Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni pagina 17

Testo di pubblico dominio

quei Cavalieri, che al festino mi hanno fatto l'affronto. PANTALONE Oh bella vendetta! Veramente eroica, e da omo de garbo! No me posso tegnir, bisogna che diga quel che sento, e la me cazza via se la vol, che la gh'à rason. Per un affronto recevudo dai patroni, far bastonar i servitori? Con che rason? Con che leze? Con che conscienza? Che colpa gh'à i servitori in tei mancamenti dei so patroni? A questo la ghe dixe risarcimento dell'offesa? A questo mi ghe digo ingiustizia, crudeltà, barbarità; ghe digo maltrattar l'innocente senza vendicarse dell'offensor. Ma po, se parleremo della vendetta, che razza de vendetta xè questa? Ghe vol assae a trovar quattr'omeni, che a sangue freddo bastona quella povera servitù. Sior Florindo caro, tutte pazzie, tutti inganni della fantasia, inganni dell'ambizion, che lusinga i omeni, e ghe dà da intender, che la vendetta più facile sia la più vera, e che per vendicarse del reo, sia lecito opprimer anca l'innocente. FLORINDO Ma dunque, signor Pantalone, che specie di vendetta mi consigliereste voi, che io facessi? PANTALONE Prima de tutto ghe dirò, che la vendetta non xè mai cossa lecita in nissun tempo, in nissun caso. Ma molto manco quando l'offesa provien da qualche principio, che giustifica l'offensor. Me spiego. L'uso de squasi tutti i paesi del mondo xè, che in te le conversazion, in te le reduzion, dove se raduna la nobiltà, no se ammetta chi no xè nobile. Mi no ghe digo adesso se sta usanza sia bona, o cattiva, perché no voggio intrar in t'una disputa de sta natura, ma ghe digo ben, che bisogna uniformarse al costume, e se la nobiltà, che xè garante de sto so privileggio, per mantegnirlo in osservanza, gh'à fatto un affronto, l'offesa no se pol dir prodotta da un'ingiustizia, ma più tosto cercada da chi l'ha recevuda. FLORINDO Dunque, da quel che dite, io ho torto. PANTALONE La gh'à torto siguro, a pretender quel che no se ghe convien. FLORINDO Il male l'ha fatto la Contessa Beatrice, la quale per cento doppie ha preso l'impegno d'introdurci nelle adunanze di nobiltà. PANTALONE Benissimo, el so risentimento la lo revolta contro la Contessa Beatrice. FLORINDO Per questo, voleva sfidare alla spada il Conte Onofrio suo marito. PANTALONE Coss'è sta spada? Coss'è sta spada? Anca ela xè de quei che crede, che un duello possa resarcir ogni offesa? Che una sfida sia bastante a render la reputazion a chi l'ha persa? Pregiudizi, errori, pazzie! Sàla come che la s'averia da vendicar in sto caso? Ghe dirò mi. Farse dar indrio le cento doppie, che i gh'à magnà. Star qualche zorno a Palermo; spender, goder, star allegramente con zente civil, e da par soo, senza curarse de andar colla nobiltà. Far veder che la cognosce el so dover, e buttar la broda adosso della Contessa Beatrice. Procurar de far servizio a qualche zentilomo, se la pol; reverirli tutti, e respettarli, senza desmestegarse. In sta maniera a poco alla volta tutti ghe correrà drio, e allora la poderà tornar a casa contento, e la poderà dir: no son stà in pubblico colle Dame, e coi Cavalieri, ma le Dame, e i Cavalieri m'ha fatto delle onestà, e delle finezze in privato. FLORINDO Questa è una cosa, che mi piace infinitamente; ma non so che cosa avrà risoluto mia moglie. PANTALONE Ma no la se lassa dominar dalla muggier. FLORINDO Sentirò la di lei intenzione: se sarà uniforme al vostro buon consiglio, l'approverò; quando no, cercherò d'impedirla. PANTALONE La fazza quel che ghe detta la so prudenza; mi no so più cossa dir. Son vecchio, xè tardi, vago a casa, e vago a dormir. Se la vol bezzi, la manda, se la va via, ghe auguro bon viazo, se la resta se vederemo doman. Ghe auguro la bona notte, bona salute, e la me permetta de dirghe, meggio condotta, e un poco più de giudizio (parte). FLORINDO Che buon vecchio è il signor Pantalone; mi ha veramente penetrato nell'animo. Non vorrei, che Brighella avesse già eseguito il mio ordine, e le bastonate a quei poveri servitori fossero corse. Anderò io stesso, e se sarò in tempo l'impedirò; vado, e torno in un momento, senza che mia moglie lo sappia (parte). Scena sesta Notte. Strada con porta del palazzo della contessa Eleonora. BRIGHELLA con quattro uomini intabarrati. BRIGHELLA M'avè inteso; un zecchinetto per uno, e bastonè tutti i servitori che vien fora de sto palazzo. BRAVO E se venissero a sei, a otto, e bastonassero noi? BRIGHELLA Usè prudenza. Tolèli coi vien a uno, a do alla volta. BRAVO Credo, che dopo il primo, non ne potremo aver altri. BRIGHELLA Fè quel che podè. Tolè i vostri bezzi, che mi no vòi altri fastidi. A revederse (parte). BRAVO Ritiriamoci dietro di questa casa, e aspettiamo che n'esca uno (si ritirano). Scena settima Arlecchino dal palazzo della contessa Eleonora, poi quattro uomini rimpiattati. ARLECCHINO Aver inteso, aver inteso. Star tutte dame palazzo. Andar subito dir patrona (escono li quattro uomini, e bastonano ben bene Arlecchino, sinché egli cade in terra, e poi partono). Ahi, aiuto, chi star? Chi me aiutar? No saver gnente. Lassar vita, lassar vita. Aimè star morto, star morto. Scena ottava Don Florindo, e detto. FLORINDO O Brighella non è ancora qui capitato, o l'ordine è già corso. Parmi veder un uomo disteso in terra. ARLECCHINO Star morto, star morto (con voce fioca). FLORINDO Fosse mai uno dei servitori, che ho fatto bastonare? Me ne dispiacerebbe infinitamente. ARLECCHINO Star morto, star morto (come sopra). FLORINDO Galantuomo, chi siete voi? ARLECCHINO Morto, morto. FLORINDO Moro, sei tu? ARLECCHINO No star moro, star morto. FLORINDO Oh povero sventurato! Dimmi, sei stato forse bastonato? ARLECCHINO Ahi, patron; povero moretto! Tanto tanto bastonar (s'alza un poco). FLORINDO Chi ti ha dato? ARLECCHINO Mi no saver. Ahi! brazzi tanto doler. FLORINDO Dove andavi? Da dove venivi? ARLECCHINO Esser vegnù de palazzo, e andar da padrona per risposta portar. Ahi, quanto doler! FLORINDO Ora capisco. È uscito dal palazzo della Contessa, gli uomini trovati da Brighella l'avranno creduto un servo dei Cavalieri, e lo hanno bastonato. Ecco il solito effetto della vendetta; cade sempre in danno del vendicatore. Levati povero moro, levati. ARLECCHINO No poder. FLORINDO Vieni qui, che t'aiuterò. ARLECCHINO Caro patron. Poveretto, moretto, tanto bastonar (s'alza). FLORINDO Andiamo, ti farò medicare. ARLECCHINO Maladetto, chi ha fatto mi bastonar, possa diavolo portar, chi fatto mi bastonar. Chi mi fatto bastonar, possa per boia impiccar (parte). FLORINDO Tutte queste imprecazioni vengono a me. Tutti gli innocenti oppressi gridano vendetta contro i loro oppressori (parte). Scena nona Stanze in casa della contessa Eleonora, con tavolini, lumi, e sedie. La contessa Eleonora, la contessa Clarice, il conte Ottavio. Cavalieri, e dame a sedere indietro giocando. CLARICE Può darsi temerità maggiore di questa? Una mercantessa sedere in mezzo di tante dame? ELEONORA E di più ballare il primo minuè? Principiar ella il ballo? CLARICE È una cosa che fa inorridire. Pare impossibile, che si dia un caso di questa sorta. OTTAVIO Circa il ballo è stato il ballerino, che ha mancato al suo dovere. CLARICE Meriterebbe colui, che gli si facessero romper le gambe, acciò non ballasse più. ELEONORA Io son capace di fargli fare questo servizio. OTTAVIO Gli fareste una bella burla. ELEONORA Pezzo d'asino! Non sa come si tratta! Il primo minuetto toccava a me. CLARICE O a voi, o a me (le dame che sono indietro ridono). ELEONORA Sentite quelle signorine; credo, che ridano di noi (a Clarice). CLARICE O di voi, o di me. OTTAVIO Eh che non ridono di alcuna di voi! (Or ora si attaccano fra di loro) (da sé). ELEONORA Ma di tutto è causa la Contessa Beatrice. CLARICE Veramente, la Contessa Beatrice, si è portata malissimo. ELEONORA Qualche gran cosa l'ha messa in quest'impegno. CLARICE Una raccomandazione di un gran ministro. ELEONORA

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Argomenti: sangue freddo,    solito effetto,    temerità maggiore

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