Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni pagina 15

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vece del mio? TRUFFALDINO (Oh questo l'è ancora più fin). (da sé) Ghe dirò, l'è poc tempo, che l'è mio, e cusì subito no lo conosso. BEATRICE E dove hai avuto tu questo libro? TRUFFALDINO Ho servido un padron a Venezia, che è morto, e ho eredità sto libro. BEATRICE Quanto tempo è? TRUFFALDINO Che soia mi? Dies, o dodese zorni. BEATRICE Come può darsi, se io ti ho ritrovato a Verona? TRUFFALDINO Giust allora vegniva via da Venezia per la morte del me padron. BEATRICE (Misera me!) (da sé) Questo tuo padrone aveva nome Florindo? TRUFFALDINO Sior sì, Florindo. BEATRICE Di famiglia Aretusi? TRUFFALDINO Giusto Aretusi. BEATRICE Ed è morto sicuramente? TRUFFALDINO Sicurissimamente. BEATRICE Di che male è egli morto? Dove è stato sepolto? TRUFFALDINO L'è cascà in canal, el s'ha negà, e nol s'ha più visto. BEATRICE Oh me infelice! Morto è Florindo, morto è il mio bene, morta è l'unica mia speranza. A che ora mi serve questa inutile vita, se morto è quello, per cui unicamente viveva? Oh vane lusinghe! Oh cure gettate al vento! Infelici strattagemmi d'amore! Lascio la patria, abbandono i parenti, vesto spoglie virili, mi avventuro a' pericoli, azzardo la vita istessa, tutto fo per Florindo, e il mio Florindo è morto. Sventurata Beatrice! Era poco la perdita del fratello, se non ti si aggiungeva quella ancor dello sposo? Alla morte di Federigo volle il Cielo, che succedesse quella ancor di Florindo. Ma se io fui la cagione delle morti loro, se io sono la rea, perché contro di me non s'arma il Cielo a vendetta? Inutile è il pianto, vane son le querele, Florindo è morto. Itene al suolo inutili spoglie, menzognere divise. Oimè! Il dolore mi opprime. Più non veggo la luce. Idolo mio, caro sposo, ti seguirò disperata. (parte smaniosa, ed entra nella sua camera) PANTALONE (Inteso con ammirazione tutto il discorso, e la disperazione di Beatrice) Truffaldino! TRUFFALDINO Sior Pantalon! PANTALONE Donna! TRUFFALDINO Femmena! PANTALONE Oh che caso! TRUFFALDINO Oh che maraveia! PANTALONE Mi testo confuso. TRUFFALDINO Mi son incantà. PANTALONE Ghe io vago a dir a mia fia. (parte) TRUFFALDINO Non so più servitor de do patroni, ma de un patron, e de una patrona. (parte) Scena quarta Strada colla locanda. Dottore, poi Pantalone dalla locanda. DOTTORE Non mi posso dar pace di questo vecchiaccio di Pantalone. Più che ci penso, più mi salta la bile. PANTALONE Dottor caro, ve reverisso. (con allegria) DOTTORE Mi maraviglio, che abbiate anche tanto ardire di salutarmi. PANTALONE V'ho da dar una nova. Sappiè... DOTTORE Volete forse dirmi, che avete fatto le nozze? Non me n'importa un fico. PANTALONE No xè vero gnente. Lassème parlar in vostra malora. DOTTORE Parlate, che il canchero vi mangi. PANTALONE (Adessadesso me vien voggia de dottorarlo a pugni). (da sé) Mia fia, se volè, la sarà muggier de vostro fio. DOTTORE Obbligatissimo, non v'incomodate. Mio figlio non è di sì buono stomaco; non vuole gli avanzi di nessuno. Datela al signor turinese. PANTALONE Co saverè chi xè quel turinese, no dirè cusì. DOTTORE Sia chi essersi voglia. Vostra figlia è stata veduta con lui, et hoc sufficit. PANTALONE Ma no xè vero, che el sia... DOTTORE Non voglio sentir altro. PANTALONE Se no me ascolterè, sarà pezo per vu. DOTTORE Lo vedremo per chi sarà peggio. PANTALONE Mia fia la xè una putta onorata; e quella... DOTTORE Il diavolo che vi porti. PANTALONE Che ve strascina. DOTTORE Vecchio senza parola, e senza riputazione. (parte) Scena quinta Pantalone e poi Silvio PANTALONE Siestu maledetto. El xè una bestia vestìo da omo costù. Gh'òggio mai podesto dir, che quella xè una donna? Mo, sior no, nol vol lassar parlar. Ma xè qua quel spuzzetta de so fio; m'aspetto qualche altra insolenza. SILVIO (Ecco Pantalone. Mi sento tentato di cacciargli la spada nel petto). (da sé) PANTALONE Sior Silvio, con so bona grazia, averave da darghe una bona niova, se la se degnasse de lassarme parlar, e che no la fusse, come quella masena da molin de so sior pare. SILVIO Che avete a dirmi? Parlate. PANTALONE La sappia, che el matrimonio de mia fia co sior Federigo xè andà a monte. SILVIO È vero? Non m'ingannate? PANTALONE Ghe digo la verità, e se la xè più de quell'umor, mia fia xè pronta a darghe la man. SILVIO Oh Cielo! Voi mi ritornate da morte a vita. PANTALONE (Via, via, nol xè tanto bestia, come so pare). (da sé) SILVIO Ma! oh Cieli! Come potrò stringere al seno colei, che con un altro sposo ha lungamente parlato? PANTALONE Alle curte. Federigo Rasponi xè doventà Beatrice so sorella. SILVIO Come! Io non vi capisco. PANTALONE Sè ben duro de legname. Quel, che se credeva Federigo, s'ha scoverto per Beatrice. SILVIO Vestita da uomo? PANTALONE Vestia da omo. SILVIO Ora la capisco. PANTALONE Alle tante. SILVIO Come andò? Raccontatemi. PANTALONE Andemo in casa. Mia fia non sa gnente. Con un racconto solo soddisferò tutti do. SILVIO Vi seguo, e vi domando umilmente perdono, se trasportato dalla passione... PANTALONE A monte; ve compatisso. So cossa, che xè amor. Andemo, fio mio, vegnì con mi. (parte) SILVIO Chi più felice è di me? Qual cuore può esser più contento del mio? (parte con Pantalone) Scena sesta Sala della locanda con varie porte. Beatrice e Florindo escono ambidue dalle loro camere con un ferro alla mano, in atto di volersi uccidere: trattenuti quella da Brighella, e questi dal CAMERIERE della locanda; e s'avanzano in modo che i due amanti non si vedono fra di loro. BRIGHELLA La se fermi. (afferrando la mano a Beatrice) BEATRICE Lasciatemi per carità. (si sforza per liberarsi da Brighella) CAMERIERI Questa è una disperazione. (a Florindo, trattenendolo) FLORINDO Andate al diavolo. (si scioglie dal Cameriere) BEATRICE Non vi riuscirà d'impedirmi. (si allontana da Brighella. Tutti due s'avanzano, determinati di volersi uccidere, e vedendosi e riconoscendosi, rimangono istupiditi) FLORINDO Che vedo! BEATRICE Florindo! FLORINDO Beatrice! BEATRICE Siete in vita? FLORINDO Voi pur vivete? BEATRICE Oh sorte! FLORINDO Oh anima mia! (si lasciano cadere i ferri, e si abbracciano) BRIGHELLA Tolè su quel sangue, che nol vada de mal. (al Cameriere scherzando, e parte) CAMERIERI (Almeno voglio avanzare questi coltelli. Non glieli do più). (prende i coltelli da terra, e parte) Scena settima Beatrice, Florindo, poi Brighella FLORINDO Qual motivo vi aveva ridotta a tale disperazione? BEATRICE Una falsa novella della vostra morte. FLORINDO Chi fu che vi fece credere la mia morte? BEATRICE Il mio servitore. FLORINDO Ed il mio parimente mi fece credere voi estinta, e trasportato da egual dolore volea privarmi di vita. BEATRICE Questo libro fu cagion, ch'io gli prestai fede. FLORINDO Questo libro era nel mio baule. Come passò nelle vostre mani? Ah sì, vi sarà pervenuto come nelle tasche del mio vestito ritrovai il mio ritratto; ecco Il mio ritratto, ch'io diedi a voi in Turino. BEATRICE Quei ribaldi de' nostri servi, sa il Cielo che cosa avranno fatto. Essi sono stati la causa del nostro dolore, e della nostra disperazione. FLORINDO Cento favole il mio mi ha raccontato di voi. BEATRICE Ed altrettante ne ho io di voi dal servo mio tollerate. FLORINDO E dove sono costoro? BEATRICE Più non si vedono. FLORINDO Cerchiamo di loro, e confrontiamo la verità. Chi è di là? Non vi è nessuno? (chiama) BRIGHELLA La comandi. FLORINDO I nostri servidori dove son eglino? BRIGHELLA Mi no lo so, signor. I se pol cercar. FLORINDO Procurate di ritrovarli, e mandateli qui da noi. BRIGHELLA Mi no ghe ne conosso altro, che uno; lo dirò ai camerieri; lori li cognosserà tutti do. Me rallegro con lori, che i abbia fatt una morte cusì dolce, se i se volesse far sepelir; che i vada altrove, che qua no i stà ben. Servitor de lor signori. (parte) Scena ottava

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