Corbaccio di Giovanni Boccaccio pagina 19

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in quello. Io voglio presupporre che vero fosse ciò che l'amico tuo del valore di costei ti ragionò; il che se così credesti che fosse, mai non mi farai credere che in lei libidinoso amore avessi posto, sì come colui ch'avresti conosciuto quelle virtù essere contrarie a quello tuo vizioso desiderio; e, <per> consequente, essendo esse in lei, mai non dovere venire fatto in quello atto cosa che tu avessi voluta; sì che non quelle ad amarla ti tirarono, ma la sua forma per certo; e alcuna cosa veduta di lei ti mise in speranza del tuo disonesto volere potere recare a fine. Ma furonti sì gli occhi corporali nella testa travolti, che tu non vedesti lei essere vecchia e già stomachevole e noiosa a riguardare? E, oltre a ciò, qual cechità d'animo sì quelli della mente t'avea adombrati che, cessando la speranza del tuo folle desiderio in costei, con acerbo dolore ti facessono la morte desiderare? Qual miseria, qual tiepideza, qual trascuraggine te a te così avea della memoria tratto che, venendoti meno costei, tu estimassi che tutto l'altro mondo ti dovesse essere venuto meno e per questo volere morire? Part'egli così essere da nulla? Se' tu così pusillanimo, così scaduto, così nelle fitte rimaso, così scoppiato di cerro o di grotta o se' così da ogni uomo del mondo discacciato che tu costei per unico rifuggio e per tuo singulare bene eletta avessi, che, se ti mancasse, tu dovessi desiderare di morire? Qual piacere, quale onore, quale utile mai avesti da lei o ti fu promesso, se non dalla tua sciocca e bestiale speranza, il quale poi ti fosse tolto da lei? E la tua speranza che cosa ti poteva da lei giustamente promettere? Certo niuna, se non di metterti nelle braccia quelle membra cascanti e vize e fetide; delle quali sanza fallo, se saputo avessi il mercato il quale n'ha fatto e fa, come ora sai, sarebbe stato il disiderio minore. Forse speravi, potendole nelle braccia venire e avendo di quella prodeza della quale ella cotanto si diletta, così essere salariato, come fu già il cavaliere di cui di sopra parlai? Tu eri ingannato, per ciò che, quando quello era, ella spendeva de' miei; oggi, de' suoi parendole spendere, non dubito punto che tu non le trovassi troppo più stretta la mano che tu non t'avisi. Egli è andata via quella magnificenza della quale forse tanto l'amico tuo la commendava. E, se questo non isperavi, in quale altra cosa ti poteva ella molto valere? Potevati costei degli anni tuoi scemare? Sì forse, di quelli che sono a venire, per ciò che già ad altrui ne scemò; ma io non credo che tu questo avessi voluto; e giugnere non te ne potea, per ciò che solamente a Dio s'appartiene questo. Potevati costei delle cose assai, che tu non sai, insegnare? Sì forse, delle malvagie, per ciò che già ad altrui ne 'nsegnò; ma io non credo che tu quelle vadi cercando; dell'altre mostrare non ti potea, per ciò che niuna buona ne sa. Potevati costei, morendo tu o vivendo, beatificare? Sì forse, se quella è beatitudine, che essa col suo amante, te schernendo, diterminava, per ciò che già così n'ha assai beatificati; ma io non credo, poi che alquanto la luce t'è tornata dello intelletto, che tu quella beatitudine estimi ma tormento; della vera né hanne né arà mai, sì come colei che ad etterno supplicio per li carnali diletti già se medesima ha condennata. Che dunque ti poteva costei fare? Certo io nol conosco; né credo ancora che tu il conoscessi o potessi conoscere. Forse t'arebbe potuto fare de' priori: che oggi cotanto da' tuoi cittadini si disidera. Ma io non so vedere il come, ramentandomi che nel vostro Campidolio non è da' vostri sanatori orecchia porta a' rapaci lupi dello alto legnaggio e del nobile, del quale ella è discesa. Ma ben potrestù dire: sì, potrebbe, se così fosse a grado a tutti coloro che hanno a fare lo squittino, com'ella fu a te; e avesselo voluto fare. Ma questo mi pare che sarebbe impossibile: che a pena che io creda che non che tanti ma un altro se ne trovasse che così ne potesse divenire abagliato come tu divenisti. Deh, misera la vita tua! Quanti sono i signori, li quali se io per li loro titoli te li nominassi, in tuo danno te ne vanaglorieresti, dove in tuo pro non te ne se' voluto ramemorare? Quanti i nobili e grandissimi uomini, alli quali, volendo, tu saresti carissimo? E per soperchio e poco laudevole sdegno, il quale è in te, a niuno t'accosti; e, se pure ad alcuno, poco con lui puoi sostenere, se esso a fare a te quello che tu ad esso dovresti fare non si declina: cioè seguire i tuoi costumi ed esserti arrendevole; ove tu con ogni sollecitudine dovresti i suoi seguire e andargli alla seconda. E a costei andando quanto tu più umilmente potevi, non parendoti così bene essere ricevuto come desideravi, non ti partivi – come fatto avresti e faresti, da quelli che esaltar ti possono, dove costei sempre ti deprimerebbe – ma chiamavi la morte che t'uccidesse; la qual più tosto chiamar dovevi avendo riguardo a quello a che l'anima tua s'era dechinata: e a che utilità? e a cui sottomessa? a una vecchia rantolosa, viza, malsana, pasto omai da cani più che da uomini; più da guardare la cenere del focolare omai che da apparire tra genti perché guardata sia. Deh, lasciamo stare quello che tu, per tuo studio e di grazia, da Dio hai acquistato e vegnamo a quello solo che dalla natura t'è stato conceduto; e, questo veduto, se così sdegnoso ti mostri nell'altre cose, non d'essere stato schernito, come forse ti fai, tu ti piagnerai e lamentera'ti, ma d'averti, a modo ch'uno nibbio, lasciato adescare e pigliare alle busecchie. Hatti la natura tanta grazia fatta che tu se' uomo, dove colei è femina per cui sì miseramente piangevi: e quanto uomo più degna cosa sia che femina in parte l'hanno le nostre parole dimostrato. Appresso, s'ella è di persona grande e ne' suoi membri sì è proporzionata e nel viso forse, al tuo parere, bella: e tu non se' piccolo e per tutto se' così ben composto, come sia ella. Né difettuoso ti veggio in parte alcuna; né ha il tuo viso tra gli uomini men di belleza che abbia il suo tra le femine, con tutto ch'ella studi il suo con mille lavature e con altrettanti unguenti, dove ora il tuo rade volte, o non mai, pur con l'acqua chiara ti lavi; anzi ti dirò più: ch'egl'è molto più bello, quantunque tu poco te ne curi; e fai bene, per ciò che tale sollecitudine somamente agli uomini si disdice. Una grazia l'ha fatta per insino a qui la sua natura più che a te; ché, se non mi inganna il mio iudicio, quantunque tu abbi la barba molto fiorita e, di nere, candide sieno divenute le tempie tue, et ella, pur nel mondo stata molti più anni che tu non se', quantunque forse non gl'abia così bene adoperati, non le ha mutate. Per che, raguagliando molto la prima cosa, nella quale tu se' meglio di lei, con questa ultima, nella quale pare che essa sia meglio di te, essendo quella di mezo del pari, dico che così tosto dovrebbe ella essersi fatta incontro a te ad amarti, come tu ti facessi incontro a lei. S'ella nol fece, vuo' tu perciò per la sua sconvenevoleza consumarti? Ella, a buona ragione, ha più da ramaricarsi che non hai tu; per ciò che della sua sconvenevoleza ella perde, dove tu ne guadagni, se ben porrai mente ogni cosa. Ma tu rifichi pur gli occhi della mente ad una cosa, della qual ti pare avere molto disavvantaggio da lei, e di che io niuna menzione feci, quando l'altre andai raguagliando; e avisa che quella sia la cagione per la quale tu schifato sii: cioè che a te pare che ella gentildonna sia, dove a te non pare essere così; il che presummendo che così fosse, non perciò saresti lasciato, se guardi a chi è il secondo Ansalone, che è cotanto nella sua grazia. Ma in ciò mi pare che tu erri, e gravemente; primeramente in ciò: che tu, lasciando il vero, seguiti l'opinione del popolazo il quale sempre più alle cose apparenti, che alla verità di quelle, dirizano gl'occhi. Ma non sai tu qual sia la vera gentileza e quale la falsa? Non

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Argomenti: persona grande,    libidinoso amore,    folle desiderio,    acerbo dolore

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