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L'Olimpia di Giambattista Della Porta pagina 5miserrimo e deperdito te, che chiami acquisizion d'altri la iattura di te medesimo! Rememora che quando pervenesti a Salerno non v'era giovine d'intelletto piú terso né di indole piú elegante di te. Sempre col Cantalicio e con lo Spicilegio alle mani; appena diceva: «arrige aures», che subito ti ponevi in ordine e aprivi le orecchie; non ti dava dettato cosí grande che non l'avessi capito e posto ben bene entro i meati dell'intelletto. Ed io vice versa tutto mi congratulava di tanta obedienza. Or piú non prezzi i fatti miei, «cepit te oblivio» d'ogni buon costume, e ti sei posto ad amplectere l'amor d'una donna. Odi Marone: «Varium et mutabile semper femina»; dove l'Ascensiano interprete enucleando quelle parole dice: «Femina nulla bona». Ella si ricorderá di te appunto come se non t'avesse conosciuto mai. Ma stimi che s'alcun formoso la chieda in copula matrimoniale, per amor tuo voglia giacer frigida nel lecto? LAMPRIDIO. Protodidascalo, non far questa ingiuria al bello animo suo, ch'io nol comporterò. PROTODIDASCALO. Ma penso fin ora ne sará fatto cerziore tuo padre Filastorgo—che è nome greco, «apò tû philin, apò tû astorgin», «ab amando filium», «che ti ama molto»;—onde o ti richiamerá a Roma overo un giorno tel vedrai: «Quem quaeritis? adsum»; ché non solo verrá qua equester o pedester ma navester ancora. LAMPRIDIO. Il fuoco d'amore si consuma piuttosto da se stesso col tempo che con ricordi o solleciti avedimenti: però andiamo a Capovana a trovar Giulio studente che conoscemmo in Salerno, ché quel certo mi rallegrará con alcuna buona novella di Olimpia mia. PROTODIDASCALO. Non ti ha scritto Giulio che Olimpia non voleva che tu fussi venuto a Napoli? e non ci fu detto nel diversorio che Olimpia si maritava con un certo capitano famigerato? LAMPRIDIO. È bugia, nol credere. PROTODIDASCALO. Niuno crede a quel che gli dispiace. Ma io mi dimentichi tutti i modi di dire ciceroniani e non possa finire il sesto di Virgilio che ho cominciato, se non ti succederá quel che ti dico; «obtestor deûm—pro 'deorum'—atque hominum fidem»! LAMPRIDIO. Questi che viene in qua non è Giulio quel nostro amico? SCENA II. GIULIO studente, LAMPRIDIO, PROTODIDASCALO. GIULIO. Se mal non veggio, questi mi par Lampridio; egli è desso. O Lampridio dolcissimo! LAMPRIDIO. O Giulio fratello, ché persona piú desiderata non arei potuto incontrar oggi! GIULIO. Dio vi salvi e vi dia mille buon giorni! LAMPRIDIO. Un solo basteria a farmi felice. GIULIO. Se soverchiano a voi siano per i vostri compagni; a voi, Protodidascalo. PROTODIDASCALO. Oh come optatissimo ti obietti agli occhi nostri! LAMPRIDIO. Che sai d'Olimpia mia? GIULIO. Rispondete al saluto prima e dite:—Dio vi aiuti e salvi!—e poi mi dimandate d'Olimpia. LAMPRIDIO. Come può mandarvi salute chi è privo d'ogni salute? GIULIO. Or dite come stiate. LAMPRIDIO. Dillomi tu, fratello, com'io stia, che lo sai meglio di me. GIULIO. Come? LAMPRIDIO. S'Olimpia m'ama io sto benissimo, se non m'ama io sto assai peggio che morto: non sai tu ch'ella è l'anima mia? non amandomi come potrei viver senz'anima? sarei un che vivesse morendo sempre. PROTODIDASCALO. Larva d'uomo. LAMPRIDIO. Lasciam questo: che sai d'Olimpia mia? GIULIO. Nulla di nuovo se non che venne a casa Mastica e mi pregò caldamente che vi scrivessi che per quanto amor portate ad Olimpia e se avete a caro il suo piacere, non foste venuto a Napoli per una cosa importantissima. LAMPRIDIO. Che cosa importantissima è questa? GIULIO. Non saprei. LAMPRIDIO. Che imaginate? GIULIO. Non saprei che imaginarmi. Parmi che sii contristato: sei tutto mutato di colore. PROTODIDASCALO. A questo nunzio oltre ogni suo cogitato dispiacevole, il freddo pavore di zelotipia ave invaso la fiamma comburenteli i precordi e l'ha fatto essangue e pieno di pallore. Segno di amore: «Palleat omnis amans», disse Nasone. LAMPRIDIO. Per dirti la veritá, non avendomi detto la cagione m'hai posto l'animo non so come in suspetto. GIULIO. Vuoi tu attristarti del male prima che sia? LAMPRIDIO. Par che l'animo se l'indovini. GIULIO. Forse è per ritornarne a Salerno di corto e vorrá ella istessa darti la nuova della sua venuta e risparmiarti questa fatica. LAMPRIDIO. Non mi quadra, mi batte l'occhio dritto; e mi fu referito nel viaggio che si maritava con non so chi capitano suo vicino. GIULIO. Io non so nulla di ciò: questa è la casa del capitano che dite, e questi che viene è suo servidore; volete che gli ne dimandi? Non rispondete? volgete l'animo a me. LAMPRIDIO. Non l'ho meco. GIULIO. Richiamalo a te. LAMPRIDIO. Non posso, sta in gran tempesta, ondeggia. Ridillo, che non t'ho inteso. GIULIO. Vuoi ch'io ne dimandi questo servo? LAMPRIDIO. Me ne faresti piacere. GIULIO. E vedrai quanto t'è stato detto tutto esser bugia. PROTODIDASCALO. Festina i celeri passi, vien alacre, baiula un simposio sive un convivio intiero, ch'è infausto augurio per voi. Vi son colombe, animal di Venere: dinota coniugio. Lampridi Lampridi, timeo actum esse de te. SCENA III. SQUADRA, PROTODIDASCALO, GIULIO, LAMPRIDIO. SQUADRA. Sia benedetto Idio che siamo usciti di tanti «voglio e non voglio» e «che si facevano e che non si facevano»; ché al fin s'è voluto e si fanno queste nozze. PROTODIDASCALO. Rumina un certo quid de nupzie e ringrazia l'altitono Giove che sian pur fatte. GIULIO. Fermati, Squadra. SQUADRA. Chi spensierato trattien un carico e che ha che fare? GIULIO. Un che ti spedirá tosto. Volgiti. SQUADRA. Non posso volgermi: ho la schiena troppo dura adesso. Paga un che ti ubedisca. GIULIO. Dimmi, Squadra, donde vieni, dove vai e che robbe son queste? SQUADRA. Vengo da comprare, vo a casa per apparecchiare il banchetto, ché il capitano s'ammoglia questa sera. Ecco t'ho detto donde vengo, dove vado e che robbe son queste. GIULIO. Se tu m'avessi detto con chi, a me aresti tolto fatica di dimandare e a te di rispondere. SQUADRA. Con Olimpia figliuola di Sennia, questa nostra vicina. GIULIO. Questo è vero? SQUADRA. Piú vero del vero. LAMPRIDIO. (Mi par che da buon senno si mariti Olimpia, e di quanto ho sospetto, che sia vero). PROTODIDASCALO. (Etiam ti pare? non bisogna che piú ti paia perché è maritata; se ben hai ruminate le recensite parole, non hai piú diverticolo d'allucinar te stesso. È maritata, plus quam maritata). LAMPRIDIO. (Taci col tuo malanno!). SQUADRA. Non mi date piú fastidio, di grazia. GIULIO. Te ne darò mentre non mi dici quanto desidero. SQUADRA. Non vedete che sto carrico, ho fretta, ho da far molte cose e ho poco tempo? GIULIO. Mentre hai detto cotesto, aresti risposto a quanto voleva. Mastica sa queste cose? SQUADRA. Come non le sa, s'egli ha portato e riferito l'ambasciate e ogni giorno mangia col capitano? GIULIO. Mi sapresti dir dove fusse? SQUADRA. Ove si mangia o si tratta di mangiare. GIULIO. Tutto questo sapevo io. SQUADRA. Perché dunque ne me dimandi? GIULIO. Va' in buon'ora carico e c'hai faccende; eccoti spedito. SQUADRA. A dio, trattenitor degli affacendati. SCENA IV. GIULIO, LAMPRIDIO, PROTODIDASCALO. GIULIO. Lampridio caro, oggi troveremo Mastica e c'informeremo meglio del negozio: forse non será cosí. LAMPRIDIO. Questo «forse» non mi rileva nulla. GIULIO. Intanto andiamo a pranso. LAMPRIDIO. Andate a pranso voi, ch'io non pranserò né cenerò piú mai. PROTODIDASCALO. Vuoi tu per questo appeter la morte? LAMPRIDIO. Assai meglio che mal vivere. Sendo mancata la mia fé nel cuor di quella di cui l'imagine è piú viva nel mio che non v'è l'anima istessa, ed essendo morta per me chi era cagione che a me fusse cara la vita, non mi curo piú d'anima né di vita. GIULIO. Sei tu disperato? LAMPRIDIO. Eh, Olimpia Olimpia, non son queste le parole che mi dicesti partendoti da me: che piuttosto il sole sarebbe mancato di luce che tu giamai di fede, o che il tempo bastasse ad intepidirti l'ardore che mostravi tener acceso nel petto per amor mio! Ed è possibile che nel cuore, donde sono uscite Tag: giulio squadra capitano vero animo tutto nulla sai certo Argomenti: certo capitano, sei posto, bello animo, infausto augurio, certo quid Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni La vita comincia domani di Guido da Verona Corbaccio di Giovanni Boccaccio Garibaldi di Francesco Crispi I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come riconoscere l'argento vero dall'argento falso Capo Verde, un'oasi di mare a due ore di aereo da casa Vacanze Maldive, Malé Il tuo viaggio tra le perle del Mar Rosso Offerta Capodanno a Los Angeles
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