Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
L'Olimpia di Giambattista Della Porta pagina 14FILASTORGO. L'arroganza è pur tua a non rincrescerti della tua perfidia cominciata. Pur aspettava che qualche segno di vergogna lo manifestasse. Tu pur sei Lampridio mio figliuolo che ti ho mandato di Roma per studiare a Salerno. SENNIA. Costui si dimanda Eugenio ed è mio figlio ed è stato venti anni in Turchia e non attese a studio mai. FILASTORGO. Che Eugenio, che Turchia, che parole son queste che ascolto? LAMPRIDIO. Vo' partirmi, ché la tua perfidia cominciata non finirá sí tosto. Andiamo su, madre. SENNIA. Andiamo. FILASTORGO. O Dio, che infideltá ho ritrovato in un figlio! negar se stesso, il padre, e finger di non conoscerlo. Ite, padri, affaticatevi in nodrir figli, in allevargli nobili e delicati; ché all'ultimo che dovrebbono con ogni loro sforzo essere il sustentamento della nostra vecchiezza, o stanno annoverando i giorni che finisca il termine della nostra vita, o ne fanno morir di doglia innanzi tempo. Lasciate la robba a quei che desiano piú la nostra morte che la propria lor vita. Oh come m'ha ben ricevuto, oh che bel riposo ha dato alla mia stanchezza del viaggio, oh che consolazione alla mia vecchiezza! Ma perché affligo me stesso? io non lo vo' piú per figlio, poiché egli non mi vuol piú per padre: farò conto di non averlo mai piú generato o che fusse morto duo anni sono. Che figli che figli! SCENA VIII. PROTODIDASCALO, LALIO paggio. PROTODIDASCALO. O Dio, come potrei far cerziore Lampridio dell'advento di suo padre acciò non lo colga all'improviso, e impremeditato non sappia che risponderli; come potrei io vederlo? Ma veggio un puello ludibondo uscir dalle sue edi. LALIO. Madonna, che mi tira, che mi tira? PROTODIDASCALO. Alloquar hominem. Heus, puer! «Adesdum; paucis te volo». LALIO. Chi è costui che vola? PROTODIDASCALO. Heus, olá, a chi dico io? LALIO. Se non lo sai tu a chi dici, né tampoco lo so io. PROTODIDASCALO. «Tibi dico, Pamphile». LALIO. Parlate con me? PROTODIDASCALO. Optime quidem, sí bene. LALIO. Chi sète voi? PROTODIDASCALO. Ego sum Protodidascalo gimnasiarca, ludimagistro, restitutore e reintegrator del romano eloquio all'antica candiditate «fama super aethera notus». LALIO. (Questi deve essere qualche pedante, «cuium pecus» che sputa «cuiussi» e parla in «bus» e «bas»). Magister, bonum sero. PROTODIDASCALO. Et tibi malum cito. LALIO. Che comandate protomastro, patriarca? PROTODIDASCALO. «Prius te salvere iubeo». LALIO. Io non v'intendo. PROTODIDASCALO. Dico che siate salvo. LALIO. E voi salvo e contento. PROTODIDASCALO. Per mostrarvi la mia largitade vi vo' fare un munuscolo di cinquanta vocabuli ciceronei abstrusi e reconditi. LALIO. Che ceci conditi son questi che mi volete dare, di mele o di zucchero? PROTODIDASCALO. Dico vocabuli ciceroniani. LALIO. Questi vocali son buoni da bere? PROTODIDASCALO. Son cose che quando sarete in etá piú provetta vi faranno onore nella scuola. LALIO. Io non vo' scola, altrimente…. Che volete da me? PROTODIDASCALO. Paulo ante vi ho visto uscir da questo ostio. LALIO. Che «ostia»? PROTODIDASCALO. Ti allucini, figliuolo, perché «hostia» con «h», aspirazione, viene «ab hostibus», che è un animale che s'immolava dall'imperadore proficiscente alla guerra per impetrar da' celicoli vittoria contro gli osti, cioè nemici. Onde il sulmonese poeta: Hostibus a domitis hostia nomen habet. LALIO. Voi volete dir gli osti che stanno nelle taverne? PROTODIDASCALO. Ma «ostio» sine aspiratione vuol dir le «valve», le «gianue». LALIO. Barbagianni a me, maestro! mi parete voi un barbagianni da dovero. Parlatemi cristiano se volete che vi risponda. PROTODIDASCALO. Vorreste che dalla latina mi rivolga testé alla etrusca favella? Son contento. Dico che vi ho visto uscir da questo ostio, cioè da questo uscio; dico se stiate in cotesta casa. LALIO. Se sto qui adesso, come sto in questa casa? PROTODIDASCALO. Argutule argutule. Se mi vuoi far un piacere ti farò un presentuculo. LALIO. Che vorresti? va' via, va', conosco i pari tuoi. PROTODIDASCALO. Ferma costí, ascolta quaeso due paroline. LALIO. Parla da lungi, di' presto, che vuoi? PROTODIDASCALO. Non è venuto un certo forestiero, advena, oggi in tua casa? LALIO. Sí bene. (O Dio, che avessi il mio schioppetto!). PROTODIDASCALO. Vorrei dirli duo verba. LALIO. Vorresti per sorte che lo chiamassi? aspetta che tornerò adesso adesso. PROTODIDASCALO. «Heu mihi! discedens oscula nulla dedi». Oh che indole maiestale di fanciullo! gli quadra un volgare epigramma che i giorni preteriti feci in lode d'un mio scolare. LALIO. (Aspetta che l'arai). PROTODIDASCALO. O piú formoso del troian giovencolo subrepto dall'uccello fulminifero…. LALIO. Eh! fermati un poco. PROTODIDASCALO. Heu Iuppiter altitonante, belligero Marte, armipotente Bellona con l'anguifera egida, soccorrete! che fulgetri, che terrifichi bombi son questi? Questo è il rispetto alla venerabil toga? questo merita chi ha sublevato da' solecismi e dalla esecrabil barbarie il tesoro del latino sacrario, e locupletata la romana facondia? O detestabil secolo, qual immanitá l'ha impulso a cosí facinoroso atto? Un insolente fanciullo con nefario áuso attacca a me nella posterga parte i scoppicoli di pagina ignivomi, fumivomi, e mi dá in preda del foco! a me tanto nemico e prosequente, che in tanto pavore prolapso sono che non è atomo in me che non tremi, e lo spirito par che voglia migrare! Ma dove è sublato dagli occhi miei questo fugaculo? l'andrò cercando con occhio scrutatorio, e se mi vien obvio lo farò col capo arietar in un muro. Meglio será ne vada al mio cubicolo e mi vendichi con invettive di iambi ed endecasillabi che sapranno della lucubratrice lucernula, che mai dall'edace tempo seran consumpte: queste lo trafigeranno piú d'ogni cultrato mucrone. Immorigerato puerolo, ficoso catamito, inter socraticos notissima fossa cinaedos! SCENA IX. TEODOSIO, EUGENIO. TEODOSIO. Mai suole venir una grande allegrezza che non si tiri appresso una grande amaritudine. Oimè! che l'allegrezza dell'acquistata libertá non mi fu tanto dolce quanto or m'è amaro vedermi scacciato dal luogo dove sperava essere disiosamente ricevuto. EUGENIO. Siamo entrati in una sventura maggior della prima; ché se ogni travaglio e affanno era leggiero con speranza al fin di riposare, quanto or mi è grave pensando esser al fin pervenuti e siamo nel cominciare! TEODOSIO. O fortuna, io ti disgrazio che ne rompesti la prigionia e ne facesti scampare, ché ci era piú dolce soffrir la fame, la sete, la prigionia e l'ingiuriose parole che abbiamo sofferte da quei cani, che quello che abbiamo inteso in casa nostra. O mar, la tua pietá ne è stata crudele avendoci condotti salvi: quanto mi saresti stato pietoso se in quel giorno che n'avemmo tanta paura tu n'avessi sommerso, ché sarebbomo morti contentissimi! n'hai condotto in porto per farci battere in questo scoglio crudele, per farci provare una morte piú acerba e piú dolorosa! EUGENIO. Padre, forse questa non è la casa vostra e quella donna non è Sennia vostra moglie. TEODOSIO. Io l'ho ben riconosciuta. Ma questo giovane si será finto Eugenio. Sennia è amorevolissima, e il desiderio di veder suo figlio l'ará appannato di sorte gli occhi che l'ará occecati, e ce l'aranno aiutato i servi. Onde la sua astuzia, l'ardir della gioventú, la credulitá di Sennia, la malignitá di servi l'aranno servito per ruffiani. EUGENIO. In questa cittá, dov'è tanta giustizia, si trovano le genti cosí cattive? TEODOSIO. Le genti cattive si trovano in ogni luogo. EUGENIO. Padre, lasciate tanti dolori, ché questi non vi restituiranno la moglie e la figliuola; e forse Iddio, che mai suole dismenticarsi de' miseri, ne dará qualche rimedio. TEODOSIO. Il rimedio sarebbe una morte che ambiduo ne togliesse di vita; ella è il medico e la medicina di tutti i mali. S'ará goduto Olimpia, che rimedio può farsi che quel che è fatto non sia fatto? EUGENIO. Almeno faremo che non la goda piú: andiamo alla giustizia, Tag: padre casa nostra figlio adesso rimedio vita essere morte Argomenti: grande allegrezza, romano eloquio, volgare epigramma, armipotente bellona, insolente fanciullo Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio Giambi ed Epodi di Giosuè Carducci Il colore del tempo di Federico De Roberto Intrichi d'amore di Torquato Tasso La via del rifugio di Guido Gozzano Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come gestire una serena convivenza La trasformazione da bruco a farfalla Come sapere se abbiamo trovato la nostra anima gemella Come curare i tulipani tagliati Il degu: un roditore piccolo ma grande
|
||||