Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni pagina 5

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me vorla dar? FLORINDO Quanto pretendete? TRUFFALDINO Ghe dirò: un altro patron, che aveva, e che adesso qua nol gh'ho più, el me dava un felippo al mese, e le spese. FLORINDO Bene, e tanto vi darò io. TRUFFALDINO Bisognerave, che la me dasse qualcossetta de più. FLORINDO Che cosa pretendereste di più? TRUFFALDINO Un soldetto al zorno per el tabacco. FLORINDO Sì, volentieri; ve lo darò. TRUFFALDINO Co l'è cusì, stago con lu. FLORINDO Ma; vi vorrebbe un poco d'informazione dei fatti vostri. TRUFFALDINO Co no la vol altro, che informazion dei fatti mii, la vada a Bergamo, che tutti ghe dirà chi son. FLORINDO Non avete nessuno in Venezia, che vi conosca? TRUFFALDINO Son arrivà stamattina, signor. FLORINDO Orsù; mi parete un uomo da bene. Vi proverò. TRUFFALDINO La me prova, e la vederà. FLORINDO Prima d'ogni altra cosa, mi preme vedere, se alla posta vi siano lettere per me. Eccovi mezzo scudo andate alla posta di Turino, domandate, se vi sono lettere di Florindo Aretusi; se ve ne sono, prendetele, e portatele subito, che vi aspetto. TRUFFALDINO Intanto la fazza parecchiar da disnar. FLORINDO Sì, bravo; farò preparare. (È faceto; non mi dispiace. A poco alla volta ne farò la prova). (entra nella locanda) Scena nona Truffaldino, poi Beatrice da uomo e Brighella TRUFFALDINO Un soldo al zorno de più; i è trenta soldi al mese, no l'è gnanca vero, che quell'alter me daga un felippo; el me dà diese pauli. Pol esser, che diese pauli i fazza un felippo, ma mi nol so de seguro. E po' quel sior turinese nol vedo più. L'è un matto. L'è un zovenotto, che no gh'ha barba, e non gh'ha giudizio. Lassemolo andar; andemo alla posta per sto sior... (vuol partire ed incontra Beatrice) BEATRICE Bravissimo. Così mi aspetti? TRUFFALDINO Son qua, signor. V'aspetto ancora. BEATRICE E perché vieni a aspettarmi qui, e non nella strada dove ti ho detto? È un accidente, che ti abbia ritrovato. TRUFFALDINO Ho spasseggià un pochetto, perché me passasse la fame. BEATRICE Orsù, va' in questo momento alla barca del corriere. Fatti consegnare il mio baule, e portalo alla locanda di messer Brighella... BRIGHELLA Eccola là la mia locanda; nol pol falar. BEATRICE Bene dunque, sbrigati, che ti aspetto. TRUFFALDINO (Diavolo! In quella locanda!). (da sé) BEATRICE Tieni; nello stesso tempo anderai alla posta di Turino, e domanderai, se vi sono mie lettere. Anzi domanda, se vi sono lettere di Federigo Rasponi, e di Beatrice Rasponi. Aveva da venir meco anche mia sorella, e per un incomodo è restata in villa; qualche amica le potrebbe scrivere; guarda se ci sono lettere, o per lei, o per me. TRUFFALDINO (Mi no so quala far. Son l'omo più imbroià de sto mondo). (da sé) BRIGHELLA (Come aspettela lettere al so nome vero, e al so nome finto, se l'è partida segretamente?). (piano a Beatrice) BEATRICE (Ho lasciato ordine, che mi si scriva ad un servitor mio fedele, che amministra le cose della mia casa; non so con qual nome egli mi possa scrivere. Ma andiamo che con comodo vi narrerò ogni cosa). (piano a Brighella) Spicciati, va' alla posta, e va' alla corriera. Prendi le lettere, fa' portar il baule nella locanda, ti aspetto. (entra nella locanda) TRUFFALDINO Sì vu el patron della locanda? (a Brighella) BRIGHELLA Sì ben, son mi. Portève ben, e non ve dubitè che ve farò magnar ben. (entra nella locanda) Scena decima Truffaldino, poi Silvio TRUFFALDINO Oh bella! Ghe n'è tanti, che cerca un padron, e mi ghe n'ho trovà do. Come diavol òia da far? Tutti do no li posso servir. No? E perché no? No la saria una bella cossa servirli tutti do, e guadagnar do salari, e magnar el doppio? La saria bella, se no i se accorzesse. E se i se ne accorze, cossa perd'io? Gnente. Se uno me manda via, resto con quell'altro. Da galantomo, che me vòi provar. Se la durasse anca un dì solo, me vòi provar. Alla fin averò sempre fatto una bella cossa. Animo; andemo alla posta per tutti do. (incamminandosi) SILVIO (Questi è il servo di Federigo Rasponi). Galantuomo. (a Truffaldino) TRUFFALDINO Signor. SILVIO Dov'è il vostro padrone? TRUFFALDINO El me padron? L'è là in quella locanda. SILVIO Andate subito dal vostro padrone, ditegli, ch'io gli voglio parlare, s'è uomo d'onore, venga giù; ch'io l'attendo. TRUFFALDINO Ma caro signor... SILVIO Andate subito. (con voce alta) TRUFFALDINO Ma la sappia, che el me padron... SILVIO Meno repliche, giuro al Cielo. TRUFFALDINO Ma qualo ha da vegnir?.. SILVIO Subito, o ti bastono. TRUFFALDINO (No so gnente; manderò el primo, che troverò). (entra nella locanda) Scena undicesima Silvio, poi Florindo e Truffaldino SILVIO No, non sarà mai vero, ch'io soffra vedermi innanzi agli occhi un rivale. Se Federigo scampò la vita una volta, non gli succederà sempre la stessa sorte. O ha da rinunziare ogni pretensione sopra Clarice, o l'avrà da far meco... Esce altra gente dalla locanda. Non vorrei essere disturbato. (si ritira dalla parte opposta) TRUFFALDINO Ecco là quel sior, che butta fogo da tutte le bande. (accenna Silvio a Florindo) FLORINDO Io non lo conosco. Che cosa vuole da me? (a Truffaldino) TRUFFALDINO Mi no so gnente. Vado a tòr le lettere; con so bona grazia. (No voggio impegni). (da sé, e parte) SILVIO (E Federigo non viene). (da sé) FLORINDO (Voglio chiarirmi della verità). (da sé) Signore, siete voi, che mi avete domandato? (a Silvio) SILVIO Io? Non ho nemmeno l'onor di conoscevi. FLORINDO Eppure quel servitore, che ora di qui è partito, mi ha detto, che con voce imperiosa, e con minaccie avete preteso di provocarmi. SILVIO Colui m'intese male, dissi, che parlar volevo al di lui padrone. FLORINDO Bene; io sono il di lui padrone. SILVIO Voi, il suo padrone? FLORINDO Senz'altro. Egli sta al mio servizio. SILVIO Perdonate dunque; o il vostro servitore è simile ad un altro, che ho veduto stamane, o egli serve qualche altra persona. FLORINDO Egli serve me; non ci pensate. SILVIO Quand'è così, torno a chiedervi scusa. FLORINDO Non vi è male. Degli equivoci ne nascon sempre. SILVIO Siete voi forestiere, signore? FLORINDO Turinese, a' vostri comandi. SILVIO Turinese appunto era quello, con cui desideravo sfogarmi. FLORINDO Se è mio paesano, può essere, ch'io lo conosca, e s'egli vi ha disgustato, m'impiegherò volentieri per le vostre giuste soddisfazioni. SILVIO Conoscete voi un certo Federigo Rasponi? FLORINDO Ah! l'ho conosciuto pur troppo. SILVIO Pretende egli per una parola avuta dal padre togliere a me una sposa, che questa mane mi ha giurato la fede. FLORINDO Non dubitate, amico, Federigo Rasponi non può involarvi la sposa. Egli è morto. SILVIO Sì, tutti credevano, ch'ei fosse morto; ma stamane giunse vivo, e sano in Venezia per mio malanno, per mia disperazione. FLORINDO Signore, voi mi fate rimaner di sasso. SILVIO Ma! ci sono rimasto anch'io. FLORINDO Federigo Rasponi vi assicuro, che è morto. SILVIO Federigo Rasponi vi assicuro, che è vivo. FLORINDO Badate bene, che v'ingannerete. SILVIO Il signor Pantalone de' Bisognosi, padre della ragazza, ha fatto tutte le possibili diligenze per assicuarsene, ed ha certissime prove, che sia egli proprio in persona. FLORINDO (Dunque non restò ucciso, come tutti credettero nella rissa!) (da sé) SILVIO O egli, o io abbiamo da rinunziare agli amori di Clarice, o alla vita. FLORINDO (Qui Federigo? Fuggo dalla giustizia, e mi trovo a fronte il nemico!). (da sé) SILVIO È molto, che voi non lo abbiate veduto. Doveva alloggiare in codesta locanda. FLORINDO Non l'ho veduto; qui m'hanno detto, che non vi era forestiere nessuno. SILVIO Avrà cambiato pensiere. Signore, scusate, se vi ho importunato. Se lo vedete, ditegli, che per suo meglio, abbandoni l'idea di cotali nozze. Silvio Lombardi è il mio nome; avrò l'onore di riverirvi. FLORINDO Gradirò sommamente la vostra amicizia. (Resto pieno di

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