Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni pagina 6

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confusione). (da sé) SILVIO Il vostro nome, in grazia, poss'io saperlo? FLORINDO (Non vo' scoprirmi). (da sé) Orazio Ardenti per obbedirvi. SILVIO Signor Orazio, sono a' vostri comandi. (parte) Scena dodicesima Florindo solo. FLORINDO Come può darsi, che una stoccata, che lo passò dal petto alle reni non l'abbia ucciso? Lo vidi pure io stesso disteso al suolo involto nel proprio sangue. Intesi dire, che spirato egli era sul colpo. Pure potrebbe darsi, che morto non fosse. Il ferro toccato non lo averà nelle parti vitali. L'avranno colto nel fianco, e avran creduto d'averlo colto nel petto. La confusione fa travedere. L'esser io fuggito di Turino subito dopo il fatto, che a me per la inimicizia nostra venne imputato, non mi ha lasciato luogo a rilevare la verità. Dunque, giacché non è morto, sarà meglio ch'io ritorni a Turino, ch'io vada a consolare la mia diletta Beatrice; che vive forse penando, e piagne per la mia lontananza. Scena tredicesima Truffaldino con un altro Facchino che porta il baule di Beatrice, e detto. Truffaldino s'avanza alcuni passi col Facchino, poi accorgendosi di Florindo e dubitando esser veduto, fa ritirare il Facchino. TRUFFALDINO Andemo con mi... Oh diavol! L'è qua quest'alter padron. Retirete camerada, e aspettème su quel canton. (il Facchino si ritira) FLORINDO (Sì, senz'altro. Ritornerò a Turino). (da sé) TRUFFALDINO Son qua, signor... FLORINDO Truffaldino, vuoi venir a Turino con me? TRUFFALDINO Quando? FLORINDO Ora; subito. TRUFFALDINO Senza disnar? FLORINDO No, si pranzerà, e poi ce n'anderemo. TRUFFALDINO Benissimo; disnando, ghe penserò. FLORINDO Sei stato alla posta? TRUFFALDINO Signor sì. FLORINDO Hai trovato mie lettere? TRUFFALDINO Ghe n'ho trovà. FLORINDO Dove sono? TRUFFALDINO Adesso, le troverò. (tira fuori di tasca tre lettere) (Oh diavolo! Ho confuso quelle de un patron con quelle dell'altro. Come faroio a trovar fora le soe? Mi no so lezer). (da sé) FLORINDO Animo; da' qui le mie lettere. TRUFFALDINO Adesso, signor. (Son imbroiado). (da sé) Ghe dirò, signor; ste tre lettere, no le vien tutte a V.S. Ho trovà un servitor che me cognosse, che semo stadi a servir a Bergamo insieme; gh'ho dit, che andava alla posta, e el m'ha pregà, che veda se gh'era niente per el so padron. Me par che ghe ne fusse una, ma no la conosso più; non so quala, che la sia. FLORINDO Lascia vedere a me; prenderò le mie e l'altra te la renderò. TRUFFALDINO Tolì, pur. Me preme de servir l'amigo. FLORINDO (Che vedo? Una lettera diretta a Beatrice Rasponi? A Beatrice Rasponi in Venezia!) (da sé) TRUFFALDINO L'avì trovada quella del me camerada? FLORINDO Chi è questo tuo camerata, che ti ha dato una tale incombenza? TRUFFALDINO L'è un servitor... che gh'ha nome Pasqual. FLORINDO Chi serve costui? TRUFFALDINO Mi no lo so, signor. FLORINDO Ma se ti ha detto di cercar le lettere del suo padrone, ti avrà dato il nome. TRUFFALDINO Naturalmente. (L'imbroio cresse). (da sé) FLORINDO Ebbene, che nome ti ha dato? TRUFFALDINO No me l'arrecordo. FLORINDO Come!... TRUFFALDINO El me l'ha scritto su un pezzo de carta. FLORINDO E dov'è la carta? TRUFFALDINO L'ho lassada alla posta. FLORINDO (Io sono in un mare di confusioni). (da sé) TRUFFALDINO (Me vado inzegnando alla meio). (da sé) FLORINDO Dove sta di casa questo Pasquale? TRUFFALDINO Non lo so, in verità. FLORINDO Come potrai recapitargli la lettera? TRUFFALDINO El m'ha dito, che se vederemo in piazza FLORINDO (Io non so, che pensare). (da sé) TRUFFALDINO (Se la porto fora netta, l'è un miracolo). (da sé) La me favorissa quella lettera, che vederò de trovarlo. FLORINDO No; questa lettera voglio aprirla. TRUFFALDINO Oibò; no la fazza sta cossa. La sa pur, che pena gh'è a avrir le lettere. FLORINDO Tant'è, questa lettera m'interessa troppo. È diretta a persona, che mi appartiene per qualche titolo. Senza scrupolo la posso aprire. (l'apre) TRUFFALDINO (Schiavo, siori. El l'ha fatta). (da sé) FLORINDO (Legge) Illustrissima signora padrona. La di lei partenza da questa città ha dato motivo di discorrere a tutto il paese; e tutti capiscono, ch'ella abbia fatto tale risoluzione per seguitare il signor Florindo. La Corte ha penetrato, ch'ella sia fuggita in abito da uomo, e non lascia di far diligenze per rintracciarla, e farla arrestare. Io non ho spedito la presente da questa posta di Torino per Venezia a dirittura, per non iscoprire il paese, dove ella mi ha confidato, che pensava portarsi ma l'ho inviata ad un amico di Genova, perché poi di là la trasmettesse a Venezia. Se avrò novità di rimarco, non lascerò di comunicargliele collo stesso metodo, e umilmente mi rassegno. Umilissimo e fedelissimo servitore Tognin della Doira. TRUFFALDINO (Che bell'azion! Lezer i fatti d'i altri!). (da sé) FLORINDO (Che intesi mai? Che lessi? Beatrice partita di casa sua? in abito d'uomo? per venire in traccia di me? Ella mi ama davvero. Volesse il Cielo, che io la ritrovassi in Venezia!). (da sé) Va', caro Truffaldino, usa ogni diligenza per ritrovare Pasquale; procura di ricavare da lui chi sia il suo padrone, se uomo, se donna. Rileva dove sia alloggiato, e se puoi, conducilo qui da me, che a te, e a lui darò una mancia assai generosa. TRUFFALDINO Dème la lettera; procurerò de trovarlo. FLORINDO Eccola; mi raccomando a te. Questa cosa mi preme infinitamente. TRUFFALDINO Ma ghe l'ho da dar cusì averta? FLORINDO Digli, che è stato un equivoco, un accidente. Non mi trovare difficoltà. TRUFFALDINO E a Turin, se va più per adesso? FLORINDO No, non si va più per ora. Non perder tempo. Procura di ritrovar Pasquale. (Beatrice in Venezia, Federigo in Venezia. Se la trova il fratello, misera lei; farò io tutte le diligenze possibili per rinvenirla). (da sé, e parte) Scena quattordicesima Truffaldino solo, poi il Facchino col baule. TRUFFALDINO Ho gusto da galantomo, che no se vada via. Ho volontà de veder come me riesce sti do servizi. Vòi provar la me abilità. Sta lettera, che va a st'alter me padron, me despias de averghela da portar averta. M'inzegnerò de piegarla. (fa varie piegature cattive) Adess mo bisogneria bollarla. Se savess come far! Ho vist la me siora nona, che delle volte la bollava le lettere col pan mastegà. Voio provar. (tira fuori di tasca un pezzetto di pane) Me despiase consumar sto tantin de pan; ma ghe vol pazienzia. (mastica un po' di pane per sigillare la lettera, ma non volendo l'inghiotte) Oh diavolo! L'è andà zo. Bisogna mastegarghene un altro boccon. (fa lo stesso e l'inghiotte) Non gh'è remedio; la natura repugna. Me proverò un'altra volta. (mastica, come sopra. Vorrebbe inghiottir il pane, ma si trattiene, e con gran fatica se lo leva di bocca) Oh, l'è vegnù. Bollerò la lettera. (la sigilla col pane) Me par, che la staga ben. Nol doverìa accorzesene, che l'è stada averta. Gran mi per far le cosse pulito! Oh no m'arrecordava più del facchin. Camerada, vegnì avanti, tolì su el baul. (verso la scena) FACCHINO (Col baule in spalla) Son qua; dove l'avemio da portar? TRUFFALDINO Portel in quella locanda, che adess vegno anca mi. FACCHINO E chi pagherà? Scena quindicesima Beatrice, che esce dalla locanda, e detti. BEATRICE È questo il mio baule? (a Truffaldino) TRUFFALDINO Signor sì. BEATRICE Portatelo nella mia camera. (al Facchino) FACCHINO Qual èla la so camera? BEATRICE Domandatelo al cameriere. FACCHINO Semo d'accordo trenta soldi. BEATRICE Andate, che vi pagherò. FACCHINO Che la fazza presto. BEATRICE Non mi seccate. FACCHINO Adessadesso ghe butto el baul in mezzo alla strada. (entra nella locanda) TRUFFALDINO Gran persone gentili, che son sti facchini! BEATRICE Sei stato alla posta? TRUFFALDINO Signor sì. BEATRICE Lettere mie ve ne sono? TRUFFALDINO Ghe n'era una de vostra sorella. BEATRICE Bene, dov'è? TRUFFALDINO Eccola qua. (le dà la lettera)

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Argomenti: tasca tre,    beatrice partita

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