Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni pagina 6

Testo di pubblico dominio

ROSAURA (Ho piacer d'imparare; anch'io a Castell'a Mare farò così) (da sé). BEATRICE Conte mio, vi siete preso un incomodo, che lo potevate risparmiare. L'errore non consisteva nella vostra sedia, ma nella mia. Il sole di quella finestra mi offende la vista. LELIO (Ho capito). Permettetemi ch'io vi rimedi (s'alza; fa alzare Beatrice, e porta la di lei sedia in distanza di Rosaura colla spalliera verso la finestra, cosicché viene a restare in faccia a Rosaura nel primo luogo della camera d'udienza). BEATRICE (Conte, se l'ho da condurre alla conversazione delle dame, insegnatele qualche cosa) (piano al Conte, e siede). ROSAURA (Questa poi non l'intendo) (piano al Conte). LELIO (Quello è il primo luogo. Nella camera d'udienza, sempre la persona, che si riceve, va collocata in faccia la padrona di casa, e in faccia alla porta, o almeno di fianco) (piano a Rosaura). ROSAURA (Anche questa è buona per Castell'a Mare) (da sé). LELIO Su via, signore mie, diciamo qualche cosa di bello (torna a portare la sua sedia vicino a Rosaura, e gira alquanto quella di essa Rosaura, acciò resti in faccia alla Contessa Beatrice). BEATRICE E così, signora Rosaura, come vi piace la città di Palermo? ROSAURA Non posso dirlo, perché non l'ho ancora veduta. BEATRICE Quant'è, che ci siete? ROSAURA Saranno otto giorni. BEATRICE In otto giorni, sarete stata in qualche luogo. ROSAURA Non sono uscita di casa, altro che una volta sola. BEATRICE Per qual ragione? ROSAURA Per non aver avuto una dama, che mi favorisse. BEATRICE (Che pretensione ridicola!) E partirete di Palermo senza vederlo? ROSAURA Spero che la signora Contessa mi onorerà della sua compagnia. BEATRICE Conte, che ora abbiamo? LELIO Non lo so davvero; il mio orologio va male; voi che venite ora di fuori, potreste saperlo meglio di me (a Beatrice). BEATRICE Ma pure, che ora direste voi, che fosse? LELIO Signora Rosaura, dite voi la vostra opinione. ROSAURA Io dico, che saranno sedici ore. BEATRICE Ed io dico, che saranno diciassette. ROSAURA Quando la signora Contessa lo dice, sarà così. LELIO (Oh diavolo! E la scommessa?) (piano a Rosaura). ROSAURA (È vero, non ci ho pensato). Signora Contessa, io scommetto che sono sedici ore. BEATRICE O sedici, o diciassette non ci penso. Ma è ora che vi levi l'incomodo, e me ne vada (sostenuta). LELIO (Sentite? Se l'ha avuto per male) (piano a Rosaura). ROSAURA (È molto puntigliosa!) (piano a Lelio) LELIO (Eppure è delle più correnti, e facili, che vi sieno) (piano a Rosaura). BEATRICE A mezzogiorno devo esser a casa, ove alcune dame saranno per favorirmi. LELIO A che ora suona il mezzogiorno? BEATRICE Alle diciassette. LELIO (Dite alle diciotto) (piano a Rosaura). ROSAURA Perdoni, signora Contessa, ella s'inganna; il mezzogiorno suona alle diciotto. BEATRICE Lo volete insegnare a me? Suona alle diciassette. LELIO (Ora è il tempo) (piano a Rosaura). ROSAURA Scommetto che suona alle diciotto. BEATRICE Scommetto, che suona alle diciassette. LELIO Animo, che cosa volete scommettere, signore mie? BEATRICE Tutto quello, che vuole la signora Rosaura. ROSAURA Scommetto cento doppie. BEATRICE Doppie di Spagna? ROSAURA Vi s'intende. BEATRICE Benissimo. Accetto la scommessa. Cento doppie di Spagna, che mezzogiorno suona alle diciassette. ROSAURA Che suona alle diciotto. BEATRICE Ma chi deciderà la scommessa? LELIO Io, signore, se vi contentate. Ecco un giornale veridico, ed accreditato. Ecco qui: Tavola del mezzogiorno: undici Aprile, a ore diciassette. Signora donna Rosaura, avete perduto la scommessa. BEATRICE Ho vinto, ho vinto (con allegria). ROSAURA Benissimo, ed io sono pronta a pagare. Ecco, signora Contessa, una borsa con cento doppie di Spagna. Contatele se ne avete dubbio. BEATRICE Mi maraviglio. Mi fido di voi. LELIO (Anche questa è andata bene, che non credevo) (da sé). BEATRICE Il mezzogiorno dunque suona alle ore diciassette; ma presentemente, che ora sarà? ROSAURA Io direi, che fossero sedici. BEATRICE Ed io scommetto, che sono diciassette. ROSAURA Signora Contessa, siete troppo brava; con voi non scommetto più. (Ne piglierebbe altre cento) (da sé). BEATRICE Orsù; volete venire con me? (a Rosaura). ROSAURA Dove? BEATRICE A casa mia, dove vi saranno quattro, o cinque dame invitate unicamente per voi. ROSAURA Riceverò volentieri le vostre grazie. Ma prima, se vi contentate, beviamo la cioccolata. Chi è di là? (chiama). Scena settima Arlecchino, e detti, poi Brighella. ARLECCHINO Comandar. ROSAURA Porta la cioccolata. ARLECCHINO Subito servir (in atto di partire). BEATRICE Che grazioso moretto! ARLECCHINO Mi star graziosa moretta, e ti star galanta bianchetta (a Beatrice). BEATRICE Come ti chiami? ARLECCHINO Mi chiamar con bocca. ROSAURA Va' via di qua, impertinente. LELIO Lasciatelo dire, che la Contessa avrà piacere. È il più caro moro del mondo. ARLECCHINO Per ti star cara (a Lelio). LELIO Per me sei caro? Perché? ARLECCHINO Perché non aver quattrini, per mi comprar. BEATRICE Bravo moretto, bravo! ARLECCHINO Oh cara! Quanto star bella! Mi voler bena. Mi, se ti voler, far razza mezza bianca, e mezza mora (a Beatrice). ROSAURA Va' via, briccone. Porta la cioccolata. ARLECCHINO Per ti, e per ti portar cioccolata (a Rosaura, e Beatrice). E per ti polentina (a Lelio, e parte). LELIO È maledetto costui! BEATRICE Dove l'avete avuto? (a Rosaura) ROSAURA Vi dirò; questo è un moro, che quando fu preso, fu portato a Venezia, dove ha principiato a parlar italiano, e sentitelo, che dice quasi tutte parole veneziane corrotte. Egli poi venne in Sicilia sopra una nave, e piacendomi infinitamente il suo spirito, e le sue facezie, l'ho comprato dal capitano. BEATRICE Che nome ha? ROSAURA Perché è tanto burlevole, e giocoso; gli ho messo nome Arlecchino. LELIO Ma gli Arlecchini sono goffi, e costui è furbo come il diavolo. ROSAURA In oggi i buoni Arlecchini sono più spiritosi, che goffi. BRIGHELLA L'illustrissimo sior Conte Onofrio vorria riverirla (a Rosaura). BEATRICE Mio consorte (a Rosaura). ROSAURA Favorisca, è padrone. Presto, un'altra sedia. Lì lì, presso la signora Contessa (a Brighella). BEATRICE Che volete, ch'io faccia di mio marito vicino? ROSAURA Aspetta (a Brighella). (Dove l'abbiamo da mettere?) (piano a Lelio) LELIO (Appresso di voi) (piano a Rosaura). ROSAURA (Di sopra, o di sotto!) (come sopra) LELIO (Oh di sopra, di sopra!) ROSAURA Mettila qui (a Brighella). BRIGHELLA (Se i mi padroni i sta troppo qua, i deventa matti) (mette la sedia, e parte). BEATRICE (Questa povera donna è in una gran confusione) (da sé). Scena ottava Il conte Onofrio, e detti. ONOFRIO Schiavo di lor signori. LELIO Amico, vi son servo. ROSAURA Signor Conte posso bene annoverarmi fra le donne più fortunate, se vi degnate di onorar la mia casa coll'autorevole vostra presenza. ONOFRIO Oh garbata signorina! Chi è questa signora? (a Beatrice) BEATRICE Questa è la signora donna Rosaura, moglie del signor Florindo Aretusi di Castell'a Mare. ONOFRIO Mercante, non è vero? (a Rosaura) ROSAURA Fu mercante. ONOFRIO Ed ora, che cosa è? ROSAURA Vive del suo, signore. ONOFRIO Non si è ancora fatto nobile? ROSAURA Quanto prima, comprerà un titolo. ONOFRIO Se vuole il mio, glielo vendo (ridendo). BEATRICE Siete qui sempre colle vostre barzelette (al conte Onofrio). LELIO Il Conte Onofrio è sempre di buon umore. ONOFRIO Contessa, sono venuto ad avvisarvi, che la Contessa Eleonora, e la Contessa Clarice, col Conte Ottavio, sono a casa nostra, che vi aspettano. (Ditemi, avete bevuto la cioccolata?) (piano a Beatrice) BEATRICE (Or ora la portano). È molto tempo che ci sono? ONOFRIO Sarà mezz'ora. BEATRICE Signora donna Rosaura, queste due dame le ho fatte venire per voi; se volete, che andiamo, principierete a conoscere queste, e vi servirà

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