Romanzo d'una signorina per bene di Anna Vertua Gentile pagina 4

Testo di pubblico dominio

Lucia lasciò il piano, chiuse l'album, ritornò in salotto. Apprestò il thè al piccolo tavolo; offerse chicche, biscotti, liquori, crema, vini; recò le tazze fumanti e profumate alle tre signore; stette a vederle sorbire la delicata bevanda, gustare le leccornie; e invidiò loro il volgare piacere. «Poter godere delle piccole, sciocche cose!— andava pensando—piacersi delle ghiottonerie! occuparsi e divertirsi di insulsaggini!… Beato chi è fatto così, e non si affanna a correr dietro a un ideale, che fugge e fugge lusingando e attraendo con una fiamma bugiarda; fuoco fatuo. A un punto entrò Bortolo con il viso smorto. Pregava la signorina che gli desse qualche cosa di spiritoso per un povero fanciullo operaio che s'era fatto male a la fabbrica quel giorno stesso e che, dopo la medicazione del chirurgo, peggiorava a vista. «Papà sapeva?—chiese con ansia Lucia togliendo dall'armadio una bottiglia di cognac e consegnandola a Bortolo, che accennò di sì con il capo. «E anche tu, zia?—chiese la fanciulla. Dio buono!… Certo che la zia sapeva. Ma non c'era ragione di affannarsi a quel modo; disgrazie ne capitano ogni giorno; e, si sa… a chi la tocca la tocca! La zia parlava non smettendo di mangiare e offrendo chicche alle amiche, che si rimpinzavano. Come si poteva ingollar leccornie a quel modo, quando lì, a pochi passi di distanza, un poverino, lavorando nella fabbrica che dava la ricchezza a la casa, soffriva forse acerbamente, forse anche lottava con la morte? Come mai aveva potuto, il suo papà, che sapeva che per certo aveva veduto, fare come di solito la sua elegante toeletta, scherzare con lei, uscire per lo svago d'ogni sera, forse dimenticare il triste caso in un salotto allegro o fra amici gaudenti? Un'ambascia, fatta di pietà per il poverino malato e di disgusto per l'indifferenza del padre, della zia, e di quelle insipide zitellone, gonfiò il cuore della povera fanciulla. «Vado con Bortolo—finì per dire—voglio vedere anch'io! E si incamminò, non badando alle rimostranze della zia, che trovava eccessivo quello zelo caritatevole, che temeva un'emozione troppo violenta per la nipote, in quell'ora di dopo pranzo; che si doleva di non poterla accompagnare, perchè troppo sensibile, incapace di sostenere la vista d'un sofferente. «Bene, bene! fece Lucia—non darti pensiero per me; vado con Bortolo. E uscì così com'era; a capo scoperto. Per andare a la fabbrica non c'era che da attraversare il giardino, che dava, in un cortiletto di comunicazione interna fra la casa e l'ufficina. «S'è fatto male assai?—chiese, camminando frettolosa, al servitore. «Assai!—rispose questi.—È difficile che se la cavi!… povero fanciullo! Al buon uomo, tremava il pianto in gola, parlando. Il malato giaceva in una camera presso la portineria, nel letto sempre pronto ad accogliere chi si fosse fatto male, che non era cosa straordinaria, o chi fosse assalito da improvvisa sofferenza. Giaceva supino sui guanciali candidi, la testa bruna abbandonata, gli occhi semichiusi, il respiro affannoso; su la rimboccatura, le povere mani nere di polvere di carbone, stavano inerti. Insieme con il respiro ansimante, dal petto del poverino usciva un lamento continuo che straziava. La fiammella del gaz abbassata, spandeva una luce smorta, rischiarando l'agonizzante con riflessi foschi, strani, paurosi. Bortolo porse la bottiglia a un vecchio signore ritto a fianco del letto. Un altro signore si staccò dal fondo della camera e porse a questi un cucchiaio. Bisognava sollevare un poco il capo al poverino per fargli inghiottire qualche sorso. Lucia si fece innanzi, tutta pallida ma senza tremiti, passò un braccio sotto al guanciale e lo alzò delicatamente; il povero fanciullo gemette più forte. Il cognac fu inghiottito a fatica. Lucia riabbassò il guanciale, su cui il malato girò lentamente il capo posandolo su una guancia; cessò il gemito, parve assopito. Parve morto a la fanciulla, che si rizzò presa da subito, invincibile sgomento e levò lo sguardo spaurito in cerca di conforto. Si incontrò in due occhi chiari, che la fissavano con intensità melanconica. «Morto?…—chiesero le labbra della fanciulla, senza mettere suono. No; gli occhi chiari risposero negativamente. Ma in quel no erano il dolore, quasi il rammarico. Così fosse!… dicevano quegli occhi. La morte sola può togliere il disgraziato a lo spasimo. Un fremito corse nei sangue di Lucia. Si inginocchiò di fianco al letto, chinò le labbra su la manica nera del morente. Quale tenerezza di pianto, quale religioso rispetto le inspirava, quella disgraziata vittima del lavoro!… Perchè succedono quei casi dolorosi?… Perchè non si era ancora trovata la maniera di farli evitare, di impedirli?… Perchè Iddio permetteva che accadessero?… Il sentimento di superba investigazione fu tosto soffocato nella preghiera. «Signore!… fate che cessi di soffrire!—sospirò in un singhiozzo represso. «Signore! chiamatelo in Paradiso con voi! Levò il capo, colpita da un improvviso lamento, lungo, spasmodico; scattò ritta. Il malato in un supremo sforzo, si era tirato su a sedere su 'l letto, e guardava nel vuoto con gli occhi sbarrati, vitrei. Aperse le braccia come se le stendesse a qualcuno e mormorò il nome di Teresa. Poi si lasciò andare su 'l guanciale, supino, la bocca aperta, inanimato. Lucia si sentì vacillare; le girava la testa; nel cervello sentiva un ronzio doloroso; non scerneva più le persone; più non si raccapezzava. Qualcuno le offerse il braccio, la strascinò via, le fece sorseggiare del cognac. Sentì salire un groppo a la gola e scoppiò in pianto. «Coraggio!—le sussurrò presso una voce commossa e carezzevole.—Iddio ha voluto così; non si può andar contro a' suoi voleri! Chi le parlava?… chi era con lei e la guidava a casa attraversando il cortile? Levò gli occhi su 'l volto pallido del suo compagno; l'ingegnere Del Pozzo. Ah! egli non l'aveva lasciato il povero fanciullo che s'era fatto male a la fabbrica!… Non era fuggito dal povero moribondo!… Non era andato a distrarsi dopo la giornata di lavoro!… Non aveva avuto riguardi per la propria sensibilità!… Avevano attraversato il cortile; erano entrati in giardino. Ai piedi della scalea, che dava su la porta d'entrata del villino, Lucia si arrestò; porse tutte due le mani a l'ingegnere e gli disse in un soffio: «Grazie!» «Coraggio!—le ripetè lui, stringendole le mani. Che espressione soave, che espressione pietosa avevano in quel momento, quegli occhi chiari!.. Oh sì sì!.. essi dovevano possedere un fascino; ma era un fascino buono, che comanda carità, che chiede il bene! «Grazie!—tornò a dirgli Lucia mentre egli ritoccava il cappello in segno di saluto. E soggiunse: «Si informi della famiglia di quel poverino, e, me ne sappia dire qualche cosa!.. A sommo della scala si rivolse: «Torna là?—chiese subitamente. «Sì!—rispose l'ingegnere avviandosi. In salotto, la zia e le sorelle Zolli giuocavano a scopa. «E così?—chiesero in coro senza smettere il giuoco. «È morto!—rispose cupamente Lucia. «Ha finito di penare!—disse la zia buttando una carta. «È al riparo dai pericoli!—fece la signora Aurora. «Dio lo accolga!—esclamò la signora Rosetta. «Scopa! Zia Marta, con moto rapido, raccolse le carte vincitrici con un sorriso di soddisfazione e segnò il punto. «Io vado a letto!—disse Lucia uscendo—Felice notte! «Felice notte!—risposero tutte tre insieme le giuocatrici! «Scopa! La signora Marta era fortunata quella sera. Lucia l'udì annunciare ancora due volte la vincita, mentre ella saliva lo scalone per ritirarsi in camera con le sue emozioni, i suoi sentimenti. *
* *
Alcuni giorni dopo quella triste sera, il babbo tornando a casa per la colazione, consegnò a Lucia una lettera non suggellata. «È dell'ingegnere del Pozzo—disse,—pregò me che te la consegnassi. Un'ondata calda corse a la fronte

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Argomenti: volto pallido,    vecchio signore,    triste caso,    povero fanciullo,    salotto allegro

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