occorr'altro. FLORINDO No, no; quando voi avete questa premura, mi ritiro affatto, e vi lascio in pienissima libertà. CLARICE Non sarà mai vero, che voglia io permettere, che le mie premure sieno preferite alle vostre. E poi non ho, per dirvela, certo impegno. Proseguite pure nel vostro. FLORINDO Voi lo fate per complimento. Signor Pantalone, quel che ho detto sia per non detto. Per il mio servitore non vi parlo più, anzi non voglio, che la sposi assolutamente. CLARICE Se non la sposa il vostro, non l'ha da sposare nemmeno quell'altro. La cosa ha da essere per lo meno del pari. TRUFFALDINO (Oh bella! Lori fa i complimenti, e mi resto senza muier). (da sé) SMERALDINA (Sto a vedere, che di due, non ne averò nessuno). (da sé) PANTALONE Eh via, che i se giusta; sta povera putta gh'ha voggia de maridarse dèmola all'uno, o all'altro. FLORINDO Al mio no. Non voglio certo far torto alla signora Clarice. CLARICE Né io permetterò mai, che sia fatto al signor FIorindo. TRUFFALDINO Siori, sta faccenda l'aggiusterò mi. Sior Florindo, non ala domandà Smeraldina per el so servitor? FLORINDO Sì; non l'ha sentito tu stesso? TRUFFALDINO E ela siora Clarice non àla destinà Smeraldina per el servitor de siora Beatrice? CLARICE Dovevo parlarne sicuramente. TRUFFALDINO Ben, co l'è cusì Smeraldina dème man. PANTALONE Mo per cossa voleu, che a vu la ve daga la man? (a Truffaldino) TRUFFALDINO Perché mi; mi, son servitor de sior Florindo, e de siora Beatrice. FLORINDO Come? BEATRICE Che dici? TRUFFALDINO Un pochetto de flemma: sior Florindo, chi v'ha pregado de domandar Smeraldina al sior Pantalon? FLORINDO Tu mi hai pregato. TRUFFALDINO E ela siora Clarice, de chi intendevela, che l'avesse da esser Smeraldina? CLARICE Di te. TRUFFALDINO Ergo Smeraldina l'è mia. FLORINDO Signora Beatrice, il vostro servitore dov'è? BEATRICE eccolo qui. Non è Truffaldino? FLORINDO Truffaldino? Questi è il mio servitore. BEATRICE Il vostro non è Pasquale? FLORINDO Pasquale? Doveva essere il vostro. BEATRICE Come va la faccenda? (verso Truffaldino) TRUFFALDINO (Con lazzi muti domanda scusa) FLORINDO Ah briccone! BEATRICE Ah galeotto! FLORINDO Tu hai servito due padroni nel medesimo tempo? TRUFFALDINO Sior sì, mi ho fatto sta bravura. Son intrà in sto impegno senza pensarghe; m'ho volesto provar. Ho durà poco è vero, ma almanco ho la gloria che nissun m'aveva ancora scoverto, se da per mi no me descovriva per l'amor de quella ragazza. Ho fatto una gran fadiga, ho fatto anca dei mancamenti, ma spero, che per rason della stravaganza, tutti sti siori me perdonerà; e se no i me vol perdonar per amor, i me perdonerà per forza. Perché ghe farò veder, che son anca poeta, e qua all'improviso, ghe farò un sonetto: Do padroni servir l'è un bell'impegno, e pur, per gloria mia, l'ho superà; e in mezzo alle mazor dificoltà, m'ho cavà con destrezza, e con inzegno. Secondando la sorte el mio desegno m'ha fatto comparir de qua, e de là. E averia sta cuccagna seguità, se per amor mi no passava el segno. Tutto de far i omeni xè boni; ma con l'amor l'inzegno no val gnente, e i più bravi i diventa i più poltroni. Per causa de Cupido impertinente, no son più servitor de do patroni, ma sarò servitor de chi me sente. 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