Romanzo d'una signorina per bene di Anna Vertua Gentile pagina 8

Testo di pubblico dominio

offerta come bambinaia, come cameriera, come operaia!… Nessuno mi ha accettata! E il povero Cecchino aveva fame e io non potevo più frequentare la sartoria perchè non avevo scarpe nè vestito!… C'è più indulgenza, c'è maggiore generosità nei conventi!… E la vita dell'infermiera è la via della abnegazione e della pietà!… È la via del Paradiso ove è Cecchino e dove io lo raggiungerò… Che il Signore la benedica, signorina! In così dire, si era alzata per congedarsi. Lucia frugò in fretta in un tiretto del tavolino e ne tolse una crocetta d'oro appesa a una minuta catenella pure d'oro. La passò al collo della giovine, e baciandola, le disse: «In ricordo di me; e quando ci sarà la vestizione, fatemi avvertita! La giovine baciò la crocetta prima di nasconderla in seno, abbassò il velo su 'l volto, salutò intenerita, e uscì. «È più felice di me!—esclamò Lucia sedendo al piano e suonando la musica aperta su 'l leggio; una marcia funebre di Chopin, che era tutta un singhiozzo. Più felice di lei?… Perché?… Che cosa le mancava a lei?… Aveva ella forse sofferto la fame, l'ingiustizia, l'abbandono?.. Nel suo cuore era forse lo schianto per la morte di un unico fratello, travolto da una cinghia brutale?.. Perchè le usciva quell'esclamazione a lei, ricca, amata, ricercata? Il perchè lo dicevano a l'anima sua le note di Chopin. Nessun altro al mondo doveva, poteva saperlo!… Fatto è ch'ella non si sentiva punto, punto felice; tutt'altro!.. e che nel fondo del cuore invidiava melanconicamente a la sorte della sorella di Cecchino. Zia Marta venne in quel punto a cercarla. Che cosa faceva lì rinchiusa per delle ore che ella era costretta a inuggirsi nella solitudine?… Che gusto era il suo di suonare roba da mortorio e di suonare per suo conto, quando nessuno la poteva sentire nè applaudire? Lucia stentò a non rispondere con qualche vivacità. O non poteva suonare quello che meglio le piaceva?… E poi, che cosa le importava a lei, di essere sentita? applaudita? suonava per proprio conto, lei, per sentire il linguaggio dell'anima sua che si traduceva nella interpretazione dei suoni. Ma….. tanto la zia, certe cose non le poteva capire; e non metteva conto contrariarla. Chiuse il piano e seguì di là la zia, che si rimise al telaio: ricamava, da mesi, un cuscino da divano, a tinte scialbe, autunnali, stanche; tinte che sopprimono la primavera e la giovinezza; gusti da gente che più non sente la serena poesia dei colori smaglianti; che più non ha occhi, nè desideri, nè aspirazioni che per le cose e i sentimenti sbiaditi, nati vecchi. Lucia si buttò in una poltroncina a sdraio e prese dal tavolino lì presso un libro nuovo, uno degli ultimi usciti e mandato a casa giusto quello stesso giorno dall'editore. Ella leggeva tutto adesso che Lena non era più lì a sceglierle i libri convenienti. E siccome a casa ne venivano a pacchi, ella aveva da sbizzarrirsi a sua voglia. Buono però, che in quel ginepraio di letture svariatissime e non sempre morali, Lucia non smarriva mai il suo retto buon senso. Natura positiva più tosto che immaginosa, ella rilevava subito la falsità dei caratteri, l'esagerazione delle passioni, e non ne rimaneva turbata. Leggendo, aveva imparato a farsi questa domanda: «Nella vita che io conosco succede davvero così?» E siccome nella vita che ella conosceva, non succedeva così, ella tirava via a leggere come di panzane, di cose a fatto fantasiose. Così che le letture, per quanto disordinate, non toccavano nè alteravano per nulla la tranquillità della sua anima. «Se tu leggi, è come se non fossi qui!—uscì a dire zia Marta, dopo un poco. Lucia chiuse il libro e prese in mano il lavoro, mettendosi di fronte a la zia, che la vedesse, che conversasse a sua voglia. Oh la zia aveva sempre voglia di chiacchierare!.. Quel giorno poi sentiva un vero bisogno, quasi il dovere di conversare intimamente con la nipote, la quale pareva non si accorgesse di nulla, non sospettasse manco per ombra la sorpresa che le si andava preparando. Oh una sgradevole sorpresa, prima di tutto per lei, povera signora che ormai aveva preso le redini della casa e le piaceva di reggerle; poi per quella fanciulla, che… che… Dio sa se si sarebbe adattata, se avrebbe sopportato in santa pace, l'avvenimento ormai da tutti previsto!.. Era strano, come mai Lucia, con la sua intelligenza, con la sua finezza, non si fosse fino allora accorta di nulla!.. E proprio, non si era accorta di nulla; tanto che, toccava a lei a illuminarla. Ciò ch'ella aveva pensato di fare già parecchie volte senza riuscir mai. Per non entrare in campo lì per lì, come una bomba, zia Marta prese l'aire di lontano, cominciando con chiedere notizie della signora Lena, informandosi del tempo che aveva lasciata la casa per entrare in collegio. «È andata via che sarà giusto un anno!—rispose Lucia con un sospiro di rincrescimento. «Ed è andata via perchè sono venuta io; come, probabilmente, a me toccherà di andarmene per lasciare il posto a un'altra. Lucia levò gli occhi dal lavoro e li fisò in volto a la zia con sorpresa e interrogazione. «Il tuo papà è ancora giovine, lo sai! «Ha cinquant'anni!—rispose Lucia pronunciando quel numero con serietà rispettosa, come se avesse detto ottant'anni. «Cinquant'anni non sono molti per un uomo; non sono moltissimi nè pure per una donna; e… «E… che cosa? Lucia cominciava a risentire una vaga inquietudine. «E… insomma: a quell'età, un uomo ben conservato e in ottima posizione, può avere ancora qualche capriccio, e qualcuna anche lo può risentire per lui! «Ah!.. La signora Rabbi!—saltò su Lucia, comprendendo lì per lì. Era scattata ritta, e tutta pallida, mormorò: «Papà è innamorato della signora Rabbi e la vuole sposare! Zia Marta volle persuaderla, che nulla era ancora definitivamente deciso; che fino allora non si trattava che di induzioni, di dicerie. Papà non aveva ancora manifestate a lei le sue intenzioni; e l'avrebbe fatto, se avesse davvero preso una decisione; se non altro per un riguardo a la sorella maggiore. Per riguardo ed anche per lasciarle il tempo necessario di affittare un piccolo appartamento ove vivere sola, poichè per certo, ella non avrebbe voluto vivere con la cognata. E lei, Lucia, la figliuola fino allora unicamente amata, pensava forse di star lì una volta che suo padre si fosse riammogliato? «Non potrei lasciare la casa di mio padre per la ragione ch'egli facesse ciò che è in suo diritto di fare!—rispose un po' seccamente la fanciulla. Ma soggiunse tosto, riaddolcendo l'accento: «In ogni modo, ti ringrazio zia, d'avermi aperti gli occhi. Mi abituerò poco a poco a l'idea di non avere più il babbo unicamente per me e di vivere con una matrigna. L'idea della matrigna, rievocò nel suo cuore l'immagine della mamma che vi stava scolpita; si sentì bollire dentro la commozione e per non farsi vedere a piangere, uscì per riparare nella solitudine e nella libertà della sua camera. Wise, cui la signora Marta, proibiva di entrare in salotto, da l'anticamera, ove era accucciato, seguì la padroncina, e come la vide buttarsi su 'l piccolo divano e quivi dare nello schianto, con un guaito espressivo, sedette su le zampe di dietro e le pose in grembo il bel testone fissandola con gli occhi mesti. Oh l'amico delle ore di sconforto!… l'unico amico ormai, poichè Lena più non era lì. Lo accarezzò dicendogli in un bisbiglio, fra il docciare dei lagrimoni, l'amarezza, la pena della sua anima. Papà, il suo papà, la lasciava!… Oh sì, sì, la lasciava!.. La signora Rabbi era troppo, troppo bella e attraente per non staccare il suo babbo da qualunque altro affetto, da qualunque altra cura!… Già, era da qualche tempo, ch'egli più non aveva per lei, la sua unica figliuola, l'affezione esclusiva, le premure di prima!… La vera causa del cambiamento, adesso la conosceva. Fra lei e il suo papà era sorta l'alta, altera figura d'una donna

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Argomenti: tempo necessario,    troppo bella,    povero cecchino,    marcia funebre,    piccolo divano

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