La strega ovvero degli inganni de' demoni di Giovan Francesco Pico Della Mirandola pagina 11

Testo di pubblico dominio

Da' Gentili sì, imperocchè (se io non m'inganno) non troverai mai per esempio nessuno tal nome avere origine nè da' Greci, nè da' Latini. Ne' Comentarj di Cesare solamente ho letto Litavico, donde è venuto Luigi (variato di poco) nella lingua franzese: e poi nella latina Lodovico, che nasce da quello. AP. Non vo' disputarla ora, sendo risoluto di volere ragionare con la nostra Strega. FR. Ho detto quel che me ne pare, pronto nondimeno a udire i più savi di me. AP. Ma, o buona Strega, ti prego che tu ci scopra sinceramente i tuoi amori. STR. Che cosa vuoi tu sapere? AP. Parevati egli uomo? STR. Uomo, eccetto che i piedi, che pareva sempre gli avesse d'oca: sempre gli portava rivolti indietro, tal che rimanevano l'orme a contrario. AP. Qual credete voi che fusse la cagione che si mostrasse uomo nel volto e negli altri membri, e ne' piedi oca? DIC. Tu leggerai, questo in tutti i libelli delle querele: il diavolo ovvero il demonio, o vuoi dire satanasso, mostrarsi in forma d'uomo, eccetto i piedi: di che mi sono spesso maravigliato e immaginatomi, che la causa sia che non possa interamente pigliare la forma umana, non essendogli concesso rappresentarla nei piedi; e forse può essere che i piedi più tosto che l'altre membra non rispondino all'altre fattezze; perchè usavano già nei sensi mistici significare gli affetti per i piedi; e per questo gli porti rivolti indrieto e a contrario. Ma perchè abbia piuttosto voluto pigliare il passo dell'oca, che d'altri animali, io confesso al tutto di non saperlo: se già nell'oca non è qualche proprietà più occulta che possa accomodarsi alla malizia. Benchè io non mi ricordo che tal cosa sia stata avvertita da Aristotile, anzi piuttosto (se io ho bene a mente) attribuisce a questa sorte d'uccelli la vergogna. FR. Può ancora il pubblico nimico del genere umano aver voluto spargere alcune reliquie più nascoste della superstizione dei Gentili: a cui già si sacrificava l'oca sotto il simulacro d'Inaco e d'Inachide, e di qui vennero quei versi: Non giova il Campidoglio aver difeso
Che gl'intestini suoi non ti dia l'oca
Inaco degno;
ovvero come altri vogliono che si legga piuttosto: Il fegato la vacca Inaco dia
A te ne' piatti.
Dice Plinio che si soleva sacrificare il fegato dell'oca a Inaco Dio del fiume d'Argo; il qual uccello s'allegra dell'acqua, e d'Inachide si prova perchè si sa per la storia d'Erodoto, che i sacerdoti egizi erano soliti mangiar carne d'oca: e quivi con gran superstizione s'adorava Iside, che fu tenuta poi Diana: in oltre l'oca più astuta del cane (come disse colui) facilissimamente conturba molto il silenzio della notte, alla quale diceano Diana essere soprastante: e il demonio forse prese i piedi di quell'uccello a dinotare che così come quello è uccello vigilante, e quando le bisogna essere intenta a far la guardia, è senza sonno; così doversi ancora essere sollecito all'andare a quel giuoco, e quivi consumare tutta la notte dandosi buon tempo; ovvero perchè si dicesse, che una certa parte di quell'uccello incita le donne a lussuria. Potè similmente essere indizio di qualche amore più occulto e più crudele, trovandosi scritto l'oche aver desiderato con libidine altri fuor della loro spezie. È cosa nota appresso di Plinio di un fanciullo d'Argo chiamato Oleno, e di Glauco citaredo del re Tolomeo, de' quali si dice che le oche se n'erano innamorate. Dove io credo che Plinio errasse, perocchè Teofrasto nel suo libro degli amori dice, che il fanciullo si chiama per nome Anfiloco e non Oleno, ma Olenio era il nome della patria, nè quello è al tutto inconveniente, imperocchè i piedi dell'oca sono già stati avuti nelle delizie dei conviti, e per questo forse si può dire aver voluto dinotare che le vivande scelte della mensa di Diana eran da essere preposte non pure all'altre, ma ancora a quelle della mensa del sole d'Etiopia, dove non si legge che vi fusseno usati i piè dell'oca, i quali forse per paura Messalino Cotta infino a qui non gli ha messi in uso. Queste cose mi piaceno più che dire che l'oche abbiano a essere celebrate con nome di sapienza; per aver conversato ancora con Lachide filosofo nei bagni; perch'io crederò piuttosto che questa sorte di domestichezza sia simile a quella d'Aiace Locrense col dragone, e non fusse difforme da quella voce famigliare che Socrate sentiva sonarsi negli orecchi, ovvero da quella che pronosticava ad Agamennone e Menelao, e a Priamo, secondo che si legge nel poema intitolato delle pietre, che è attribuito ad Orfeo, nè è al tutto fuor di ragione il credere, che quei piedi voglino significar la prestezza del cammino, con la qual siano portate al giuoco, conciossiachè noi non leggiamo alcun altro uccello mai aver fatto tanto viaggio con i suoi piedi, quanto l'oche, che, come dice Plinio, vennero già da' Morini insino a Roma a piedi. FR. Dimmi un poco tu: mostravatisi egli mai con altri piedi che d'oca, quando veniva a te? ST. Mai con altri. AP. Come vi veniva? ST. E chiamandolo io, e spesso da per sè. AP. Sempre in forma umana? STR. Sempre quando veniva per dormir meco. AP. Oh che! dormire con una vecchia grinza! ST. Ohimè, ohimè Dio! AP. Di che hai tu paura? ST. Vedete, vedete. DIC. Dove? ST. Al muro. DIC. In che forma? ST. Di passera. DIC. Ora si mostra in forma d'uccello lussuriosissimo, non si discostando dal parlare di questa donna. Voi avanzate con la lussuria ogni mostruosa libidine. AP. Maravigliomi che nessuno altro, eccetto costei, vegga questa passera. DIC. Certo che nissuno non la vede. AP. Cosa invero maravigliosa. FR. Per che cagione ti maravigli, non ti facendo maraviglia dell'anello di quel pastore di Lidia, detto Gigi, celebrato e da Platone e da Cicerone? DIC. Avviene non pure nelle vane apparizioni de' demonj iniqui e maligni, ma ancora ne' prodigi divini, che quelle cose, che si fanno palesemente, talora non sien viste se non da pochi; e per tacere le altre cose, quel lume che stava sopra il capo di san Martino, del qual disputa Severo Sulpizio, fu visto da pochissime persone. E quello splendore che apparse a sant'Ambrogio, mentre che scriveva, fu visto solamente da Paulino; ma perchè questa presente imagine del demonio sia vista solamente dalla Strega, io ne darò la cagione all'amicizia che ha con esso lui, per la quale si fa, che non solamente gli occhi, ma ancora la potenza imaginativa, per un certo abito s'indirizzi nell'amato. Tre dì fa ci raccontò avere visto il suo amatore ravvolto in giro a guisa di serpe. FR. Così anco si mostrava appresso dei gentili, e in forma d'uccello ed in forma di serpe; però che tu hai letto che, domandando Alessandro la guida del cammino all'oracolo Ammone, gli dette i corvi. AP. È vero, e se io mi ricordo bene, gli dette anco i dragoni. FR. Dubiti tu forse che quelli non fusseno demonj sotto spezie di corvo? Così quegli altri due, che racconta Aristotile fra le cose maravigliose, esser stati in Caria intorno al tempio di Giove. Che bisogna che tu ti maravigli, avendo letto appresso di Plinio che l'anima d'Ermolino Clazomenio andava vagando fuor del corpo, e quella figura di corvo che era solita partirsi dalla bocca d'Aristeo Proconesio, la quale dicevano essere la sua anima, non era veduta da tutti gli uomini, ma da qualcuno, e molto meno ancora ti maraviglieresti, se tu sapessi quel che fu detto da Aristotile, e confermato da altri di quell'uomo tasio. AP. Dicci di grazia, quel che si dica che gli avvenisse. FR. Dicono essere stata vista da lui medesimo l'anima sua mentre che moriva stargli innanzi, la quale non viddeno gli altri uomini. AP. Si può dunque credere senza biasimo (come dicono), che si vegghino qualche volta spiriti buoni e cattivi senza corpo da quelli che stanno per morire, i quali non sian visti da altri? FR. Perchè no? Avendolo creduto tanti uomini famosi, e scrittolo ancora agli altri? AP. Ètti passato via la paura? ST. Sì, e per i vostri ragionamenti, e per la presenza vostra. AP. Hai tu però tanta paura del tuo

Tag: piedi    altri    essere    oca    forma    aver    forse    uccello    uomo    

Argomenti: glauco citaredo,    tanto viaggio,    disputa severo,    certo abito

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo
Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni
Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce
Corbaccio di Giovanni Boccaccio
L'amore che torna di Guido da Verona

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

Il cardellino: caratteristiche e storia
Come addobbare la sala per il ricevimento
Storia e curiosità sul canarino
Il Boa constrictor
Come seccare i petali di rosa


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22 successiva ->