Corbaccio di Giovanni Boccaccio pagina 5

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ti veggio, che noi a sedere ci ponessimo; ma, perché qui far non si può, ragioniamo in piede. Io so (e, se d'altra parte non sapessi, sì mel fecero poco avanti chiaro le tue parole, e ancora il luogo nel quale io t'ho trovato mel manifesta) che tu se' fieramente nelle branche d'amore inviluppato; né m'è più celato, che questo sia, chi di ciò t'è cagione; e tu il dèi nel mio ragionare avere compreso, se di ciò ti ricorda che io dianzi dissi di colei la qual tu vorresti d'aver veduta essere digiuno. Ma, avanti che io più oltre vada, ti dico che io non voglio che tu da me prenda alcuna vergogna, perch'ella già più che 'l convenevole mi fosse cara; ma così sicuramente e con aperto viso di ciò con meco ragiona, come se sempre fossi stato di lei strano; e, per merito della compassione la quale io porto a' tuoi mali, ti priego che come tu ne' suoi lacci incappasti mi manifesti –. Al quale io, cacciato via ogni rossore, rispuosi: – Il priego tuo mi strigne a dirti quello ch'io mai, fuori che a un fidato compagno, non dissi e a lei sola per alcuna mia lettera fe' palese; né di ciò, dove pure la tua libertà non me ne assicurasse, da te mi dovrei, più che da un altro, vergognare, né tu turbartene: per ciò che, come tu dalla nostra vita ti dipartisti, secondo che le ecclesiastiche leggi ne mostrano, quella ch'era stata tua donna non fu più tua donna, ma divenne liberamente sua; per che in niuno atto potresti con ragione dire che io mi fossi ingegnato di dovere alcuna tua cosa occupare. Ma, lasciando ora questa disputazione, ché luogo non ci ha, stare, e venendo a quello aprirti che tu domandi, dico che per la mia disaventura, non sono molti mesi passati, avvenne che io con uno, al quale tu fosti già vicino e parente, di cui esprimere il nome or non bisogna, in ragionare di varie cose entrai. E, mentre che noi così ragionando andavamo, acadde, come talvolta avviene che l'uomo d'uno ragionamento salta in uno altro, che noi, il primo lasciato, in sul ragionare delle belle donne venimo; e, prima avendo molte cose dette delle antiche, quale in magnanimità, quale in castità, quale in corporal forteza lodando, condiscendemo alle moderne: fra le quali il numero trovandone piccolissimo da commendare, pure esso, che in questa parte il ragionare prese, alcune ne nominò della nostra città; e, tra l'altre, nominò quella, che già fu tua, la quale io nel vero non conosceva. Così non l'avessi io mai conosciuta poi! E di lei, non so da che affezione mosso, cominciò a dire mirabili cose, affermando che in magnificenzia mai non era stata alcuna sua pari; e, oltre al naturale delle femine, lei s'ingegnava di mostrare essere uno Alessandro e alcuna delle sue liberalità raccontando; le quali, per non consumare il tempo in novelle, non curo di raccontare. Appresso, lei di così e di tanto buono senno naturale disse essere dotata quanta altra donna per avventura conosciuta già mai; e, oltre a ciò, eloquentissima, forse non meno che stato fosse qualunque ornato e pratico retorico, fu ancora; e, oltre a ciò, che sommamente mi piacque, sì come a colui ch'a quelle parole dava intera fede, la disse essere piacevole e graziosa e di tutti quelli costumi piena che in gran gentildonna si possano lodare e commendare. Le quali cose narrando questo cotale, confesso che io meco tacitamente dicea: “O felice colui al quale la fortuna è tanto benigna ch'ella d'una così fatta donna li conceda l'amore!”. E già quasi meco avendo diliberato di volere tentare se colui potessi essere che degno di quello divenissi, del nome di lei colui domandai e della sua gentileza e del luogo dov'ella a casa dimorasse; il quale quello non è dove tu la lasciasti; et esso ogni cosa pienamente mi fe' palese. Per che poi, da lui dipartitomi, del tutto dispuosi di volerla vedere; e, se così perseverasse meco ciò che io di lei estimava, mettere ogni mia sollecitudine in fare ch'ella divenisse mia donna, come io suo servidore diverrei. E, sanza dare alla bisogna alcuno indugio, in quella parte prestamente n'andai, dove a quella ora la credetti potere trovare e vedere; e sì mi fu in ciò la fortuna favorevole – la qual mai, se non in cosa che dannosa mi dovesse riuscire, non mi fu piacevole – che al mio avviso ottimamente rispuose l'effetto. E dirotti maravigliosa cosa: che, non avendo io alcuno altro indizio di lei che solamente il color nero del vestimento, guardando tra molte che quivi n'erano in quello medesimo abito che ella, là dove io prima la vidi, come il suo viso corse agli occhi miei, subitamente avvisai lei dovere essere quella che io andava cercando. E per ciò ch'io portai sempre opinione, e porto, che amore discoperto o sia pieno di mille noie o non possa ad alcuno desiderato effetto pervenire, avendo meco disposto del tutto di non cominciar questo con persona in guisa niuna a communicare, se con colui non fosse, al quale, poscia ch'io amico divenni, ogni mio secreto fu palese, non ardiva addomandar se ciò fosse, che mi pareva. Ma ancora la fortuna, che in poche cose intorno a questo mio desiderio mi dovea giovare, come nella prima cosa m'era stata favorevole, così mi fu in questa seconda: ché, di dietro a me, senti' alcuna donna che colle sue compagne di lei favellava, dicendo: – Deh, guarda come alla cotal donna stanno bene le bende bianche e' panni neri –. La quale per avventura alcuna delle compagne, che non la conoscea, con tanto piacere di me, che alle loro parole teneva gli orecchi, che dir nol potrei, la dimandò: – Quale è dessa di quelle molte che colà sono? –. A cui la domandata donna rispuose: – La terza, che siede in su quella panca, è colei di cui io vi parlo –. Dalla quale risposta io compresi ottimamente avere avisato; e da quella ora avanti l'ho conosciuta. Io non mentirò: come io vidi la sua statura e poi appresso alquanto al suo andare riguardai e un poco gli atti esteriori ebbi considerati, io presumetti, ma falsamente, non solamente che colui, al quale avea udito di lei parlare, dovesse avere detto il vero, ma che troppo più ch'egli detto non avea ne dovesse essere di bene. E così, da falsa opinione vinto, subito mi senti', come se dall'udite cose e dalla vista di lei si movesse, corrermi al cuore un fuoco, non altrimenti che faccia su per le cose unte la fiamma, e sì fieramente riscaldarmi che, chi allora m'avesse riguardato nel viso, n'arebbe veduto manifesto segnale; e come che i segni venuti nel viso per lo nuovo fuoco (che, come prima le parti superficiali andò leccando, così poi, nelle intrinsece trapassato, più vivo divenne) se ne partissono, mai se non dentro crescer le sentii. In questa guisa addunque, che raccontato ho, di lei, che mal per me fu veduta, preso fui, dandomi il suo aspetto pieno di falsità, non senza artificiale maestria, speranza di futura mercede –. Lo spirito, il quale queste cose, secondo il mio parere, non senza diletto ascoltate avea, già me sentendo tacere, così mi cominciò a parlare: – Assai bene m'hai dimostrato il come e la cagione del tuo esserti prima allacciato e come tu medesimo ti vestisti la catena alla gola, ch'ancor ti strigne. Ma non ti sia grave ancor manifestarmi se mai questo tuo amore le palesasti e come: ché mi parve dianzi udire di sì; e il dirmi appresso se da lei avesti alcuna speranza che più t'accendesse che 'l tuo medesimo desiderio primieramente avesse fatto. Al quale io rispuosi: – Per ciò che io manifestamente conosco, se io celar tel volessi, io non potrei, sì mi piace che tu il vero senta de' fatti miei, donde che tu te l'abbi, niuna cosa te ne nasconderò. Egli è il vero che, avendo io data piena fede, come già dissi, alle parole udite da colui che lei tanto valorosa m'avea mostrata, io presi ardir di scriverle, mosso da cotale intenzione: “Se costei è da quello che costui mi ragiona, aprendole io onestamente per una lettera il mio amore, l'una delle due cose ragionevolmente mi dee seguire: o ella l'arà caro, per usarlo in quello

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