Il benefattore di Luigi Capuana pagina 11

Testo di pubblico dominio

lampioncini giapponesi pendenti da albero ad albero, con la banda che suonava nel piazzale, coi fuochi d'artifizio incendiati su la collina perchè la popolazione di Settefonti potesse goderli meglio. Quando, verso la mezzanotte, miss Elsa e Paolo rimasero soli, Paolo era così stordito dalla sua felicità, che non pensava di stringerla fra le braccia, quasi temesse di destarsi da un bellissimo sogno. Miss Elsa, dolce e pudibonda, con grazioso gesto prese tra le mani la testa di suo marito, e baciando, come cosa sacra, la cicatrice ancora rosseggiante al lato destro della fronte di lui, gli disse: —Chi sa! Forse, senza di questa… ………………………………………. E da lontano arrivavano le ultime note di un passo doppio della banda di Settefonti e le grida di saluto degli invitati: —Viva il Benefattore! PER UN SOGNO. Ezio Cami si svegliò sentendo ancora vivissima la profonda commozione degli avvenimenti sognati. Nella realtà, essi non avrebbero potuto lasciargli un'impressione più deliziosa e più forte. —Peccato che sia sogno!—esclamò, rizzandosi a sedere sul letto. Incrociò le mani dietro la nuca, appoggiò così la testa alla spalliera del capezzale e tentò di ricostruirsi, con tutti i più minuti particolari, quel sogno che già gli sembrava si dileguasse lontano nella densa nebbia dove spesso si smarriscono le incoerenti visioni notturne. Voleva rigoderselo, fissarselo nella memoria come un avvenimento reale. Era così bello e così assurdo! E, chiusi gli occhi e quasi trattenendo il respiro, rivedeva quell'angolo—di giardino?… di parco?… di foresta? non sapeva precisarlo—pieno di ombra, solitario, con quei riflessi azzurri delle acque—di un fiume? di un lago? del mare?—che s'intravedevano laggiù, fra i tronchi e i rami degli alberi, sotto la luce diffusa dei raggi solari, che però stentavano a infiltrarsi tra il fitto fogliame là dov'egli sedeva assieme con la signora Arici, tenendosi per mano, scambiando poche parole, in dolce intimità che lo stupiva anche nel sogno… Si erano incontrati parecchie volte in riunioni familiari presso amici comuni; avevano ragionato di musica, di pittura, di poesia, di romanzi, di cose frivole, di pettegolezzi, di piccole malignità, fin di politica; ella, sempre contegnosa, quasi severa anche quando sorrideva delle eccessive opinioni di lui; egli, rispettoso e indifferente davanti a quella bellezza veramente straordinaria che faceva girare il cervello a molti, e che a lui ispirava soltanto un senso di ammirazione artistica e nient'altro, quale egli avrebbe potuto sentirlo per un capolavoro di statuaria o di pittura; convinto com'era della incrollabile virtù di quella donna, e sdegnoso, per natura e per proposito, dei lunghi assedii che esauriscono le forze dell'assediata e dell'assediante, e non sempre sono seguiti dalla resa. In quest'ultimi mesi egli l'aveva avvicinata poco, distratto da una facile avventura con una signora molto gelosa e che commetteva l'imprudenza di non nasconderlo. Per questa e per altre ragioni, non ultima quella che assegna una fine anche amori giurati eterni, l'avventura era terminata due o tre giorni addietro; ed Ezio Cami, assaporando le delizie della riacquistata libertà, non pensava affatto a impegnarsi in altro consimile intrigo. Per ciò egli si stupiva, anche nel sogno, di vedersi in quel posto, tenendosi per mano, scambiando poche parole in dolce intimità con la bellissima signora Arici… Poi, senza avvedersi del cambiamento di scena, a un gesto di invito di lei, si erano trovati in una camera stranamente mobiliata… In casa di essa e di lui?… Ella gli resisteva appena, per vezzo, con negli occhi neri e grandi (invece la signora Arici li aveva limpidamente azzurri, ma egli nel sogno non si meravigliava di questa circostanza, dubitava di non aver osservato bene) con negli occhi neri e grandi una intensa ansietà di dedizione; poi, sciolte le nere trecce copiosissime e lunghe (la signora Arici in realtà era bionda), stringendosi al petto la testa di lui, gliel'aveva coperta ed avvolta con esse. Ed egli si era sentito avviluppare da quei capelli, come da tentacoli brulicanti che gli si fossero insinuati sotto le vesti e gli si attaccavano alle carni, dandogli tale sensazione di supremo piacere da doverne forse morire… Allora si era svegliato! Ezio Cami, un po' superstizioso, disse: —Dicono che i sogni siano il riflesso, la ripercussione della vita giornaliera… Io non ho mai pensato in questi giorni, neppure casualmente e alla sfuggita, alla signora Arici… Non l'ho mai desiderata, quantunque desiderabilissima, perchè non amo di fantasticare cose impossibili o che a me paiono irraggiungibili. Ed ella intanto mi è venuta in sogno, ed è stata mia, come se la nostra vita di amanti durasse da un pezzo, senza che lei nè io ci preoccupassimo del marito che pure esisteva anche nel sogno, giacchè ricordo benissimo che ella non era semplicemente una signora, ma la signora Arici!… Di che mi meraviglio?… Forse nella realtà non accadrebbe la stessa cosa?… Peccato che non sia vero!… Come mai però?… Voleva trovare una ragione, un'origine al sogno; e scrollò le spalle quando gli si affacciò alla mente la spiegazione di un dottore, che si era formato una specialità dello studio dei sogni, a proposito di un caso consimile. Eh, via! Quel dottore era troppo invasato da certe recenti teoriche di suggestioni a distanza, da inconsapevoli proiezioni di pensiero… Appunto quella notte, la signora Arici avrebbe dovuto intensamente pensare a lui! Figuriamoci! Aveva pensato a lui quanto al Sultano del Marocco. Eppure, dopo averci lungamente riflettuto su durante parecchi giorni, e notando l'insistente perduranza della impressione del sogno, egli avea finito con lusingarsi che la spiegazione di quel dottore poteva benissimo adattarsi al suo caso: cioè che la signora Arici, chi sa perchè?… forse nell'occasione di quella rottura che non era un mistero per nessuno… Le stranezze del cuore femminile sono infinite! Insomma, perchè no?… Si erano dati casi assai più assurdi di questo… E per curiosità e lusingato anche dalla vanità, si era proposto di verificare se il suo fosse stato un sogno ammonitore. Insomma, perchè no? * * * Non avea vinto facilmente; e, terzo, con la curiosità e la vanità, il suo cuore era entrato nella lotta, incitato dalla lunga resistenza della signora Arici, e anche dalla convinzione che quel dottore non s'ingannava giudicando certi sogni opera di inconsapevole trasmissione di pensiero. Sin dalle prime esitanti parole da lui dette alla bellissima signora, egli aveva capito, dal contegno di lei, di non esserle indifferente… Anzi! Anzi! E questo lo aveva molto incoraggiato ad insistere. Oh, il suo bel sogno doveva avverarsi intero! Egli doveva provare, nella realtà, quell'ineffabile sensazione per cui gli era parso di essere avviluppato dai capelli di lei come da tentacoli brulicanti e di quasi morire nel godimento! Invece!… Egli aveva stretto fra le braccia il divino corpo tanto desiderato, senza sentirlo vibrare di una scossa, ghiaccio, quasi morto; senza che dalle labbra furiosamente baciate, aride e fredde, scoppiasse il riscontro di un bacio caldo, il suono di una parola ardente! —Che hai? —Niente. T'amo! —Tu soffri! Stai male! —No. T'amo. Ti ho amato sempre, tanto! Ma sembrava che le parole le uscissero di bocca in modo meccanico, ch'ella le ripetesse come cosa appresa a memoria, senza che il cuore e l'anima vi prendessero parte. Egli la scuoteva rabbiosamente, quasi brutalmente. Ma più tentava d'infonderle ardore e slancio, più sembrava ch'ella si irrigidisse, si chiudesse in sè. —Che pensi?… Parla!… Che temi? —Niente! Era divenuta pallida, come sul punto di svenirsi. Sembrava vinta da grande stupore. Nel sorriso, che di tratto in tratto le fioriva su le labbra, c'era qualcosa di indifferente, di gelido, che si comunicava a lui, che lo impacciava e lo irritava

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Argomenti: lato destro,    dolce intimità,    grazioso gesto,    incrollabile virtù,    facile avventura

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