La sposa persiana di Carlo Goldoni pagina 7

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disciogliersi niega. Ecco la sposa vostra, ecco la vostra ancella (si scuopre), Che v'ama, che v'adora. TAMAS (No, che non è più quella). FATIMA Signor, se questi luci a voi non sembran vaghe, Se in me non v'è beltade, che il genio vostro appaghe, Non disprezzate almeno le fiamme d'una sposa, Che a voi destina il cielo. TAMAS (Ircana è più vezzosa) (da sé). FATIMA (Misera, son perduta; ogni speranza è estinta) (da sé). TAMAS (Fatima è bella, è vero, ma nel confronto è vinta) (da sé). FATIMA (Vezzi di sposa amante, arte di moglie onesta, Deh non mi abbandonate in occasion funesta) (da sé). TAMAS (Ma che farò? Mi duole darle un sì rio tormento) (da sé). FATIMA Tamas, nel vostro volto veggo un fier turbamento; Quelle nozze, a cui fummo dal genitor costretti, Non han delle alme nostre preparati gli affetti E s'io tosto in mirarvi arder d'amor m'intesi, Forse nel vostro petto fuoco di sdegno accesi. Colpa, voi lo vedete, mia non è, se vi spiaccio, La destra ambi porgemmo obbediente al laccio. V'amo, Tamas, v'adoro, ma non per questo io voglio Obbligarvi ad amarmi con vezzi, e con orgoglio. Solo in mercé d'amore grazia vi chiedo, e spero; Anima generosa, parlatemi sincero. Ditemi se m'odiate, per mio infelice aspetto, O se beltà più vaga v'abbia ferito il petto. TAMAS Fatima, non lo niego; a forza i' son marito, Questo sen, questo cuore, è ver, fu già ferito. Pregai che in libertade fosse di noi la mano, Per mio, per vostro bene; ed il pregar fu vano. Il genitor meschiando le lusinghe all'impero M'empié l'alma di foco, di speranza il pensiero. Sperai ne' vostri lumi trovar cotal valore, Che avesse a mio dispetto ad involarmi il cuore; E mi credei che il danno di perdere il mio bene Costar non mi dovesse tanti sospiri, e pene. Vi scopriste, v'ammiro: bella e vezzosa siete; Ma cancellar quell'altra dal cuor non mi potete. FATIMA Né cancellarla io spero, né in me vuo' che si dica, Che in vece d'una sposa, trovaste una nemica. Ma di me sventurata, signor, che sarà mai? TAMAS Fatima, non so dirlo; ancor non ci pensai. FATIMA Sposi noi siamo, è vero, ma niun de' nostri petti Può esaminar gli ardori, può discoprir gli affetti. Celisi in faccia al mondo, che il volto mio vi spiace, Io soffrirò, che amiate la mia rivale in pace. TAMAS Bella virtù, che merta amante a voi più grato! Fatima, lo confesso, compiango il vostro stato; Poco chiedete, in premio d'un cor di virtù pieno, E il poco, che chiedete, posso accordar nemeno. FATIMA Misera me! Vorreste col rossor d'un rifiuto Rendermi d'una schiava vergognoso tributo? Che gelosia le puote rendere una consorte, Fra tante, e tante donne rinchiuse in queste porte? Teme che io le comandi? Non lo farò, il prometto. Ha timor, che io l'insulti? No, le userò rispetto. La servirò (se lice servire ad una moglie, Senza oltraggiar l'amato signor di queste soglie). Che vol di più? Lo dica; farlo vi do parola. TAMAS Gelosa è del cuor mio; brama regnarvi sola. FATIMA Sola? Di sì bel regno l'arbitra non io sono, Voi sugli affetti vostri, dar le potete il trono. Sola nel vostro cuore fate che regni in pace; Usi pietà, non ira, con chi lo vede, e tace. Soffra, che possa almeno errar fra queste mura Confusa fra le donne, nate di stirpe oscura; Ed a soffrir le insegni, senza esserne sdegnosa, L'esempio avanti agli occhi d'una non vile, e sposa (piange). TAMAS (Muove pietà col pianto, misera donna oppressa. Se la vedesse Ircana, pietà ne avrebbe anch'essa) (da sé). FATIMA Da voi sposata appena, se lungi mi scacciate, Pensate a qual destino, signor, mi condannate. È ver che ripudiata donna talor si sposa, Ma espiar le conviene la macchia vergognosa. Colpa non ho, che vaglia a meritar disprezzi, Non v'è ragion, per cui nodo fra noi si spezzi. Pien di furore, e sdegno il padre mio, la morte, Per vendicar la figlia, vorrebbe del consorte; Ed io, che di adorarvi, misera, ancor mi vanto, Per voi, non per me stessa, mi struggerei nel pianto (piange). TAMAS Fatima, non piangete, a voi torno a momenti. (Che stile inusitato! che amor! che dolci accenti! Ah voglia il ciel, che Ircana m'oda, s'arrenda, e taccia. Se nega? se persiste? Non so quel che mi faccia) (parte). Scena settima Fatima sola. FATIMA Padre mio, se veduta m'avessi in tal periglio, Diresti, che seguito non abbia il tuo consiglio? Potea soffrir di più? Di più soffrir mi resta? Bella consolazione per una sposa è questa! Nel momento primiero, che scopromi allo sposo, Veggolo nel mirarmi immobile, e ritroso. Misera, e quand'io spero m'accolga fra le braccia, Volge le luci altrove, e non mi guarda in faccia! Oltre al dover, son prima a scioglier la favella, Non ha rossore a dirmi, che la sua schiava è bella, Che l'ama, e che pretende, per contentar l'audace, Sagrificar la sposa, e rimandarla in pace. Vile non son; de' corti sento nell'alma il peso, Veggo l'amor di sposa, veggo l'onore offeso. Ma che giovar poteami con un che mi disprezza, Con un che può scacciarmi, lo sdegno, e la fierezza? Quel che non fa la pace, quel che non fa l'amore, Coi sposi monsulmani far non puote il furore. Dissimular conviene, soffrir la crudeltade Per moverlo col tempo a dolcezza, a pietade; E celando nel petto la gelosia cruciosa, Agli occhi del crudele rendermi meno odiosa. Per me di morte istessa più barbaro è il dolore Di cedere a una schiava del mio diletto il cuore; Ma perché ciò non segua, dir degg'io di volerlo, E guadagnar lo sposo, mostrando compiacerlo. Scena ottava Curcuma e detta. CURCUMA Sposa gentil, e vaga, degna d'eterna lode, Curcuma a voi s'inchina, delle donne custode. FATIMA Sì, cara mia, prendete, d'aggradimento in segno, Questo di vero affetto amichevole pegno (s'abbracciano). CURCUMA Siete gentil davvero; bella siete, e graziosa. (E parmi, che esser debba discreta e generosa) (da sé). FATIMA Ditemi: quante schiave Tamas ha in suo potere? CURCUMA (Principia dalle schiave). Dieci ne suole avere (Principia dalle schiave lo dice da sé). FATIMA Son belle? son vezzose? CURCUMA Oibò, non ve n'è alcuna Che delle grazie vostre possa vantarne una. FATIMA Però non mi crediate soggetta a gelosia: Codesta in un serraglio sarebbe una follia. CURCUMA Certamente. FATIMA Ma pure bramo sapere anch'io Qual sia la più diletta, fra voi, del signor mio. CURCUMA Vi dirò; veramente, ha per me qualche affetto, Ma statene sicura, non abbiate sospetto. Se meco qualche volta accendersi lo veggo, Gli batto su le mani, lo sgrido, e lo correggo. FATIMA Né per il grado vostro, né per la vostra etade, Si può temer. CURCUMA No, dite, perché amo l'onestade. FATIMA Tamas non ha di voi, chi più gli punga il cuore? CURCUMA Eh disgraziato! Basta; non vuo' darvi dolore. FATIMA Via, lo so, d'una schiava egli è perduto amante: Ditemi, come ha ricco di grazie il bel sembiante? CURCUMA Eh! mi fareste dire; con voi, la mia fanciulla, Le grazie di colei non vagliono per nulla. Avete, gioia mia, un viso che innamora, E alle mie mani poi sarà più bello ancora. Di lisci, e di pomate io son maestra antica; Tutte per farsi belle mi vorrebbono amica. FATIMA Sinora io non usai, sien brutte, o sieno belle, Su queste guancie mie di mascherar la pelle. Lo farei, se credessi di render più gradito L'infelice mio volto agli occhi del marito; Ma inutil la bellezza, inutile è l'amore, Con un, che ad altra amante abbia donato il cuore. CURCUMA Proviam? FATIMA No; non mi piace. CURCUMA Le mani almen potete... Ah quante belle gemme su queste mani avete! FATIMA Ecco un altro costume, di cui farei di meno: S'ornano inutilmente le dita, il collo, il seno. CURCUMA Affé, per caricarvi troppi denari han speso; Io, cara, m'esibisco di allegerirvi il peso. FATIMA No, no, tener le deggio di notte al chiaro lume. Anche sì bella pompa delle spose è in costume. Vanità senza

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