Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi pagina 8

Testo di pubblico dominio

lasciò condurre su per una scaletta di legno che cigolava sotto i piedi, Dal ballatoio vide il suo uomo che partiva su un carrettino tirato da un asinello in compagnia d'un villano, sotto la cupola d'un grande ombrello rosso sghangherato. Pioveva un po' meno. —La venga qui, santa pazienza! la roba è netta. Lasci che le tolga gli stivalini. O care anime, che piedini bagnati gelati. È matta a tenersi queste calze indosso? c'è da pigliarsi una pilorita. O ma', portate qua un paio delle mie calze. Ne ho portate sei paia quando sono venuta sposa e non le ho quasi toccate. E ora si tiri fuori anche il vestito, che lo metteremo al fuoco. Che peccato mortale d'aver rovinata questa grazia di Dio, con tutti questi pizzi che son così belli! sembran fatti col fiato. Se avessi anche un vestito degno di lei… ma ora penso che ci abbiamo una buona coperta di lana. Aspetti, intanto che facciamo asciugare un poco la roba, lei la si volti ben bene qua dentro, così: magari la si distenda un poco sul letto (questa è la mia parte) e lasci che le metta un coltroncino sui piedi. Gesummio, sto povero cappellino! par stato sotto i piedi della vacca. Le è proprio capitata una giornata di quelle: e quel suo uomo ha poco giudizio a strapazzare una carnagione come la sua. Stia sotto sotto, quieta quieta e cerchi di sudare. Ora le porto il latte caldo.» Teresin uscì e tornò con una scodella di latte bollente, grande come il lago di Como, che fu un vero ristoro per la povera creatura intirizzita di dentro o di fuori. La Contessa tornò a rannicchiarsi nel grosso e ruvido coltrone, se lo tirò fin sopra le orecchie e cercò di fare una buona reazione. Nel ritorno del calore le sue forze si sentirono consolate. La tensione stessa irritata dell'animo cedette insensibilmente nel molle e soave abbandono del corpo. Un tiepido senso di benessere calmò i suoi pensieri, percorse le sue membra strapazzate, finchè un velo di sonno trasparente e leggero come una nuvoletta passò sulle sue palpebre. Ed ebbe una visione rapida, evanescente, che la portò colla solita irragionevolezza dei sogni a vedere una gran festa di rose in fiore, di cui era pieno un gran giardino non suo, veduto forse in un romanzo giapponese di Pierre Loti. E per il viale fiorito vide venire incontro a gran salti di gioia il suo Blitz, il bel cane di Terranuova, che nel partire avevan lasciato piagnucoloso alla catena. Blitz le poneva le sue zampone sulla spalla, faceva cento baci colla lingua e si lasciava prendere e carezzare il muso. Un sentimento di infinita tenerezza la spingeva a baciare la bella testa di quell'animale così buono e intelligente… * * * «Fu veramente un sonno delizioso—scriveva lei stessa a donna Mina Biraga—come da un pezzo non sogno più. Ma ero letteralmente épuisée. Non ho pigliato un malanno, ma Dio ti salvi dagli idilli campestri. Per me preferisco una spanna del mio salottino a tutti i Trianon e a tutti i chalets dei poeti, a meno che i buoi e le capre non siano di porcellana. L'Arcadia è sporca. E la bestia uomo non è meno bestia delle altre, non escluse le donne. Teresin me ne raccontò di tutti i colori. Quando seppe che non ho figli, mi consigliò, indovini?—di portare in vita tre spicchi d'agli infilati in uno spago. Una sua sorella che ha provato questo rimedio consigliatole da un santo eremita di Musocco, ebbe due volte due gemelli dopo quasi tre anni che non vedeva figliuoli. Puoi immaginare un ilang-ilang delizioso? amore all'aglio. Quando tornò Cesare colla daumont era già sera. Siccome ebbe la prudenza di condurre con sè quel mattacchione del barone Barletti, (è vero che fa la corte alla Tea?) così si è evitata la scena ultima e si è finito col ridere. E bene sia quel che è finito bene; ma ho dovuto venir via colle calze di filugello e cogli zoccoli della sposa, fino alla carrozza come su due trampoli, sostenuta da Cesare da una parte e dal barone dall'altra, che mi chiamò una deliziosa Diana traballante. Glissons, n'appuyons pas. Faccio conto di mandar questi zoccoli alla madonna di Pompei in segno di grazia ricevuta. Par che faccia mirabilia quella cara madonna, se è vero quel che scrive la principessa d'Ottaiano alla madre superiora del nostro Cenacolo. Sarebbe la miglior confutazione a quella porcheria del Lourdes di Zola, qui sent la bête anche lui. Siccome malheur à quelque chose est bon, così anche i temporali servono a qualche cosa. Cesare ha creduto dover suo di scrivere un biglietto al deputato per domicilio violato, ecc. Il deputato, che mangerebbe un prete a pranzo e un aristocratico a cena, ha risposto un biglietto cortesissimo e anche spiritoso, nel quale deplora di non essere stato avvertito a tempo, perchè avrebbe mandata la sua carrozza e ci avrebbe ospitati nella sua villa di Mirabella che è a due passi dalla Torretta. Spera però in un altro temporale. So che i due uomini si sono poi trovati su terreno neutro. Cesare gli manderà domani una coppia di conigli americani, due cosi stupidini, ma assai chéris. Politica a parte, pare che il feudatario di Mirabello sia meno orso di quel che si dice. Cesare aspira quest'anno alla deputazione provinciale e chi sa che l'asino di Meneghino e i conigli americani non abbiano a far alleanza! Questi democraticoni, a saperli pigliare, sono i nostri migliori servitori. Mi chiamano per il bagno. È già il terzo e mi par di sentire ancora indosso la pelle della pecora. Ah quel coltrone! Il y a, poi, quelque chose aussi qui me pique. Ciao. tua INES. PS. Di' a don Carlo che mi mandi la «Manna dell'Anima» legata in mezza pelle. Voglio regalare qualche cosa a quella povera cristiana in pagamento degli zoccoli. A proposito: chi è il tuo calzolaio? L'ANATRA SELVATICA L'ANATRA SELVATICA Il retrobottega della drogheria, messo come un salottino, dava con una finestra su un vicolo contiguo agli uffici della Pretura, e il vicolo era così stretto, che il nobile de' Barigini poteva dalla finestra della cancelleria contare i gomitoli nella cesta di lavoro della simpatica signora Cecilia, moglie al signor Baldassare Maliardi, consigliere comunale e sindaco della banca popolare di Terzane. La simpatica Cecilia, detta anche la bella Ceci, già madre di tre bambini, uno dei quali ancora a balia, veleggiava trionfalmente verso la trentina; ma piena di spirito e di vita poteva dar dei punti a tutte le bionde e a tutte le brune del mandamento. Soltanto la Clementina dell'orefice osava contrastarle col suo bel biondo lino e coll'eleganza del vestire, tutte le volte che si trovavano nello stesso banco alla messa; e per questo c'era tra lor due un non so che di diffidente, di tirato, di amaro, che non impediva però a lor due di baciarsi sulla faccia come sorelle e di farsi molte visite. Guerra di donna guerra di farfalle. La Cecilia Manardi, figlia dell'architetto Giambelli, che restò sepolto sotto la rovina d'un suo campanile, aveva ricevuta una discreta educazione nel collegio di Cernusco, ciò che le permetteva di leggere non solo il Padrone delle Ferriere in francese, (quel che la Clementina non sapeva fare) ma anche qualche bel romanzo del Daudet, del Bourget, del Rod. Questi e qualche altro bel libro anche più arrischiatello erano di volta in volta forniti dal nobile de' Barigini, cancelliere della contigua pretura, che da un anno in qua carezzava cogli occhi la bella vicina, che si lasciava carezzare da quegli occhi molto volentieri. Manardi non sapeva legger bene che i suoi libri mastri o i bilanci della Popolare; ma siccome verso la Cecilia aveva il cuore indulgente, purchè la moglie tenesse un occhio aperto sulla bottega, lasciava che si divertisse a leggere quanti più libri voleva. Solamente quell'ibis e redibis di volumi dalla pretura alla drogherìa, se si fosse potuto evitare, sarebbe stato un gran bene, anche per riguardo alla gente pettegola, che ronza intorno alla onestà d'una bella donna col verso che il moscone fa intorno a un sacco di zucchero. Non ha detto Dante in qualche sito

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Argomenti: due passi,    peccato mortale,    bel romanzo,    bel biondo,    soave abbandono

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