La sposa persiana di Carlo Goldoni pagina 2

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s'adopera in essi, così maltrattata lal Padre Concina. Non mi son dimenticato di Lei, né di far onor al suo nome ecc. In fatti non è poco onore per me, che così abbia pensato e scritto delle Opere mie un Letterato insigne; uno, dirò di più, che se ascoltate avesse le violenze dell'amor proprio, come alcuni altri fanno, con più gelosia avrebbe per se medesimo custodito il vanto di riformatore del Teatro Comico ancora, giacché nella sua gioventù mostrò aspirarvi, e si provò di esserlo colle sue lodabilissime due Commedie. Io non intesi già, introducendo il verso, di voler bandire la prosa dalle Commedie, ma nell'una e nell'altra maniera ho avuto animo di comporre, secondo la natura degli argomenti. Accadde però che il Popolo s'invaghì di sì fatta maniera di cotal verso, che le Commedie in prosa disperavano quasi di essere compatite. Tutto in un tratto s'intesero tutte le scene di questa Metropoli risuonare coi versi alla Martelliana foggia rimati; ed io, a mio dispetto, sono stato indi costretto, per compiacere l'Universale, e per giovare all'utile del mio Teatro, scrivere in tali versi parecchie altre Commedie. Dissi fra me medesimo: si sazierà il mondo di versi e rime, come il dolce divien col tempo anche ai ghiotti per abbondanza stucchevole. Infatti sentii gridar sul finire dell'anno scorso: Prosa, prosa, che sazi siamo del verso. Ritornai quest'anno alla prosa, ma non volli poi né tampoco lasciar il verso del tutto. Piace l'alternativa, ma, non saprei dire il perché, veggio che le Commedie in verso rimato hanno avuto maggior fortuna. Una fra queste si è quella che rappresentasi nel tempo che sto il presente ragionamento al Lettore scrivendo, di cui non è fuor di proposito che io favelli. Appena diedi alle scene la presente Sposa Persiana, ed ebbe il bell'incontro già detto, desiderava l'Universale veder la continuazione delle avventure d'Ircana. Siccome non è ella in questa prima Commedia il soggetto protagonista, ma lo è la Sposa, così su questa appoggiai la catastrofe, e non credei necessario, come non lo è di fatto, pensar più oltre ad Ircana. Il Popolo interessato per essa, non so se per il carattere che rappresenta, o per il merito singolarissimo dell'eccellente Attrice, la valorosa Signora Catterina Bresciani, mi andava continuamente eccitando per una seconda Commedia, che desse una continuazione ed un fine che in qualche modo consolasse la sventurata Ircana. Non potei farlo ne' due anni passati per certe indiscrete etichette Comiche di Prima e Seconda Donna, che ora sono sventate, e spero in questa Compagnia, per cui scrivo, non abbiano più a risorgere. Ho dunque una Commedia composta in quest'anno il di cui titolo è Ircana, in seguito della Sposa Persiana, col verso istesso rimato. L'incontro anche di questa è fortunatissimo, ed a suo tempo sarà stampata. Viviamo, Lettor carissimo, tu per leggere, io per comporre. Personaggi Machmut, finanziere Tamas, figliuolo di Machmut Osmano, tartaro, uomo d'armi Fatima, figliuola di Osmano, sposa di Tamas Ircana, schiava favorita di Tamas Alí, amico di Tamas Curcuma, custode delle schiave di Tamas Ibraima, schiava di Tamas Zama, schiava di Tamas Altre schiave, che non parlano Quattro eunuchi neri Quattro servi di Machmut Seguito di servi, e schiavi di Osmano, fra quali danzatori, e suonatori di tamburini, ed altri strumenti orientali. La Scena si rappresenta in Ispaan, città capitale del regno di Persia, in casa di Machmut, in un atrio che introduce al serraglio di Tamas. Sommario dedica Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Atto quarto Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Atto quinto Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena ultima dedica A SUA ECCELLENZA LA SIGNORA DUCHESSA D.NA MARIA VITTORIA SORBELLONI NATA PRINCIPESSA OTTOBONI Fra tutti gli auguri de' quali piene sono le Teste degli Uomini, quello certamente è più ragionevole che dal buon principio di qualche cosa fa sperar bene nel proseguimento, e nel fine. Chi sa dirmi, se la presente edizione, che ora incominciasi delle Commedie mie, col nuovo impegno da me composte, potrà sperare fortuna eguale alle cinquanta stampate nella edizione fiorentina comprese? Un buon augurio me lo promette la prima Commedia di questo mio Nuovo Teatro Comico è la fortunatissima Sposa Persiana: il primo Nome che la illustra, che la protegge, è quello di V. E. Da due principi sì buoni son giustamente animato a sperare un ottimo accoglimento dal Pubblico a questo secondo corso delle opere mie, e a presagire all'Editore onoratissimo, che ne intraprende la Stampa un esito fortunato. Non ho l'ardire di credere che questa possa dirsi Commedia buona, siccome di niuna delle mie posso animosamente presumerlo, e perciò Fortunata piacquemi di chiamarla, giacché la fortuna per certo e non il merito l'ha fatta soffrire piacevolmente per trentaquattro sere la prima volta in questa nostra Città, e grata la rese egualmente in ogni altra parte, in cui ebbe la sorte di essere rappresentata. Per compimento felicissimo di sua Fortuna le tocca in sorte la protezione di V. E., il che poi mi anima sempre più a credere fermamente che la Persiana non solo andrà fastosa per un simile fregio, ma tutte quelle che dopo di essa verranno quindi alla luce, precedute da una protettrice sì illustre, sì magnanima e grande. Il Nome vostro, Nobilissima Dama, noto era prima all'Europa; per il Sangue Eccelso degli Ottoboni, da cui nata siete per quello illustre de' Sorbelloni a cui vi ha la sorte ed il merito felicemente unita, ma indi da Voi stessa vi siete assai più resa cognita ed illustrata. Voi avete una mente sì illuminata, ed un talento, ed un genio per le lettere sì fecondo, che in ogni genere di sapere potete farvi distinguere, ed ammirare; e la Città di Milano, Magnifica in tutto, e per le Scienze, e per le belle Arti famosa, conta Voi per uno de' suoi maggiori ornamenti. Piacquevi però di dare un saggio al Pubblico della vostra letteratura con un'opera amena, grata, piacevole, ma che da me, e da chiunque sia del mestiere, non può essere, che ammirata, e giudicata difficile al maggior segno. Parlo io, Nobilissima Dama, della Traduzione delle Commedie del valoroso Monsieur Destouches, celebre Autor Francese. Parrà facile a qualcheduno il tradurre, ma io, che ho sino ad ora settantacinque Commedie immaginate, e scritte, troverei più difficile una straniera sola tradurre perfettamente, anziché nella foggia mia altre quattro comporne. Chi scrive a talento suo, soddisfa il proprio genio, e cerca di uniformarsi a quello della sua Nazione. Ma per tradurre perfettamente da lingua a lingua, conviene entrare nello spirito delle due Nazioni, conoscere la forza dell'Originale, e l'equivalente della versione. Piacquemi infinitamente ad un tal proposito ciò che lessi nel Chambers, all'Articolo Traslazione «I traslatori, o traslatatori, sovente procurano di scusarsi a spese della loro lingua, e ne chieggon perdono per Lei, come s'ella non fosse ricca, e copiosa abbastanza per esprimere tutta la forza, e le bellezze dell'originale». Voi non avete d'uopo di una simile scusa, poiché conoscete assai bene la ricchezza della lingua nostra Italiana, e nello scriverla perfettamente vi meritaste gli Elogi del Novellier Fiorentino, il quale prodigo non suol essere delle sue lodi, e molto meno in questo, ma siccome, a fronte del Dialetto nostro, scarso è quello degli francesi, e i

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