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Corbaccio di Giovanni Boccaccio pagina 6ch'io possa, e a ciò mi risponderà; o ella l'arà caro, ma, non volendolo usare, discretamente me dalla mia speranza rimoverà”. Per che l'uno de' due fini aspettando, quantunque l'uno più che l'altro desiderassi, per una mia lettera, piena di quelle parole che più onestamente intorno a così fatta materia dir si possono, il mio ardente desiderio le feci sentire. A questa lettera seguitò per risposta una sua piccola letteretta, nella quale, quantunque ella con aperte parole niuna cosa al mio amore rispondesse, pure, con parole assai zoticamente composte e che rimate pareano, e non erano rimate, sì come quelle che l'un piè avevano lunghissimo e l'altro corto, mostrava di disiderare di sapere chi io fossi. E dirotti più: ch'ella in quella s'ingegnò di mostrare d'avere alcun sentimento d'una opinione filosofica, quantunque falsa sia, cioè che una anima d'uno uomo in uno altro trapassi: il che alle prediche, non in libro né in scuola, son certo ch'aprese; e in quella, me a uno valente uomo assomigliando, mostrò di volere, lusingando, contentare: affermando appresso sommamente piacerle chi senno e prodeza e cortesia avesse in sé e con queste antica gentileza congiunta. Per la quale lettera, anzi per lo stile del dettato della lettera, assai leggiermente compresi o colui, che di lei assai cose dette m'avea, esser di gran lunga del natural senno di lei e della ornata eloquenzia ingannato o averne voluto me ingannare. Ma non pote' per ciò non che spegnere ma pure un poco il concetto fuoco diminuire; e avvisai che ciò che scritto m'avea niun'altra cosa volesse dire per ancora se non darmi ardire a più avanti scrivere e speranza di più particulare risposta che quella; e amaestramento e regola in quelle cose fare che per quella poteva comprendere che le piacessono. Delle quali come ch'io fornito non mi sentissi, per ciò che né senno né prodeza né gentileza c'era (alla cortesia, quantunque il buono animo ci fosse, non ci avea di che farla), nondimeno, secondo la mia possibilità, a dovere fare ogni cosa, per la quale io la sua grazia meritassi, mi dispuosi del tutto. E del piacere preso da me per la lettera ricevuta, per una altra lettera, com'io seppi il meglio, la feci certa; né poi senti', né per sua lettera né per ambasciata, quello che io, di ciò che scritto l'avea, le paresse –. Allora lo spirito disse: – Se più avanti in questo amore non è stato, che cagione t'induceva il dì trapassato, con tante lagrime, con tanto dolore, sì ferventemente per questo a disiderare di morire? – Al quale io rispuosi: – Forse che il tacere sarebbe più onesto; ma, non potendolti negare, poi ne domandi, tel pur dirò. Due cose erano quelle che quasi ad estrema disposizione m'aveano condotto: l'una fu il ravvedermi che, là dov'io alcun sentimento aver credea, quasi una bestia senza intelletto m'avvidi ch'io era; e certo questo non è da turbarsene poco, avendo riguardo che io la maggiore parte della mia vita abbi spesa in dovere qualche cosa sapere, e poi, quando il bisogno viene, trovarmi non saper nulla; l'altra fu il modo tenuto da lei in far palese ad altrui che io di lei fossi innamorato; e in questo più volte crudele e pessima femina la chiamai. Nella prima cosa mi trovai io in più modi stoltamente avere adoperato; e massimamente in credere troppo di leggieri così alte cose d'una femina, come colui raccontava, senza altro vederne; e appresso per quelle, senza vedere né dove né come, ne' lacciuoli d'amore incapestrarmi e nelle mani d'una femina dare legata la mia libertà e sottoposta la mia ragione; e l'anima, che, con questa accompagnata, solea essere donna, senza, essere divenuta vilissima serva: delle quali cose né tu né altri dirà che da dolersi non sia infin la morte. Nella seconda essa ha, secondo che mi pare, in assai cose fallato e assai chiaramente mostro colui mentir per la gola, che sì ampiamente delle sue esimie virtù, meco parlando, <si> distese. Per ciò che, secondo che a me pare avere compreso, uno, il quale, non perch'e' sia ma perché li pare essere, i suoi vicini chiamano il secondo Ansalone, è da lei amato, al quale essa, per più farlisi cara, ha le mie lettere palesate e con lui insieme, a guisa d'uno beccone, schernito; senza che, colui, di me faccendo una favola, già con alcuno per lo modo che più gli è piaciuto n'ha parlato; senza che, esso, come io son qui, per più largo spazio avere di favellare, fu colui che la risposta alla mia lettera, della quale davanti ti dissi, mi fece fare; e oltre a questo, secondo che i miei occhi medesimi m'hanno fatto vedere, m'ha ella, sogghignando, a più altre mostrato, come io aviso, dicendo: “Vedi tu quello scioccone? Egli è mio vago: vedi se io mi posso tenere beata!”. E certo quanto quelle donne, alle quali ella m'ha mostrato, sieno state e sieno oneste e io e altri il sappiamo: perché ella, sì come comprendere se ne dee, come il suo amante tra gli uomini, così ella tra le femine di me favoleggia. Ahi, disonesta cosa e sconvenevole, che uomo, lasciamo stare gentile, che non mi tengo, ma sempre mai con valenti uomini usato e cresciuto, e delle cose del mondo, avvegna che non pienamente, ma assai convenevolmente informato, sia da una femina a guisa d'un matto ora col muso ora col dito all'altre femine mostrato! Io dirò il vero: questo m'indusse a tanta indignazione d'animo che io fui alcuna volta assai vicino ad usare parole che poco onore di lei sarebbono state; ma pure alcuna scintilletta di ragione, dimostrandomi che molto maggiore vergogna a me, ciò faccendo, acquisterei che a lei, da tale impresa, non poco ma molto turbato mi ritenne, e a quella ira e disordinato appetito, di che tu mi domandi, m'indusse –. Lo spirito allora, nella vista mostrando d'avere assai bene le mie parole raccolte e la intenzione di quelle, seco non so che dicendo, alquanto, avanti che alcuna cosa che io intendessi dicesse, soprastette pensoso; poi, a me rivolto, con voce assai mansueta cominciò a parlare, dicendo: – E come tu t'innamorasti e di cui, e 'l perché e la cagione della tua disperazione assai bene mi credo dalle tue parole aver compreso. Ora voglio io che grave non ti sia se alquanto in servigio della tua medesima salute, e forse dell'altrui, io teco mi distendo a ragionare, primieramente da te cominciando, perché del tuo errore fosti tu stesso principio, e da questo verremo a dire di colei della quale tu, mal conoscendola, follemente t'innamorasti; e ultimamente, se tempo ne fia prestato, alcuna cosa diremo sopra le cagioni che te a tanto cruccio recarono che quasi te a te stesso feceno uscir di mente. E, cominciando da quello che promesso abbiamo, dico che assai cagioni possono me e ogni altro giustamente muovere a doverti riprendere; ma, acciò che tutte non si vadano ricercando, per fare il ragionamento minore, due solamente m'agrada toccarne: l'una è la tua età, la seconda sono gli tuoi studii; delle quali ciascuna per sé, e amendue insieme, ti dovevano render cauto e guardingo dagli amorosi lacciuoli; e primieramente la tua età: la quale, se le tempie già bianche e la canuta barba non mi ingannano, tu dovresti avere li costumi del mondo, fuor delle fascie già sono degli anni quaranta, e già venticinque cominciatili a conoscere. E, se la lunga esperienza delle fatiche d'amore nella tua giovaneza tanto non t'avea gastigato che bastasse, la tiepideza degli anni, già alla vecchieza appressandoti, almeno ti dovea aprire gli occhi e farti conoscere là dove, questa matta passione seguitando, ti dovea far cadere; e, oltre a ciò, mostrarti quante e quali fossero le tue forze a rilevarti. La qual cosa se con estimazione avessi riguardata, conosciuto avresti che dalle femine nelle amorose battaglie gli uomini giovani, non quelli che verso la vecchieza calano, sono richiesti; e avresti veduto le vane lusinghe, sommamente dalle femine desiderate, ne' giovani, non che ne' tuoi pari, star male. Come si conviene o si confà a te, oggimai maturo, il Tag: assai lettera uno cose parole secondo amore poco fare Argomenti: buono animo, largo spazio, tanto cruccio, maggiore vergogna Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Decameron di Giovanni Boccaccio Novelle rusticane di Giovanni Verga La divina commedia di Dante Alighieri Il colore del tempo di Federico De Roberto Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Offerta capodanno ad Atlanta (Georgia, USA) Abitudini alimentari sbagliate Come far vivere a lungo la mimosa Come riconoscere i sintomi di una gravidanza Thailandia la terra del sorriso
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