La strega ovvero degli inganni de' demoni di Giovan Francesco Pico Della Mirandola pagina 19

Testo di pubblico dominio

di quell'uomo, donde è uscito il seme che gli usono. Imperocchè quel demonio, che come donna si congiunge con l'uomo, quel medesimo poi, congiungendosi con la donna sotto forma di uomo, gli rende il seme che prima dall'uomo avea ricevuto. Laonde la donna che ingravida s'ha a pensare ch'ella sia ingravidata da quello uomo, da cui venne quello stesso seme, e se alcuni erano falsamente creduti figliuoli di Dee, s'ha ancora da credere, che i demonj abbiano rubati i parti veri ad altre donne, ed avergli dati a quelle che per tal via beffavano, e così averle ingannate, facendole allevare i figliuolini d'altre suppostigli per suoi. Nel qual modo se volesseno, alcuni potrebbeno sostenere che non fusse stato felicità in quelli che gli antichi chiamarno figliuoli di Dei e di Dee (il che non crederei io, tenendo la maggior parte di queste cose fabulose). Così difenderebbeno ancora essere stato il nascimento d'Enea in Asia, e quel d'Achille in Grecia, i quali furono famosi al tempo degli eroi. E così parimente essere ingravidita Olimpia regina in Macedonia, ed in Italia la madre d'Africano maggiore. DIC. Le cose che tu hai racconte, Fronimo, paiono simili a quelle di santo Agostino, che il demonio sia stato l'inventore del brutto amore de' fanciulli. FR. Certo che non pure allettava le donne ai piaceri amorosi, ma tentava anco gli amori de' fanciulli; donde facilmente si può fare coniettura, che i brutti amori de' fanciulli siano stati tentati da quelli, che dicevano di corre il fiore alla verginità loro per esempio de' demonj; ed avere auto origine primieramente in Asia, e di quivi poi essersi sparsi in poco tempo in Grecia, ed in Italia, ed insino in Francia. Imperocchè il ratto di Ganimede a Troia, non è dubbio che appresso i gentili è stimato antichissimo. L'incendio di Soddoma e Gomorra, e delle altre tre città d'Asia, è cosa notissima non solamente appresso de' nostri, ma ed appresso de' Gentili. Orfeo andando d'Asia in Tracia, ed in Grecia, così come fu primo autore di rimuovere il culto di molti Dei, così fu anco autore di maledire questo vizio, e fu tenuto il primo uomo, che fusse appresso de' Traci, o (come vogliono più tosto alcuni) primo appresso de' Taurini. In Grecia era già cosa tanto pubblica, che i cattivi credevano essere cosa lecita e concessa. Appresso de' Celti già si teneva (come dice Aristotile) che non fusse peccato alcuno, ma sì come si crede che per benefizio della legge cristiana poi fusse estinto, così massimamente crebbe e prese vigore appresso de' Persiani, sì per la sceleranza già antica, come per essere lontani alla legge cristiana. Imperocchè noi conosciamo quello in fra i costumi che è buono, quello che è cattivo, e quello che è pessimo al tutto. Laonde il demonio maligno (non tanto per dilettare le donne inclinate alla lussuria stimulando la natura all'ingravidare) usava con loro: ma ritrovò ancora quella contra natura sporca, abominevole, promettendo premj a quelli che ne erano pazienti, a chi l'eternità, come a Ganimede, il quale dagli antichi vani fu misso in cielo, cosa non manco impia che sfacciata, ed a chi l'arte dell'indovinare, come a Branco pastore, a cui favoleggiavano essere stato spirato il vaticinio da Apolline. AP. Di grazia non me ne dir più, che certo così come mi sono note, così anco mi danno maraviglia queste cose, non essendo continuamente accadute nel corso d'ogni età, se si può porre il termine dal tempo degli eroi infino a quel di Scipione. DIC. Tu dici le gran cose! in ogni tempo ed in ogni età è accaduto qualcosa. AP. Perchè non si sanno? DIC. Si sanno la maggior parte, non tutte. AP. Perchè non sono pubblicate? Dic. Mi sovvengono due ragioni; l'una che sendo tolto il principato del mondo al demonio maligno per la morte e per il sangue di Cristo, non scherza così spesso con i popoli, ed allo scoperto. Imperocchè già sotto spezie di divinità era adorato, ed ora abita in luoghi diserti e solitari, come abbandonato e fuggiasco. L'altra, che allora tendeva le sue reti d'amore ad ogni sorte d'uomini, ed ora attende a porre l'insidie di Venere a due sorte d'uomini solamente; agli ottimi, ed a' pessimi. Chiamo ottimi quelli che si sono dati a Dio con tutte le forze, calpestate, e sprezzate tutte le lusinghe, e tutti piaceri, insino a quelli che sono onesti. Questi gli affronta spesso e di nascosto, tal che, quando queste cose si fanno, non si palesano, se non qualche volta per esempio e salute degli altri. Pessima chiamo questa generazione di streghe, delle quali noi parliamo. Tu hai veduto che bisogna cavargli di bocca per forza gli amor loro con minaccie e tormenti, perchè non parlano di queste cose liberamente, se non fra i loro domestichi. AP. Adunque tende le insidie d'amore agli uomini santi, ed a quelli massimamente che si son dati a Dio? DIC. Se tu sapessi i loro costumi ed i loro gesti, che sono scritti, non dubiteresti niente. Dice Sulpizio Severo, che il demonio tentò già d'ingannare quel santissimo Martino sotto persona di Giove, di Mercurio, di Pallade e di Venere. Non credi tu che quando si mostrava di essere Giove promettesse regni e tesori? quando si fingeva Mercurio, la eloquenza e tutte le arti? e quando Pallade, la sapienza e l'arte militare, il quale egli già sempre se l'avea cavato d'attorno sotto la forma di Venere? Che sorte di delizie pensi tu che gli avesse promesse? con che biacca, e con che purpura credi tu s'avesse tinte le gote e le labbra? pensi che dovesse mostrare una veste di color cangiante, gli occhi vaghi e lascivi, e parole attrattive? Potrai sapere da Atanasio con che modi tentasse il demonio santo Antonio, imperocchè egli scrisse la vita, e l'azioni sue. Quanto di caldo mettesse a san Francesco, ne possono far fede le nevi, nelle quali si gittava per ammorzarlo. Quante delicatezze appresentasse a san Benedetto, te lo mostrano le spine, le quali usava per rimedio di questa peste, lacerandosi volontariamente la propria pelle. Nè cessa però ancora, vedendo il bello, tirare questo e quello della plebe all'amore, ed a manifesti piaceri amorosi. FR. Io ho conosciuto un uomo che esercitava a piedi l'arte del soldo, il quale m'affermò più d'una volta d'avere auto a fare con un demonio, che si credeva essere donna di carne, e narrava l'uomo poco astuto la cosa essere ita così: cioè che sendo in Toscana ed andando a Pisa per faccende, avendo passato un certo Castello, che è in quel di Pisa, dove avea perduto a giuoco tutti i denari che aveva, andava via bestemmiando quanto poteva. Apparsongli due mercatanti a cavallo, uno de' quali aveva in groppa una donna, e correndo il cavallo velocissimamente, ella se ne gittò giù, ed egli pigliandola per mano la invitò seco all'osteria; e nell'andare verso Pisa insieme acceso dell'amor suo ebbe a far seco, e conobbe chi ella era. Finita la faccenda, il valente uomo si venne manco, e stette sei ore in terra tramortito, dove che trovato da compagni (che erano assai a drieto per la medesima via) fu portato alla città, e quivi ebbe male sei mesi: si pelò tutto, e dicono che avea le calze arsicciate, non altrimenti che se 'l fuoco le avesse avvampate per di fuora, e ricordossi poi d'essere stato molestato da lei che non tenesse in mano una asta che aveva il ferro a guisa di croce, promettendogli darneli una più bella. AP. Del congiungimento carnale ora mai ne son satisfatto, che lo abbia trovato e procurato il demonio da principio della stessa antiquità. FR. Voglio che tu sappi, che egli usava di procurare ogni sorte di commerzio, non solo quello del letto, quasi reti per pigliare gli uomini. E per cominciare dalla guerra Troiana, che pensi tu che volesse significare quel dragone domestico lungo sette gomiti, che beveva con Aiace Locrense, che gli andava innanzi per via, e stavagli attorno come un cane? che credi denotasseno le penne di Dedalo? che cosa le ali del cavallo pegaseo? e le altre cose mostruose annoverate dalle favole? Per che cagione va Pittagora e torna sì tosto d'Italia

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Argomenti: demonio maligno,    sei ore,    tre città,    brutto amore,    due sorte

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