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Romanzo d'una signorina per bene di Anna Vertua Gentile pagina 7dirti il vero, io mi sono divertita pochino; e tutte le volte che potevo senza dare nell'occhio, guizzare dai salotti in giardino, lo facevo volentieri, per gustare un momento di solitudine, per ritrovarmi con me stessa. Oh! gran sfortuna, mia cara, avere l'anima fatta in maniera, che i complimenti vi scivolano sopra senza lasciarvi traccia, anzi recandovi una spiacevole sensazione di freddo!… Gran sfortuna non credere alle paroline melate, alle occhiate, come si dice, assassine; e vedere, là, nettamente, come bersaglio a vivaci colori, la mira cui tendono i molti vagheggini, complimentosi fino a l'insolenza, corteggiatori fino a l'offesa, che hanno l'aria di averti in conto di bambola senza intelligenza nè sentimento, e così sciocca da essere lusingata dalle loro litanie di menzogne, colpita e tocca da svenevolezze ridicole e oltraggianti! Non mi dare dell'esagerata nè della pessimista; non mi allungare il broncio, non prepararmi un predicozzo; che, tanto queste mie idee, che si elevano al di sopra delle meschinerie, tu sai bene, da chi le ho sorbite a poco a poco, quasi senza avvedermene. Bada però, per onore del vero, che non tutti i giovinotti della festa mostrarono d'avermi in così poco conto da farmi la ruota intorno come altrettanti tacchini. Ce n'erano parecchi che mi trattavano con la riguardosa cortesia del vero gentiluomo, che non vuol compromettere la propria dignità vagheggiando troppo apertamente l'unica figliuola d'un uomo ricco; una ereditiera. Ci fu anzi anche un gentiluomo, che mi stette addirittura, a la larga, non invitandomi manco una volta al ballo, non scambiando con me mai una parola. Cosa un po' eccessiva, per uno che con me aveva assistito negli ultimi momenti un fanciullo moribondo e che si era interessato per darmi l'indirizzo della sorella del poverino. Ci sono circostanze nella vita, che, io penso, dovrebbero, per così dire, avvicinare gli animi, e che fanno correre un fremito di simpatia innocente e nobile nei cuori. Non lo credi anche tu?… Ma queste circostanze non riescono a liquefare nemmeno la prima superficie di certe nature di ghiaccio!… Tu hai capito che voglio dire dell'ingegnere Del Pozzo; il conte Anton Mario Del Pozzo; il quale, per certo, è venuto a la festa per un riguardo verso papà; forse è venuto a malincuore, facendo un sacrificio! Ballò pochissimo e sempre con signore; con signorine mai. Elegante nel vestito di ballo, con quell'aria signorile che lo distingue, egli passò la maggior parte della notte solo, a guardarsi in tondo, ritto nello sguancio di qualche finestra. Di là io sorpresi spesse volte i suoi occhi chiari e strani, fissi su me con qualche insistenza. Una volta non ritolse lo sguardo mentre io lo guardava; e mi sentii subitamente arrossire. Così serrata nel vestito di gala, ammirata, corteggiata, gli devo aver data una ben meschina idea di me. Questo era il pensiero che mi faceva montare le vampe a la fronte. Non avrei voluto parere vana e fatua a lui, che ha l'aria di essere un uomo superiore, di degnarsi quando deve comportarsi come gli altri!… Una volta mi sembrò che fosse diretto a invitarmi per un waltzer. Ma il signor Aldo Svarzi fu più pronto di lui ed egli si inchinò dinanzi a una signora che mi sedeva presso. Quel signor Svarzi, mi ha fatto una stizza!… Ero desiderosa di fare almeno qualche giro con lui, per sentire che cosa avrebbe detto; se ricordava il momento passato al letto del povero Cecchino, se voleva sapere della sorella di lui. Mentre si ballava un minuetto, accaldata e inuggita, io trovai modo di guizzare in giardino e di sedere su una panchina presso la cancellata. La soave musica di Boccherini arrivava a me attenuata dalla distanza. Il giardino rischiarato dalle lampadine elettriche, pareva avvolto nel chiarore dalla luna. Ero lì da alcuni minuti, quando udii un bisbiglio, un brusío sommosso, al di là del cancello. Mi alzai incuriosita. Con la faccia appiccicata al cancello, erano al di là del giardino, parecchie persone, che guardavano dentro ammirate e si bisbigliavano le loro meraviglie. Povera gente, che si faceva un godimento del piacere, del lusso degli altri!… Risentii l'impressione che ho sempre provata vedendo alle vetrate dei caffè, i fanciulli poveri guardare dentro i fortunati, seduti davanti ai tavolini imbanditi, rimpinzarsi di leccornie. Mi vergognai del mio vestito elegante e costoso, del lusso sfacciato della casa, quella sera aperta a la curiosità di tutti. Volli rientrare. A pochi passi da me, con il dorso poggiato al tronco d'una pianta, il signor Del Pozzo, con le braccia incrociate sul petto, guardava al di là dell'inferriata. Al fruscio de' miei passi su la sabbia, si rivolse, mi salutò con un leggero cenno del capo e restò là senza muoversi. Forse risentiva gli stessi sentimenti che commuovevano me stessa! Papà durante tutta la festa, credo non si sia mai ricordato di me. La bellezza fulgida della vedova signora Rabbi, sai!… la superba bionda altezzosa che tu non potevi soffrire, deve avergli fatto girare il capo. Fatt'è che egli era tutto per lei e lei tutta per lui solo. Gongolante, orgoglioso, egli la faceva ballare, custodiva il suo ventaglio, era il segretario del suo carnet. Non aveva occhi e attenzioni che per lei, che si lasciava corteggiare con grazia altera, da regina usa agli omaggi, da dea che impone adorazione. Nel vestito di raso color turchino smorto, scollata fino all'indecenza, le magnifiche braccia nude, scintillante di pietre preziose, con uno strascico da sovrana, la signora Rabbi era bella davvero; per certo la più bella di tutte; la regina della festa, come si suol dire. Ti ho scritto una letterona che non finisce più. E bada che ho dormito poco. Dalle cinque alle dieci. Ci ho ancora gli occhi imbambolati. Papà e la zia dormono ancora e chi sa quando si alzeranno. Scommetto che il signor Del Pozzo è già levato e fuori; forse a la fabbrica come di solito. Ciao, ciao, carissima; non dimenticarmi. LUCIA.» * * * Nel salottino d'angolo, con due porte a vetri aperte su 'l giardino, nella penombra dei tendoni abbassati, Lucia leggeva Fogazzaro nel Piccolo Mondo Antico; lo leggeva per la quarta volta e adesso le piaceva ancora più di prima come accade delle cose per davvero belle e care che più si conoscono e più si amano. Era al punto in cui la povera Ombretta, tratta dall'acqua, giaceva morente; punto sublime di naturalezza, che bisogna piangere leggendo. E Lucia commossa, si sentiva inumidire gli occhi, quando su l'uscio del salottino comparve Adele ad annunciare una visita. «È la sorella del povero Cecchino!—disse, introducendo una giovine donna piccoletta, aggraziata tutta in nero, con un fitto velo su 'l cappello. Lucia scattò dalla poltroncina e strinse le mani a la giovine facendosela sedere presso. «Sono venuta a ringraziarla prima di entrare in convento!—disse la giovine con accento commosso.—Ci vado domani, e sono così contenta!… È Cecchino che ha pregato per me!… E lei è l'angelo del Signore mandato in mio soccorso! Le afferrò la mano e se l'accostò a le labbra, baciandola. Presa a l'imprevista, Lucia, già un po' eccitata dalla lettura, non potè frenare un singhiozzo. Sorpresa, la giovine alzò il velo scoprendo un viso bianco, soave, e commossa, con gli occhi velati, uscì a parlare a frasi tronche, l'accento concitato. Oh ell'era davvero un angelo!… Ella capiva; ella non sentiva disprezzo ma pietà!… sì, sì; bisognava essere passati per molti guai; bisognava aver percorsa una via ben penosa, ben irta di spine, per giungere a non desiderare altro che il convento, a vent'anni!… E lei lo desiderava tanto!… Sentiva proprio nell'anima la voce di Dio che la chiamava! «Dio—disse con certa solennità—è grande e buono; accoglie e conforta chi ha errato per necessità, per abbandono di tutti! «Sa, signorina?—soggiunse cambiando tono, con una nota amara nella voce.—Prima di cedere….. di cadere….. le ho tentate tutte. 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