Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni pagina 2

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plebeo, siccome ancora gli Uomini di una nazione, da quelli di un'altra. Ogni regola è soggetta alle sue eccezioni; accordo ancor io, e la pratica lo dimostra, che la Natura scherzando, darà talvolta ad un Pastorello un 'immagine da Sovrano, ma per lo più si ravvisa il contrario, anzi, per meglio dire, la natura giustifica per lo più co i lineamenti del volto la nobiltà de i natali. Sia ciò derivato per ragion dell'educazione, che a poco per volta ha regolato la macchina in virtù degli abiti virtuosi, o sia per la natura de' cibi, che hanno resa più delicata la complessione, o per la qualità degli esercizi, che quanto men faticosi tanto più rendono gentile il corpo, e avvenente, certissima cosa è, che il nascere da genitori nobili è un maggior bene. Bene massimo egli è altresì cotesto, perché col sangue si traggono per lo più da' nobili Genitori le inclinazioni magnanime e generose, e sarà un bene singolarissimo anche per questo, perché gli Uomini lo rispettano, lo stimano e lo hanno in venerazione. Chi sa distinguere l'onesto contegno dalla vanità, e dalla superbia, può ricevere senza colpa gli omaggi degl'inferiori. Anzi non deve seco loro familiarizzarsi soverchiamente, ma proteggerli con amore, trattarli con dolcezza, e farsi rispettare beneficandoli. Se in Voi dunque ricercasi quella felicità, che dalla nobiltà del sangue deriva, a chi è ignota l'origine della Sovrana Casa de' Medici, da cui la vostra nobilissima è provenuta? Questo basta per provare la chiarezza de' vostri natali, la Croce invitta de' Cavalieri di Malta brilla mirabilmente sul vostro petto, e tutti quegli onori, che possono caratterizzare una famiglia illustre, nella vostra abbondantemente si trovano. Farei torto a chi per avventura leggesse questo mio foglio, volendone parlare distintamente, e vi vorrebbero dei Volumi pel farlo. A me basta poter concludere, che felicissimo siete rispetto alla nobiltà de' natali, che della felicità umana ho collocato nel quarto grado. Che cosa pensate Voi, ch'io voglia considerare nel quinto? La Ricchezza forse? No; non ancora. Permettetemi ch'io chiami felicità una cosa, la quale potrebbe da alcuni credersi una facezia, ed a me sembra un articolo molto essenziale. Considero dunque felicità umana il nascer Uomo e non Donna. Che dite Voi Gentilissimo Signor Cavaliere, parvi, che sia ragionevole il mio pensiero? La Donna è più gentile di noi, e anche più bella, se certa bellezza esposta agli occhi altrui si consideri, ella è da noi provveduta, servita, amata. Ma se cerchiam fra le Donne le più servite, le meglio amate evvi paragone veruno colla libertà nostra, colla nostra virile autorità, col dominio (però discreto), che Dio ci ha dato sopra di esse? Quella perpetua soggezione che soffrono è compensata bastantemente colle finezze, che da noi ricevono? Non parlo io già di quelle Donne, che hanno l'abilità di porsi gli Uomini sotto i piedi, e calpestando le leggi del loro sesso, vivono con una libertà, che eccederebbe anche il diritto degli Uomini, queste hanno poi de' peggiori mali, sono in discredito presso le persone onorate, si deridono nelle conversazioni e passano per cattiva erba nel giardino del Mondo. Parlo delle femmine oneste, delle femmine virtuose, possono essere più soggette di quel, che sono? Fanciulle, sotto l'austera disciplina de' Genitori. Congiunte, sotto quella, talvolta asprissima, de' Mariti. Vedove, soggette assai più alla critica, alle osservazioni del Mondo, alle leggi del buon costume. Le Religiose sarebbero le più felici, se volessero esserlo. Nell'angusto loro recinto sono meno soggette di quelle, che passeggiano per le strade, obbediscono è vero, ma sono anche in grado di comandare, e si obbediscono fra di loro per effetto di virtuosa rassegnazione, che rende amabile l'obbedienza. Ciò non ostante, trovo preferibile per troppe ragioni lo stato nostro, e credo felicità l'esser Uomo, ed io mi consolo di esserlo, e mi rallegro con Voi, che lo siate, e tanto più ho ragione di rallegrarmi, quanto che non solo siete Uomo per la virile essenza, ma lo siete col senno, colla prudenza e colle virtù robuste dell'animo. Il nascere in un buon Paese è un altro grado di felicità, che io considero in sesto luogo. Grandissima disavventura per mio giudicio è di coloro, che nascono in un Paese tiranno, in un Paese incolto, in un clima infelice. Chi nasce in Firenze, come Voi nato siete, nasce nel Giardino del Mondo, giacché l'Europa è la migliore delle sue quattro parti, e in questa ha il primo luogo l'Italia, e dell'Italia la bellissima parte è la Toscana tutta, e della Toscana la più vaga, la più deliziosa e l'inclita sua Capitale. Nulla manca a Firenze, per essere un soggiorno invidiabile. La situazione è amena, il clima è dolcissimo, le Vie spaziose, e piane, i magnifici Tempii, i sontuosi Palagi, le pubbliche grandiose Fabbriche, i Ponti, il Regal Fiume, le Gallerie stupende, le Biblioteche, le Statue, i Giardini, le amemssime Ville, i Teatri, i pubblici divertimenti son forti attrattive de' forestieri, che non solo vengono di lontano per vagheggiarla, ma lungamente vi si trattengono per goderla. E che dirò io della umanità, della cortesia de' gentilissimi Fiorentini? Questa è adorabile sopra tutto; questa ha colmato me pure di beneficenze, e di grazie, e se tanto si è usato meco, senza mento, e senza grado, convien dire, che benignissimi sian per natura, e a compatire, e a beneficare inclinati. Che più poteva io desiderare in questa Città famosa, Patria d'Uomini illustri, di felicissimi talenti a' giorni nostri ripiena? Accolte furono le mie Commedie da' Fiorentini, come se difettose non fossero, sofferte furono sulle Toscane Scene, ed acclamate ancora, indi alla luce mandandole per via dei Torchi, lo dirò a mia gloria, s'affollarono per averle Voi, Benignissimo Signor Cavaliere, Voi più di tutti compassionando le miserabili circostanze di un Uomo, condotto dalla disperazione ad arrischiare moltissimo, per la salvezza della propria riputazione, Voi mi deste animo, protezione, e consiglio, giungeste per fino ad esibirmi denaro, e sarei stato certo di ogni vostro soccorso, se Iddio Signore benedicendo le Opere mie, non mi avesse col frutto de miei sudori assistito. Non cesserò mai di lodar Voi, e di benedire la vostra Patria, e di considerar felicissimo chi in essa ha la fortuna di nascere, anche per un'altra ragione, non inferiore a quelle, delle quali ho parlato. Questa è la purgatissima Lingua, che vi si parla, mentre sceltissime sono le parole, graziosi gli adagi, e spiritosi i concetti. Quivi parlasi quella Lingua, che tanto difficilmente dagli stranieri si scrive, ed utilissimo studio credo io per un Uomo di lettere, trattenersi per qualche tempo in Firenze ad imparar dalle Balie e dalle Fantesche ciò, che altrove si mendica dal Bembo, dal Boccaccio, o dal la Crusca medesima. Ma già ben mi accorgo, che a troppo lunga faccenda impegnato mi sono esaminando i gradi della umana felicità. Altre circostanze importantissime mi rimangono dopo le sei da me alla meglio considerate, le quali non deggio io omettere, perché non credasi, o che io non le conosca, o che in Voi non si ritrovino. Le accennerò brevemente per non abusarmi della vostra umanissima tolleranza, e le rammenterò soltanto accennandole alla sfuggita. In settimo luogo, quel che rende l'Uomo felice è la Salute, senza la quale ogni altro bene di questa vita è un miserabile bene, e Voi, grazie all'Altissimo siete sano, e Dio vi faccia esser tale in tutti i giorni di vostra vita, che vi bramo lunghissima. Succede in ottavo grado alla salute del corpo quella dell'animo, se a quella del corpo non si voglia preferire; chiarezza di mente, prontezza di spinto, fecondità d'intelletto, sono segni evidenti di un animo sano, robusto, e vivace, che rende l'Uomo più facilmente felice Voi di ciò siete ben provveduto. Unir sapete alle applicazioni domestiche, dovute ad un ricchissimo Patrimonio, lo studio

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