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L'Olimpia di Giambattista Della Porta pagina 18sua figlia, non potendo il fatto altrimente rimediarsi; ché forse vi rimetteranno la querela. FILASTORGO. Che genti son queste? son forse pari miei? PROTODIDASCALO. Son de' primati e degli optimati di questa cittá: anzi vi fia difficillimo ottenerlo. Ma eccoli: questi sono. FILASTORGO. Questi mascalzoni son forse pari miei? PROTODIDASCALO. Non v'ho detto che iam dudum erano venuti di Turchia e Lampridio gli avea espulsi di casa e non han potuto cambiarsi le vesti? SCENA VI. TEODOSIO, EUGENIO, FILASTORGO, PROTODIDASCALO. TEODOSIO. Giá l'han preso prigione e non gli è giovato il far credere al capitano ch'io fossi matto. EUGENIO. Ecco, patirá la pena del suo fallire. FILASTORGO. Ecco colui ch'è per rifarvi ogni danno. TEODOSIO. Chi sei tu per rifar cosí gran danno? FILASTORGO. Padre di colui che avete prigione. TEODOSIO. Sète certo padre d'un giovane di buona speranza! FILASTORGO. Voi sapete che i peccati per amore non meritano tanta riprensione, e massime quelli che commettono i giovani ne' primi amori. Però correggasi l'errore il meglio che si può. Dalle infirmitá nascono i rimedi, da' malefici le leggi e da' disordini i migliori ordini. TEODOSIO. Come si correggerá tanta pazzia e temeritá d'un giovane? FILASTORGO. Col senno e con la prudenza di vecchi. PROTODIDASCALO. Optime quidem, congrua risposta. TEODOSIO. Indegno d'un uom da bene. FILASTORGO. Convenevole ad un amante. TEODOSIO. Ará tolto l'onor alla vergine. FILASTORGO. Se le restituirá. TEODOSIO. Come se le potrá restituire? FILASTORGO. Prendendola per moglie: cosí l'ará tolto a se stesso. TEODOSIO. Ará fatto danno alla casa. FILASTORGO. Será rifatto ogni danno, ché per la Dio mercé abbiamo come possiamo farlo. TEODOSIO. O uomo temerario e insolente! FILASTORGO. Anzi amorevole, ché l'amore sviscerato che portava a vostra figlia l'avea cieco del tutto. TEODOSIO. Non è amore dove si cerca tôr l'onore. FILASTORGO. Non fu questo il suo primo pensiero. TEODOSIO. Chi siete voi? FILASTORGO. Gentiluomo romano e desioso servirvi, e di ricchezze ancor non mediocri, che son tutte di questo mio unico figliuolo, e non indegno del vostro parentado; al qual potrete conceder senza dote la vostra figliuola per moglie. TEODOSIO. A lui sarebbe torto usarsegli benignitá, e sería bene che ne piangesse la pena per aver fatto cosa indegna di voi, di me e di gentiluomo. Ma la pietá, che mi vien di voi e della mia figliuola, e massimamente unica, me vi fa concedere quanto desiderate. FILASTORGO. E da voi solo ricevo in dono la vita di mio figliuolo, il quale per lo fallo non n'era degno. PROTODIDASCALO. Non si perda piú tempo, accorrasi prima che si intruda in carcere e il fatto si palesi il meno che si può. FILASTORGO. Andiamo andiamo, per amor di Dio! TEODOSIO. Non si fa altro. Voi mi scalzate le scarpe. FILASTORGO. Perdonatemi, ché «ad un che desia, ogni prestezza è tarda». SCENA VII. MASTICA, SENNIA. MASTICA. Mi ha giovato lo star qui intorno, perché ho inteso che costoro sono d'accordo e la cosa è riuscita a miglior fine che non pensava. Dunque io serò il primo che porterò la nuova a Sennia e per mancia ritornerò all'ufficio della cucina.—O Sennia padrona, o padrona! SENNIA. Chi mi chiama? MASTICA. Chi desia vedervi contenta. SENNIA. Faccilo Iddio, ché n'ho bisogno. MASTICA. Sète voi tanto infelice? SENNIA. Che buona nuova mi rapporti? MASTICA. La dirò se posso far tanta triegua con la fame che mi lasci dire. SENNIA. Dillami su. MASTICA. Ma avertete che bisogna star un anno in banchetto per ristorarmi della paura presa per avermi cacciato di casa senza cagione e senza mangiare. SENNIA. Eh! dilla su. MASTICA. Olimpia è maritata… SENNIA. È maritata la mia figliuola? MASTICA…. con un gentiluomo… SENNIA. Chi gentiluomo? MASTICA…. che s'era finto vostro figliuolo. SENNIA. La mia figliuola è maritata? MASTICA. Né tanto v'imaginavate aver perduto onore quanto n'avete al doppio racquistato. SENNIA. Ed è questa la veritá? MASTICA. Qual vi ho detto. SENNIA. La mia figliuola è maritata? MASTICA. Quante volte volete sentirlo? Ed è venuto suo padre di Roma e si è incontrato col vostro vero marito venuto di Turchia, e son stati d'accordo insieme. SENNIA. Io son cosí afflitta che non posso credere a sí lieta novella. MASTICA. Statene sicurissima. SENNIA. Non mi far rallegrare invano, ché poi con doppio affanno mi faresti dolere. MASTICA. Sapete, padrona, che per una grandissima nuova si fa sempre grazia a' prigioni e agli appiccati. Però per questa allegrezza faccisi grazia a quei presciutti che sono stati tanto tempo appiccati senza ragione; e per esser piú persone di nuovo aggionte, bisogna comprar piú robbe per lo banchetto e tener corte bandita. SENNIA. O Dio, ringraziato sii tu! non deve mai l'uomo sconfidarsi della tua grazia, ché sai meglio rimediare che noi sappiamo dimandare. MASTICA. Eccoli che vengono; calate giú, padrona, a riceverli. SCENA VIII. LAMPRIDIO, FILASTORGO, TEODOSIO. LAMPRIDIO. O padre, mi vergogno domandarvi perdono dell'offesa fattavi. FILASTORGO. Fa' che per l'avenire si ricompensi essermi ubidiente, ché giá hai conosciuto se t'amo. LAMPRIDIO. Non arei potuto vederne piú chiaro segno, e per rendervi le debite grazie di tanta affezione mi mancano le parole: però vi priego che col vostro savio discorso consideriate quel tanto obligo che vi debbo e per natura e per debito, e facci Iddio che io viva tanto che possa dimostrarlovi. FILASTORGO. Fa' che ami la tua Olimpia, poiché ne hai tanto patito e fatto patire ad altri. LAMPRIDIO. È soverchio ricordarmelo, padre. FILASTORGO. Teodosio, io ve lo do per genero e per servo. TEODOSIO. Lo ricevo per genero e per figliuolo. LAMPRIDIO. Andiamcene a casa e diamo questa allegrezza a Sennia e non la facciamo piú penare. TEODOSIO. Giá la vedo comparire dinanzi la porta. SCENA IX. LAMPRIDIO, SENNIA, FILASTORGO, TEODOSIO, EUGENIO, MASTICA. LAMPRIDIO. Perdonami, o carissima madre, poiché sotto questo venerabil nome di madre io t'ho ingannata; né io arei ardire comparirti dinanzi se la suprema bontá di Dio non avesse dato meglio esito alla mia audacia che io avessi saputo desiderare. SENNIA. Grande fu la tua sfacciataggine e molto l'ardire né cosí facilmente degno di perdono: tôr per follia di gioventú l'onor ad una casa in un ponto, che s'ha acquistato con tanta diligenza e con tanti anni. LAMPRIDIO. Madre mia dolce, vi giuro ch'una delle cose che m'accesero fieramente dell'amor di tua figlia, fu la onestá e la bontá che conobbi in lei; e se mento, facci Iddio ch'io sia privo di lei, ché non so se maggior disgrazia potrei ricevere in questa vita. L'amava e serviva con pensiero che, fattone consapevole mio padre, sperava per sua bontá licenza di potermi sposar con lei, e poi con legitimi e ordinari modi farvela chieder per moglie. Ma sapendo che con tanta fretta la volevate maritar con questo capitano, per interromper questo matrimonio mi fu forza d'usar inganno. Avendo proposto morir mille volte prima che viver senza lei, la disperazione mi accecò gli occhi e l'amore mi fe' far quello che ho fatto. SENNIA. Se l'amor bastasse ad escusar gli errori, ognuno si scusarebbe con amore. Ma io, poiché vostro padre, mio marito e figlio t'han perdonato, con non esser men pietosa di loro, t'accetto per genero e mio carissimo figliuolo. LAMPRIDIO. Dammi licenza, madre, che possa andar a veder Olimpia mia e confortarla, che per questi casi successi dubito che s'affliga. SENNIA. Eccoti le chiavi, ché l'aveva carcerata in una camera, e quivi pensava o attossicarla o che fusse suo perpetuo carcere e monistero. LAMPRIDIO. O Dio, e io era cagione di tanto male! quanto conosco che ti son debitore! Ecco mio padre, il qual non men che io t'ama e riverisce. SENNIA. Giá lo conosco a tempo che tu fingevi nol conoscere. FILASTORGO. Signora mia, se non volevate che mio figlio avesse usata tanta impertinenza, non dovevate far figlia tanto bella né di tanto onore e di tanto merito, ché bastarebbono Tag: tanto padre tanta fatto amore casa dio danno figlia Argomenti: tanto tempo, tanto bella, certo padre, figlia tanto, tanto onore Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Novelle rusticane di Giovanni Verga Il fiore di Dante Alighieri La famiglia dell'antiquario di Carlo Goldoni Nel sogno di era Rinaldo di Torquato Tasso Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Il soriano: grandi caratteristiche nella semplicità Come profumare i vestiti ed evitare che abbiano un cattivo odore Vacanze a Cipro: l'incontro con la mitologia Offerta capodanno a Cracovia Offerta capodanno a New York
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