Il benefattore di Luigi Capuana pagina 21

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camminare coi propri piedi. —Come ha fatto?—gli domandai, quasi egli m'avesse detto cosa da non recarmi nessuna meraviglia. —Non vorrei abusare della sua cortesia—rispose—intrattenendolo per parecchie ore con la spiegazione di teoriche un po' astruse. E poi, il preciso come non saprei spiegarglielo neppure io stesso. Tenterò. Era un adepto teosofo, un discepolo di quella scuola religiosa filosofica e scientifica che esiste nell'India e che la signora Blavatsky e i suoi collaboratori cominciano a diffondere in Europa. Ascoltai, senza batter ciglio, senza mostrare stupore o incredulità; anzi arrivai fino a mostrarmi persuaso della possibilità del fatto. Soggiunsi però: —Una cosa è la possibilità di un fatto, altra la realizzazione di esso. Io, per esempio, non dirò mai che i palloni, teoricamente, non siano dirigibili; ma, per ora, la scienza non è riuscita a ridurre in pratica la teorica, quantunque molti si siano illusi di aver sciolto l'arduo problema. —Crede dunque che io sia un illuso? Che il fatto della mia invisibilità sia soltanto un'allucinazione prodotta dallo sforzo nervoso, e dalla perturbazione che n'è seguita nell'organismo? —Potrebbe darsi—risposi. —In questo caso, le darò una prova. Ritornerò da lei fra qualche giorno. —Perchè non darmela ora stesso? —Perchè occorre una preparazione. La prova sarà tale, che lei non potrà più dubitare. Intanto pensi al rimedio ora che sa di che cosa si tratta. —Una buona serie di doccie fredde!—dissi da me. E credevo di non più rivederlo, sapendo per esperienza che i malati del genere a cui stimavo che colui appartenesse non sogliono ritornare dai medici, se sospettano di non essere stati presi sul serio. Ecco ora quel che mi accadde due giorni dopo, e quando non pensavo affatto al mio strano visitatore. Ero rientrato in casa portando cinque o sei bellissime rose thea. Allora amavo di avere qualche fiore sul mio tavolino di studio, in un vasetto giapponese regalatomi da un amico, oggettino bello e raro che mi era carissimo. Le avevo poste io stesso in quel vasetto, mutando l'acqua dei fiori mezzo appassiti che vi si trovavano da due giorni. Riferisco questi particolari per far meglio comprendere il mio stupore quando, terminato di leggere alcune lettere arrivate nella mia assenza, non vidi più le rose dove con molta cura le avevo disposte poco prima. Accusandomi di sbadataggine, le cercai con gli occhi per la stanza, su altri mobili; le rose erano sparite! Passato il rapido sbalordimento, io non potei più dubitare di averle poste nel vasetto e cercavo di spiegarmi quel fatto, sospettandolo una burla di un mio nipotino entrato zitto zitto nello studio mentre ero distratto dalla lettura. Guardai l'uscio, e vistolo chiuso e non socchiuso, rivolsi di nuovo gli occhi al tavolino… Era sparito anche il vasetto! Un brivido di freddo mi corse per le ossa. Davanti a certi fenomeni non c'è tempra d'uomo che resista. E il pensiero volò subito all'incognito che mi aveva promesso una prova della sua invisibilità. Egli doveva essere nello studio, in qualche angolo, e chi sa come rideva della mia paura e del mio imbarazzo! Giacchè, lo confesso, io avevo paura non sapevo come comportarmi. A un tratto, ecco un foglio di carta da lettere che esce dalla papeterie, si stende sul tavolino proprio nel posto dove io solevo scrivere, ed ecco una penna impugnata da mano invisibile che si muove e traccia dei caratteri celeremente. Mi slancio per afferrare il braccio e fermare la mano, ma la penna cade sul tavolino, e io non sorprendo niente di solido come avevo immaginato. Leggo quel che la penna ha scritto:—Crede ora? Verrò domani—e mi sento preso da vertigine, vedendo riapparire il vasetto con le rose, ma in un altro punto del tavolino. Eppure—tanta è la nostra avversione a prestar fede a quel che crediamo impossibile!—io sarei rimasto nel dubbio di essere stato vittima di un'allucinazione cagionata da quella che il Braid ha chiamato attenzione aspettante, se il giorno appresso il mio cliente non si fosse presentato, sorridendo dalla soddisfazione e ripetendomi le parole scritte: —Crede ora? —Credo a quel che ho visto—risposi.—Ma questo non prova che voi possiate rendervi invisibile. Prova soltanto che avete un potere misterioso con cui agite a distanza, mettendo in opra forze da me ignote e delle quali si parla in parecchi libri che si occupano di simili fenomeni. —Ha ragione—egli disse. E rimase pensieroso. —Senta—riprese dopo lunga pausa.—Io ero risoluto a non abbandonarmi più a queste pericolose prove di cui già risento i tristi effetti. Ma esse hanno le affascinanti attrattive dell'hascich e della morfina e sono malefiche altrettanto. Gustate una volta, non è possibile rinunziarvi, neppure avendo la certezza di trovarvi, presto o tardi, la pazzia, o la morte. Ha ragione: le prove datele non sono convincenti. Per ringraziarla, a modo mio, della cortesia con cui mi ha accolto e dell'interesse dimostratomi, le darò ora la prova assoluta. Apriamo le finestre. E accorse egli stesso ad aprirne una; io apersi l'altra. —Si segga là—riprese indicandomi una seggiola—e non dica una parola, non faccia il minimo movimento. Stia soltanto a guardare. Incrociò le braccia, si piantò ritto su la persona nel centro della stanza, con gli occhi chiusi e la testa rovesciata un po' indietro, immobile per alcuni minuti. Io trattenevo il fiato, ansiosissimo. Vidi uscirgli disotto le braccia un lieve vapore bianco, che discese lentamente lungo le gambe e le avvolse quasi serpeggiando fino alla punta dei piedi; lo vidi risalire con ondate più dense, aggirarsi attorno al petto, elevarsi fin sopra i capelli e nascondere ai miei sguardi tutta la persona di lui. Poi questa colonna di fumo, che spandeva attorno un odore acre, sgradevole, cominciò a piegarsi da una parte quasi mossa dall'aria che penetrava da una delle finestre e a disperdersi uscendo, come spinta dal vento, con larghi avvolgimenti, dall'altra… Ed io sbarravo gli occhi, stupito di vedere che il fumo biancastro andasse via attenuandosi. Sembrava che il pavimento fumigasse; poi le ultime ondate si staccarono dal suolo tremolanti, si alzarono fino all'altezza delle finestre e svanirono.. Il mio cliente era sparito! Rimase ancora là? Uscì, invisibile, dall'uscio o col fumo? Non saprei dirlo… Era sparito; e non l'ho più riveduto! VII. Il busto. —E che direste—esclamò il dottor Maggioli—se io vi raccontassi per quale sciocca circostanza sono stato, trent'anni fa, sul punto d'impazzire? —Voi, così savio, così impassibile?—lo interruppe l'abate Venini. —Se non savio e impassibile—riprese il dottore sorridendo—certamente molto equilibrato di nervi e di immaginazione. Eppure… Questo significa che le circostanze non hanno valore per loro stesse, ma assumono maggiore o minore importanza secondo certi stati del nostro organismo dei quali la scienza non sa ancora rendersi conto. Ho visto un uomo coraggiosissimo tremar di paura come un bambino; ho conosciuto un pusillanime che ha compiuto un atto di eroismo di cui nessuno lo avrebbe mai creduto capace. Passato quel momento, l'uno è tornato intrepido sfidatore di pericoli qual era sempre stato; l'altro, un poltrone che si atterriva fin della sua ombra. E nessuno ha saputo spiegare per quali ragioni, in un istante, le loro parti si siano invertite. —Ah, io avrei voluto vedervi da Orlando furioso! —Furioso a dirittura, cara baronessa—riprese il dottor Maggioli.—Non posso ricordarlo senza sentirmi correre acuti brividi per tutta la persona. —Su, fate abbrividire anche noi!—disse la baronessa Lanari. —Probabilmente voialtri riderete. Io stesso debbo fare talvolta uno sforzo per persuadermi che l'accaduto di trent'anni fa non è stato un sogno bizzarro o un'allucinazione. Mi domando: È mai possibile che io sia arrivato fino al punto…? Ma appena mi si ripresenta alla immaginazione la figura sbalordita dell'unico

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Argomenti: mano invisibile,    minore importanza,    lieve vapore,    fumo biancastro,    importanza secondo

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