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L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza pagina 7spensierati, anche perchè in quell'Università egli avrebbe potuto continuare i suoi studii e laurearsi; ma invece abbandonati a sè e al loro amore avevano in un anno assottigliato della metà il loro piccolo capitale e si erano trovati senza quattrini e quel ch'è peggio senz'amore. Le strettezze economiche avevano inasprito il carattere volgare e vigliacco del marito; ed egli trovava ogni giorno un pretesto per far delle scene alla sua compagna. Era lei, che amava il lusso e non sapeva dirigere la casa: era lei, che li aveva rovinati…. L'amore fisico li riconciliava talvolta; ma le crudeli torture della miseria facevano durare ben poco il cielo sereno in quella casa, dove scene e lagrime si succedevano come il vento e la pioggia in un mese di marzo, che non finisse mai. Era una vita d'inferno quella che passava a Perugia la povera Maria, ed essa era venuta a Firenze per confortarsi coll'amica Emma e chieder consiglio ai genitori. * * * Quando Maria ebbe finito, cominciò Emma e brevemente le espose il suo caso di coscienza. Maria non la lasciò neppur finire, perchè, con una strana violenza, le disse: —Emma, sposa subito il marchese di Acquafredda. —Ma io non lo amo, ma egli ha sessant'anni…. —Che importa? Che importa? Ha dei milioni e ti farà felice. Avrai una carrozza, ville, bagnature…. viaggerai. Egli dovrà farsi perdonare troppe cose, per non esser teco il più cortese cavaliere di questo mondo e farà sempre quel che tu vorrai…. Per carità, segui il mio consiglio, sposa il Marchese…. E poi, e poi non ci pensi? Diventi, una marchesa anche tu; avrai sulle tue carrozze, sui tuoi fazzoletti, da per tutto una corona fiorita. Anche questo è bello! —Maria, tu fai la celia, tu ti ridi di me. Lo sposeresti tu, se fossi ancora ragazza? —Certamente, e subito, avesse anche settant'anni! —Maria, tu mi fai orrore. Non la pensavi così, quando nel collegio parlavamo del nostro avvenire nei fidati colloquii della notte…. —Sì, mia cara, allora io aveva ancora molta poesia nel mio cuore, allora io credevo, che non si potesse e non si dovesse sposare che un uomo che si amasse. Allora credevo, che il matrimonio senza amore era una prostituzione, che l'amore bastasse per farci felice. Ma ora, ora dopo due anni di tristissima esperienza, penso proprio tutto il rovescio. Ho sposato un bel giovane, che diceva di adorarmi e me lo dimostrava con un delirio di carezze senza nome, che mi facevano vedere il paradiso in terra. I miei parenti si opposero invano, mostrandomi i pericoli del mio divisamento. Non volli udir ragioni. Io sentivo che senza Antonio sarei morta. Minacciai di fuggire con lui e non credettero alla mia minaccia. Fuggii davvero e dovettero lasciarci sposare…. Il paradiso durò due mesi, il purgatorio un anno, ed ora sono nell'inferno; in un inferno terribile, che mi fa la più infelice delle donne. Credilo a me. Gli uomini, quando non ci sposano pei nostri quattrini, ci vogliono pei loro piaceri, e una volta che ci hanno avuto, si annoiano. Toujours perdrix, toujours perdrix!… L'adorazione nei casi migliori, cioè quando tu sposi un gentiluomo, diventa amore, poi amicizia, poi un'abitudine monotona, che si infiora con qualche cortesia quotidiana, per non parere…. E poi, stammi a sentire. Se tu sposi Enrico, sarai povera e la povertà nel matrimonio è l'inferno. Non vi è amore, che resista alla lotta quotidiana colle necessità della vita. Io ho già due figliuoli e per essi sento che la miseria, che io avrò loro imposto col mio matrimonio, è un delitto, di cui io, io sola sono la colpevole. Tu non puoi immaginarti quanto veleno ci sia nella povertà, che si soffre in tre, in quattro; sotto il tetto di una casa angusta, misera. Tu non puoi capire quanto inferno possa essere chiuso in un conto della sarta, che non si può pagare, nell'angoscia del pensiero di dover pagare fra pochi giorni il semestre della pigione. E se poi hai un marito, che coll'energia della volontà e coll'onnipotenza dell'ingegno non sappia lottare e vincere e portar fuori la moglie e i figli dal pantano, tu incominci a sprezzarlo e ad odiarlo. E tu, poveretta, senti tutta l'impotenza di esser donna e di non potere col proprio lavoro dare alla famiglia l'agiatezza. Io, vedi, son diventata cattiva. Quando porto a spasso i miei bambini mal vestiti e vedo quelli dei miei vicini scarrozzare nella loro piccola vettura condotta da una balia bella e riccamente vestita, soffro e bestemmio entro di me, contro di me e contro tutti. No, no, Emma, sposa il marchese di Acquafredda.— Emma taceva, e si asciugava gli occhi innondati di lagrime. Il dolore dell'amica era troppo crudele, era troppo disperato, perchè non scendesse anche nel suo cuore. Finalmente potè parlare colla voce interrotta dal singhiozzo. —Maria, in te parla l'ira figlia del tuo dolore. Tu parli cinicamente, perchè sei disperata; ma io non posso credere, che sii divenuta cattiva, perchè sei infelice. Quanto a me, se la mamma non mi lasciasse sposare Enrico, accetterei la mano dell'ingegnere Rinaldini, non mai quella del marchese; per quanti blasoni e milioni egli potesse offrirmi. Se la miseria uccide l'amore, la ricchezza senza amore non lo può uccidere, perchè l'amore non c'è; ma non deve darci che una vita insopportabile…. Tu almeno hai amato e hai goduto due mesi di paradiso; io sposando il Marchese non ne avrei neppure un'ora….— Le amiche parlarono ancora a lungo, ma si lasciarono colle stesse parole con cui la loro triste conversazione era incominciata. —Sposa il Marchese…. —Giammai! * * * Per molti e molti giorni madre e figlia non parlarono dei due pretendenti, nè di Enrico; ma un mattino, mentre Emma era ancora a letto, la mamma entrò a darle il buon giorno, e baciandola aveva un'aria solenne e triste, che non era solita in lei. —Mamma, che cos'hai questa mattina? Ti senti male? —No, figliuola mia, ho un piego suggellato da consegnarti e che ho trovato nello scrittoio di tuo padre, subito dopo la sua morte, ma che ti do oggi soltanto, perchè prima d'ora ti avrebbe dato forse una scossa troppo forte. E la mamma, deposto un piego sul tavolino da notte di Emma, escì per nascondere l'emozione che la faceva piangere. Emma, commossa anch'essa, prese l'involto e vi lesse: Alla mia Emma. Da consegnarle dopo la mia morte. Essa ruppe i sigilli, e trovò che l'involto ne conteneva un altro, su cui era scritto: Consigli di un babbo alla sua figliuola per la scelta del marito. E che cosa vi fosse scritto lo vedrà il benigno lettore, se vorrà darsi la pena di continuare la sua lettura. PARTE SECONDA. IL MANOSCRITTO DEL BABBO. Consigli di un babbo alla sua figliuola per la scelta del marito. Mia adorata figliuola, tu leggerai da sola e forse con qualche lagrima negli occhi queste pagine, che ho scritte anch'io nella solitudine, anch'io piangendo e pensando a te. Dio volesse che tu non le avessi a leggere! Vorrebbe dire che io son vissuto abbastanza per vederti sposa felice; vorrebbe dire che io ti ho potuto dare i miei consigli a viva voce. Ma io son medico e so di avere in me una malattia che non perdona. Potrei da un momento all'altro sparire dal mondo e voglio che la mia voce mi sopravviva e ti aiuti nell'ora più importante della tua vita, quando avrai a scegliere colui, che deve essere il tuo inseparabile compagno, che deve essere il padre dei tuoi figli. Promettimi di non impegnare la tua parola prima di aver letto tre volte queste mie pagine, alla distanza di una settimana una volta dall'altra. * * * L'uomo innamorato è d'oro, finchè non gli hanno detto di sì, diventa d'argento quando gli hanno detto di sì; diventa di rame, quando da pretendente è divenuto marito. * * * Ciò vale per la più parte degli uomini. Vi sono però alcuni pochi eletti, che sono d'oro prima e d'oro poi; sempre. Tu mia figliuola devi saper trovare uno di questi. * * * Fra i moltissimi, che cambiano il loro metallo Tag: amore marito due marchese inferno vita sposa dopo voce Argomenti: cortese cavaliere, scossa troppo, carattere volgare, cielo sereno, triste conversazione Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Fior di passione di Matilde Serao Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Corbaccio di Giovanni Boccaccio Decameron di Giovanni Boccaccio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Cosa bisogna sapere sul gattino di razza Come ritrovare la felicità dopo avere divorziato Così la voce resta giovane Il finocchio un alleato per le donne Venezia: alcune tradizioni e misteri leggendari
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