La strega ovvero degli inganni de' demoni di Giovan Francesco Pico Della Mirandola pagina 21

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libro di questo autore, l'ho io appresso di me e greco e latino, nel quale è scritto: Nell'isola del mare Eusino essere il tempio d'Achille, che quivi più volte è stato visto, e ha menato al convito gli uomini che vi sono capitati, e quivi si son veduti Patroclo, Tetide, ed altri demonj. E per usare le parole che dice Porfirio: un coro di demonj; per lasciare ire che egli abbia scritto, essere solito vedersi Ettore in Ilione, ed avere veduto egli i Dioscuri dare aiuto a navi che pericolavano, e queste cose non appartengono al convito delle fantasime. AP. Non paiono diverse dal convito di Oereo, e dell'Oceano, de' quali hanno parlato diversi poeti. FR. Il demonio ha trovati questi mortiferi conviti per torre agli uomini il convito apparecchiato da Cristo sopra la sua mensa nel regno suo; ma io ti racconterò ora un convito che non è stato descritto da poeta niuno, ma io ti addurrò cose che mi sono state dette pochi anni fa col testimonio di un grande di dignità e di ricchezze. Sono dodici anni che un sacerdote nelle Alpi reatine, avendo ad andare a dare la comunione a uno ammalato che stava lontano, da non vi potere giungere a piedi così presto come forse bisognava, montò a cavallo, legatosi la bossola al collo, dove era l'ostia per dare al malato, e va via. Nel viaggio, si gli fa incontro uno che lo invita a vedere una cosa miracolosa: lo sciocco accetta lo invito, e scende da cavallo, e sente subito e vedesi esser portato per aria insieme col compagno, ed in poco tempo son posati tutti due nella sommità d'un monte altissimo, dove era un prato spaziosissimo cinto di altissimi alberi, e chiuso da spaventose ripe. Nel mezzo erano balli e giuochi d'ogni sorte, mense apparecchiate di vivande, canti, suoni, spettacoli piacevoli, e tutto quello che si suol fare in terra per dilettare gli animi umani. Il sacerdote maravigliato, nè avendo ardire aprire bocca per lo stupore, è domandato dal compagno che è venuto seco per aria, s'egli ancora voglia adorare la signora, e secondo il costume degli altri offerire il dono. Era l'aspetto di essa d'una bellissima regina, posta in tribunal d'oro, la quale andavano tutti a salutare a due a due, a quattro a quattro, ed a offerire doni, e adorare con ordine vario. Egli sentendo nominare la signora, e vedendola di tanto splendore, e circondata di tanti ministri, si pensò che ella fusse Maria Vergine Madre di Cristo, Regina del cielo e della terra, come quello che non conosceva la diabolica apparizione; nè si accorgendo (in quanto a lui) che quivi fosse superstizione alcuna. Laonde stimando alla Madre non potere essere dono alcuno più grato che il corpo consecrato dell'Unigenito Figliuolo, s'accosta al tribunale per adorare, e inginocchiatosele a' piedi, si leva dal collo la bossola, e mettegliela in grembo, e subito il tribunale, e l'imagine di colei che vi era su, sparì via insieme con la moltitudine di coloro che facevano i giuochi, e i conviti apparecchiati, e non comparse mai più nulla in luogo niuno, nè rivide anco più il compagno che l'aveva guidato a vedere queste cose. Conosciuta la cosa, cominciò a pregare Dio che non volesse abbandonarlo in quei deserti, e non vedendo poi quivi vestigio nè d'uomini, nè di fiere, dove avesse a voltarsi, si risolvè di camminare: e così piglia la via per balze pericolose per riuscire in qualche luogo che conosca dove si sia. Come egli ha camminato un pezzo, intende da un pastore che egli si trovava quasi cento miglia discosto dal luogo, dove era già mosso per ire. Ritornato che fu a casa, raccontò al magistrato di Cesare Massimiano tutta la cosa passata, per ordine come io t'ho narrato. Dichiarinti ora i teologi tal cosa essere potuta farsi dal demonio, affermandosi essi che la natura corporea, in quanto appartiene al moto, per il quale è trasferita la stessa cosa da luogo a luogo, ubbidisce alle voglie delle sustanze separate dalla materia. De' corpi umani portati per aria posson darne molti esempj, tanto per testimonio de' dottori, quanto per aver veduti essi con gli occhi, Enrico e Iacopo teologi Germani nel libro loro chiamato «Martello,» il quale potrai avere, se vorrai usarlo contro a quelli, che dicono il contrario. AP. Io ho udito una cosa miracolosa, la quale non può essere offuscata dalle tenebre della notte, nè si può dire che sia sogno, nè che sia cosa non fatta mai, o per paura forzatamente confessata ne' processi, e nelle inquisizioni. Ma e' mi resta da sapere questo solo in questo caso: per che conto al toccare dell'ostia sparisca al tatto e diventi ogni cosa vana, non temendo i demonj a toccarla, comandando mentre che costoro sono nel giuoco, e procurando che elle siano gittate per terra e calpestate da molti? DIC. Non ti dèi maravigliare, sapendo noi che talora i demonj tremano al segno della Croce, e talora per ingannare pigliano l'effigie di Cristo. Se tu avessi letto le vite di san Martino, di san Francesco, e di molti altri nostri santi, non ti daresti maraviglia alcuna. E vedi che Cristo ancora, vivendo in carne, scacciava i demonj, e permise nondimeno di essere tentato dal demonio, e di essere portato sopra l'altezza del tempio, e poi sopra la cima del monte. Il testo di san Matteo dice (anichthi), che può tradursi fu portato, di poi (paralanvani), parola che significa portare, che vuol dire posò, le quali dichiarano ciò che si sia detto e fatto; finalmente si lasciò crocifiggere da' ministri del diavolo. Tu supponi oltra di questo, che le ostie sacre fusseno calpestate dal demonio. La cosa non sta così: questo lo fa la ribalderia degli uomini procurata ed ordinata da' demonj, che la faccino, non la fanno essi. Ma la semplicità del sacerdote, benchè fusse poco prudente, e principalmente la virtù della fede sua fu cagione, che non pure non fusse schernito a sua dannazione, ma e che potesse avvertirne gli altri, e manifestasse la cosa che pareva dubbia, cioè che il giuoco (di che noi parliamo) si possa fare non solamente con la imaginazione, ma anco col corpo; e finalmente la potenza della divina provvidenza (non mai abbastanza lodata) permette che questo qualche volta si faccia, qualche volta no: perchè diversamente si faccia, si può sempre assegnare giusta cagione in generale, ma non sempre in particolare; tanto è debole a ritrovare i segreti divini la sottigliezza della mente umana. AP. Mi quadrano assai queste cose. FR. Se ti resta altro, domandane a Dicaste. Non lasciare consumare il tempo invano, e abbi risguardo che il sole va già sotto, ed avvertisci che non ci bisogni alloggiare qui stanotte (sendo serrate le porte della città), dove non è comodità di letto nè di cosa che ci difenda dalla ingiuria della notte, in questo refettorio a pena cominciato a edificarsi. AP. Non mi pare che sia tempo ora da domandare se non delle maliarde. DIC. Che diciamo noi? AP. S'elle faccino invero ciò che elle fanno, ovvero paia che lo faccino solamente con l'imaginazione? e donde è che qualche volta Dio permetta, che quelle cose si faccino, e qualche volta non lo mostra abbastanza la virtù della divina provvidenza, sempre giusta, e sempre incognita. FR. Ricorditi tu di Luciano Samosateno e di Lucio Madaurese? AP. Certo sì, perocchè io ho letto qualche volta, e ho udito tre dì fa, te che disputavi di questo, ma io dubito ch'elle siano finte, e non fatte, quelle che in quel greco e in quell'asino latino sono contenute. FR. Così come io non dubito che ve ne siano di molte finte, ed anco tutte (se ti piace), così tengo che elle non siano finte di non niente. Imperocchè appresso di Varrone parimente e di Diomede si trovano scritte le trasformazioni di Circe in uccelli, in bestie, ed in lupi arcadici. Il nostro Agostino non stimò che tale occasione sia presa da niente, narrando nell'ottavo e nel decimo libro della Città di Dio, che a' suoi tempi ancora in Italia solevano farsi molte cose a queste simili, che Apuleio accennò; ovvero che finse, affermando nondimeno questo, che i demonj non fanno cosa alcuna di

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