La strega ovvero degli inganni de' demoni di Giovan Francesco Pico Della Mirandola pagina 18

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querele e a' processi per questo. Imperocchè a noi che c'importa, che vadino col corpo, o con la mente a piè, o a cavallo? Ma per aver rinnegata la fede, dove hanno già fatto professione, scherniti i sacramenti, e sprezzato Cristo, per avere adorato il demonio, e commessi molti malefizj, perciò facciamo loro le inquisizioni, e convinte nelle sceleranze loro le diamo a' principi, o a' loro ministri che le gastighino; confidati non pure nelle antiche leggi della Chiesa, ma anco nelle nuove, e parimente replicate da Innocenzio ottavo prima, e di poi da Giulio secondo, pontefici grandissimi. Ma guarda nondimeno di non credere che la maggior parte di loro sia portata col corpo. FR. Ier l'altro, o Dicaste, avvertii questo Apistio, che non sprezzi come cosa incredibile quello che tutti gli uomini, o la maggior parte, hanno per probabile; ed è sentenza di Aristotile, che quello che è detto da tutti, non può essere in tutto falso: dalla quale persuaso Tomasso d'Aquino, annoverato fra santi per la sua pietà e per la sua scienza fra i dottori eccellentissimi, si pensò nel secondo comento, massimamente sopra le sentenze teologiche, che gli incubi e i succubi fusseno demonj, per essere stati di questo parere molti uomini eccellenti; sì che non avere, Apistio, per cosa abominevole quello che è accettato per cosa tanto famosa, e per il consenso di tanti litterati. DIC. Ottimamente l'hai ammonito: e acciocchè ora si gnene faccia maggior fede, vien qua, Strega; giura in su questo libro santo che io t'ho posto innanzi, e sappi che per tal giuramento sei costretta in modo, che se poi mancando della fede e promessa, e ingannando, o pure in una minima cosa dicendo la bugia, non hai mai a pensare, nè appresso di noi, nè manco appresso al secolo avvenire, trovare perdono. ST. Ho giurato. DIC. Eri tu portata al giuoco col corpo, o con l'animo? ST. E col corpo insieme, e con l'animo. DIC. Come sai tu di essere stata levata per aria con esso il corpo? ST. Perchè io toccava con queste mani stesse quel demonio, che si chiamava Lodovico. DIC. Che toccavi tu? ST. Il suo corpo. DIC. Era come quello di ciascuno di noi? ST. Più morbido. DIC. Eravi egli altri col corpo? ST. Una turba grandissima. DIC. Così hanno affermato tutti: di quanti mai ne ho esaminati, ancora senza martoro. Così dicono avere risposto per una voce quanti altri mai sono stati esaminati da altri inquisitori, benchè sappiano questa non essere la cagione donde abbiano aver martoro, ed essere punite, ma solo per avere rinnegata la fede che avevano promessa. Nondimeno tutti per una bocca, tanto i maschi quanto le femmine, o in questo o in altro luogo che siano, parlano così. Vo' raccontarvi un caso che non è favola, ma storia. Pochi mesi sono, che nella rocca fortissima che tu vedi di questa città, circondata di sì profondi e sì larghi fossi, e cinta di sì alte mura, era portato un fanciullino in braccio dalla sua madre (come si fa) dove che, sendo veduto a sorte da quello scelleratissimo sacerdote che si è giustiziato, parlando con un suo parente guardiano della rocca, subito gli entrò addosso la mala tentazione di volerlo succhiare e guastare, e parvegli quel dì più lungo che non pare a chi lavora a opra. Come la notte venne, si fece portare al demonio per aria, ed entrò in casa, dove il fanciullino giaceva nella culla, e succhiolli il sangue in tanta copia, che non aveva più forma di fanciullo umano, ma pareva un'ombra vana. Sendo al tutto ignota la cagione della pallidezza, e del male, insino a tanto che giudicato il malfattore al fuoco, chiese perdono al padre del fanciullo, a cui avea succhiato il tenero sangue, della sceleranza commissa, andando e venendo sopra quelle alte mura. Vadino ora gli antichi, e celebrino gli antropofagi, e maraviglisi l'età nostra che si trovino nell'isole del mare orientale uomini che mangino le carni umane, quando che nel mezzo d'Italia, in una regione domestichissima e coltivata, lontana da ogni feritade, per istinto de' maligni demonj si sia trovata compagnia di sì gran numero, che si pasce di sangue umano. Ma io ritorno alla strega. Che congiungimento era il tuo con un corpo aereo? ST. Non so con che corpo, ma conoscevo bene, che io vi avevo molto maggior piacere che col mio marito. DIC. Non ti dava egli orrore e spavento il sapere che egli fusse un demonio. ST. Io non vedevo altro che umana effigie, eccetto i piedi, i quali non mi si offerivano così alla vista come il petto, e come le altre membra. AP. Oh, che aspetto! FR. Tale che occultava la crudeltà, la invidia, e mostrava la pulitezza, la delicatezza, e le altre cose, con le quali allettava e invaghiva. Venere nelle selve, desiderando mescolarsi con Adone, teneva modo di cacciatrice per allettare e prendere il cacciatore, donde l'ingegnoso poeta disse: In abito succinto alla verdura Nuda a ginocchio al modo di Diana, Chiama alla preda i can pronta e secura. Nè altrimenti ancora ingannò Anchise pastore, che con modi convenienti ad un uomo che stesse in villa. Così è descritto da Omero in un certo inno, nel modo, nella grandezza, e nella forma che si mostrava simile alla vergine Admeta, quando disse nella sua lingua Greca…. DIC. Dillo latino. AP. Dillo al modo d'oggi. FR. Non riesce sempre il capriccio di tradurre all'improviso le cose greche. DIC. Traducili bene se si può, se non, fallo in qualunque modo si sia. FRONIMO La figlia a Giove, e madre al cieco Amore
Simil mostrossi al giovanetto Anchise
Alla fanciulla Admeta in volto fuore.
DIC. Che pensi tu che abbia voluto intendere il poeta per quella similitudine? FR. Lo dimostrano a bastanza le cose che vanno innanzi e quelle che seguitano. Imperocchè lo trovò separato da' suoi che andava co' buoi, e mostrògli lo splendore insolito a lui, e con grazia lo fece maravigliare di lei, fingendosi mortale, ed avendogli per molte ambagi narrata la sua genealogia, al fine lo tirò agli amorosi piaceri. AP. Ho letto bene che Anchise ne fu punito, sendo percosso dal fulmine come gli era stato preditto, donde è quel verso: Giove irato il ferì col telo ardente. Ed avvenga che la cagione d'essere stato in tal guisa punito la dia all'avere egli divulgato il peccato, nondimeno dimostra innanzi, che tutti quelli che cercavano d'aver a fare con gli Dei, capitavano male. Così dicono le favole che Semele fu percossa dalla saetta. Nè son molto discosto dal credere, seguitando Callimaco in questo (ancora che Ovidio dica altrimenti), che Tiresia accecasse per avere usato con Pallade, ovvero per averla in questo affare desiderata: ancor che con più onesto modo abbia finto Callimaco essergli avvenuto per avere vista Pallade ignuda. FR. Che dici adunque? AP. Che tutte son cose simulate, e penso, e dubito che elle siano cose finte. FR. Pensi tu, che in quei primi tempi degli eroi siano apparsi demonj, che, secondo a nostra religione, sai che sono spezie di spiriti maligni? AP. Sì certo. FR. Perchè non credi che quegli abbiano appetito di congiungersi con le donne sotto spezie di uomini, e con gli uomini sotto spezie di donne? AP. Perchè non sono di carne, che si possino dilettarsi di piaceri amorosi. FR. Si è detto più volte, che non lo fanno per quello, ma per cagione d'ingannare. AP. Dicono pure figliuoli di Dei, e figliuole di Dee, e ieri l'altro mi ricordo che dicesti, le favole avere auto qualche fondamento, donde è egli adunque il seme ne' maschi? Donde il partorire nelle femine? Di che cose nascono i piccoli fanciulli? FR. Dubiti tu forse che siano fatti di niente? Conciossiacosachè anco nel sacro Genesi narrato da Mosè, in un certo luogo facendosi menzione de' figliuoli e delle figliuole di Dio, e degli uomini, pensando alcuni che voglia intendere simili congiungimenti, vogliono che si riferisca alla progenie giusta ed alla ingiusta; ma non si ha da stimare, che sia così, se si dica alcuni esser figliuoli di Giove e di Apolline, che questi siano tenuti essere nati del seme de' demonj, chè essi non l'hanno, ma figliuoli

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Argomenti: libro santo,    giuramento sei,    mare orientale,    splendore insolito,    giove irato

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