Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni pagina 15

Testo di pubblico dominio

l'ha fatto restar a Palermo. OTTAVIO Io dubito, che sua moglie voglia essere la sua rovina. PANTALONE No la saria una gran maraveggia, perché per el più le femmene, le xè la rovina delle fameggie. OTTAVIO Giacché voi siete amico di casa sua, voglio farvi una confidenza da uomo onesto. Sappiate che una dama si chiama offesa dalla signora Rosaura; questa sera si vedranno a una festa di ballo, e non vorrei le succedesse qualche disgrazia. PANTALONE Mi no so cossa dir. A sior don Florindo ghe voggio ben, e per elo faria de tutto; ma a casa soa son stà adesso, e nol ghe xè. Debotto xè notte, e mi no so dove andarlo a trovar: me sàla dir chi sia la dama offesa? OTTAVIO Ve la dirò in confidenza, ma non mi fate autore. È la Contessa Eleonora. PANTALONE Stemo freschi. So che muschietto che la xè. OTTAVIO Lo so ancor io pur troppo. PANTALONE La me perdona, se parlo con libertà. La sa de che umor stravagante, che la xè, e la la serve con tanta attenzion? OTTAVIO Che volete ch'io faccia? Ho principiato a servirla; son nell'impegno, e non so come fare a staccarmi. PANTALONE Gran cossa xè questa! I omeni i xè arrivai a un segno, che debotto no i gh'à de omo altro che el nome. Le donne le ghe comanda a bacchetta. Per le donne se fa tuto, e chi vol ottegnir qualche grazia, bisogna, che el se raccomanda a una donna. Da questo nasce, che le donne le alza i registri, e le se mette in testa de dominar. Le xè cosse che fa morir da rider andar in conversazion dove ghe xè donne coi Cavalieri serventi. Le sta là dure impietrie a farse adorar, chi ghe sospira intorno da una banda, chi se ghe inzenocchia dall'altra. Chi ghe sporze la sottocoppa: chi ghe tiol su da terra el fazzoletto. Chi ghe basa la man, chi le serve de brazzo. Chi ghe fa da secretario, chi da camerier, chi le perfumega, chi le sbruffa, chi le coccola, chi le segonda. E elle le se lo dise una con l'altra, le va d'accordo, le se cazza i omeni sotto i piè, el sesso trionfa, e i omeni se reduse schiavi in caéna, idolatri della bellezza, profanatori del so decoro, e scandolo della zoventù. OTTAVIO Signor Pantalone, per dir il vero, le vostre massime sono ottime, la vostra morale è molto giusta. PANTALONE Sàla quante volte, che ho fatto de ste lezion anca a sior don Florindo? Ma gnente, no i me ascolta. Onde xè meggio, che tasa, che lassa, che l'acqua corra per el so canal, e a chi ghe dol la testa so danno. Anderò a cercarlo, ghe dirò le parole, ma gnanca sta volta no farò gnente, perché el gh'à una muggier fatta sul gusto delle donne moderne. Volubile in tel ben, e ustinata in tel mal (parte). OTTAVIO Questi vecchi parlano bene, ma non si ascoltano. Conosco anch'io, che dice il vero, ma non trovo la via di seguitarlo. Ah sì! La nostra rovina sono i rispetti umani (parte). Scena diciottesima Sala per il ballo in casa della contessa Beatrice, con lumiere, e sedie, ed un tavolino in mezzo con varie candele di cera, ed una accesa. Il conte Onofrio, e Servitori che accomodano le candele. Suonatori per la festa. ONOFRIO Basta così; la sala è bene illuminata. (Queste sei candele le cambierò collo speziale in tanto zucchero) (parte colle sei candele, poi torna). SERVITORE (M'immagino, che all'ultimo si prenderà anche i moccoli) (da sé con rabbia). ONOFRIO Via, andate in cucina, preparate ogni cosa, che vogliono cenar presto. Vi raccomando quei cotornici. Dite al cuoco, che faccia con essi una buona zuppa (il servo parte). Vorrei, che di questi forestieri ne venisse uno alla settimana. Scena diciannovesima Brighella con un bacile di confettura sotto il tabarro, ed il conte ONOFRIO. BRIGHELLA Con buona grazia de Vusustrissima. ONOFRIO Venite, galantuomo. Che cosa avete là sotto? BRIGHELLA La padrona la prega perdonar la confidenza, che la se tol. La gh'à sto poco de confettura; e la ghe la manda, la se ne servirà stasera alla festa da ballo. ONOFRIO Benissimo; ha fatto benissimo. Lasciate vedere (prende due, o tre manciate di confetti). Andate, consegnate il bacile alla cameriera. BRIGHELLA (El gha dà la so castradina) (parte). ONOFRIO Questi sono buoni per divertirsi, mentre ballano. Scena ventesima Arlecchino con una guantiera con boccette di rinfreschi, ed uomini con sorbettiere, ed il conte ONOFRIO, poi la contessa Beatrice, ed il conte Lelio. ARLECCHINO Poder vegnir? ONOFRIO Venir, venir. Che cosa aver? ARLECCHINO Portar acqua, per refrescar. ONOFRIO Lassar veder (prende due boccette, e se le beve). ARLECCHINO Maledetto! E mai no crepar? ONOFRIO Tegnir, andar (ripone le due boccette sulla guantiera). ARLECCHINO Mi andar, e ti mandar (parte cogli uomini). ONOFRIO Quel vino di Canarie mi ha eccitato la sete. BEATRICE Ecco le dame, che principiano a venire. ONOFRIO Io me ne vado; e vi aspetto a cena (parte). BEATRICE Sonatori, principiate la sinfonia (suonatori suonano). Scena ventunesima LA CONTESSA CLARICE servita da un cavaliere, che non parla. Altre due dame, con due cavalieri che non parlano. Beatrice va a ricevere le due dame, le quali entrano, servite di braccio da' loro cavalieri. Entrati che sono, Beatrice fa seder le tre Dame in mezzo nel primo luogo. I Cavalieri siedono discorrendo fra di loro nelle sedie laterali. Lelio siede dall'altra parte, e Beatrice dopo aver fatto i suoi complimenti colle Dame, va a sedere vicino a Lelio, seguita la sinfonia, e frattanto arriva ROSAURA E FLORINDO. Beatrice s'alza, e va a riceverla, e la pone a sedere presso a Clarice, poi torna vicino a Lelio. Florindo va presso a' Cavalieri. Clarice colle due Dame salutano freddamente Rosaura, poi si parlano sottovoce fra di loro. Da lì a qualche poco Clarice s'alza, e va vicino a Beatrice, e finge parlare con lei; dopo le altre due Dame si alzano, e vanno vicino a Clarice, lasciano Rosaura sola, e parlano sottovoce con Clarice. Florindo s'alza, va per parlare con Rosaura, la quale arrabbiata lo scaccia, ed egli torna al suo posto. Arrivano La contessa ELEONORA, ed il conte OTTAVIO. Beatrice s'alza, la va ad incontrare, e la conduce per sedere presso Rosaura. Ella osserva intorno, e va a sedere in mezzo degli uomini, e resta Rosaura sola. Beatrice vedendo questo, va ella a sedere presso Rosaura parlandole piano, e Rosaura scuote il capo. Viene in sala Un BALLERINO, maestro di sala, e terminata la sinfonia, ordina a' sonatori il minuè. I sonatori sonano. Il ballerino per ordine di Beatrice va a prender Rosaura, e con essa balla il minuè. Frattanto che Rosaura balla, tutte le Dame a una per volta partono, e i Cavalieri seguitano le loro Dame. Lelio per arrestarle s'alza, e le seguita. Rosaura vedendo andar via la gente, prima di terminare il minuè, si rivolta a Beatrice, che va smaniando. I sonatori si fermano. ROSAURA Come? A me un affronto di questa sorta? (a Beatrice). BEATRICE L'affronto lo ricevo io, e lo ricevo per causa vostra. FLORINDO Andiamo, andiamo, me ne farò render conto (a Rosaura). BEATRICE Da chi ve ne farete render conto? FLORINDO Da quello scrocco di vostro marito. BEATRICE Sia maledetto, quando vi ho conosciuto. ROSAURA Da una dama della vostra sorta, nulla potevo sperar di meglio (parte). Scena ventiduesima La contessa Beatrice, poi il conte LELIO, poi il conte Onofrio. BEATRICE Un affronto alla mia casa? Come mai risarcirlo? Non si parlerà d'altro per i caffè. Sarò io la favola di Palermo. LELIO Son partite. Non vi è stato rimedio di trattenerle. BEATRICE E dove sono andate? LELIO Tutte in casa della Contessa Eleonora. BEATRICE Voglio andarvi ancor io. LELIO Non fate; vi rimedieremo. BEATRICE Voglio andarvi per assoluto. Se non volete venir voi, non m'importa (parte). LELIO Vi servirò, se così volete. ONOFRIO Che cosa c'è? (a Lelio). LELIO Perché la signora Rosaura ha ballato il primo minuè, tutte le dame, sono andate via (parte). ONOFRIO Non vi è altro male? Quando è all'ordine la cena, io non aspetto nessuno (parte). Atto terzo Scena prima Camera

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Argomenti: terzo scena,    aspetto nessuno

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