La sposa persiana di Carlo Goldoni pagina 3

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modi loro e le loro Frasi hanno cotal suono che alle orecchie nostre non tornerebbe in acconcio. Voi saggiamente, ponendo in fronte ai quattro Tomi della traduzione vostra l'insegnamento d'Orazio: ‘ Nec verbum verbo curabis reddere fidus Interpres etc. ’ rendendovi padrona del sentimento dell'Autore, dell'intenzione sua, del carattere e della Scena, l'adattaste sì bene all'intelligenza ed allo stile degl'Italiani, che senza la prevenzione, passar potrebbono per opere originali. Io per altro, se mi lasciassi sedurre dall'amor proprio, dovrei farmi rincrescere una simile traduzione. Sono parecchi anni, che in questo genere di Teatrali Componimenti fatico per l'onor mio, e per quello della mia Nazione, alla quale hanno giustamente per più d'un Secolo insultato gli Oltramontani, e dell'Opera mia imperfetta larga mercede ho quinci, e quindi riscossa, se non di grosse monete, d'aggradimento almeno, e di festevoli gratulazioni. La Fortuna Teatrale, gelosa forse de' suoi Francesi, ha eccitato la mano di V. E. a mantenere il decoro loro in Italia; onde sia il Destouches, da una nostra Dama tradotto, argine al corso della mia felice carriera; ma rallegromi fra me stesso, che il valoroso Francese non comparirebbe con sì bel fasto in Italia s'egli non fosse da un'Italiana penna tradotto, e purché trionfi anche in ciò il valore della nostra Nazione, son pronto a cedere tutto quel po' di gloria, che mi ho acquistato, ad una Dama sì benemerita. Non è solo alla Repubblica letteraria, Nobilissima Dama, che nota resa vi abbiano i vostri studi, e le vostre belle Virtù, ma da tutti gli ordini delle persone vi fate distinguere, e venerare, ed amare. Nelle piacevoli conversazioni Voi non ostentate sapere niente di più di quello, che all'occasione convenga. La vostra Filosofia sa rendervi egualmente seriosa nel Gabinetto, e gioconda in una festevole compagnia; amate i libri e non isfuggite i spettacoli, e fra quelli, e questi, che discretamente vi allettano, il miglior tempo impiegate alla soave cura de' Figli vostri. Questi sono il primiero oggetto delle vostre attenzioni, e l'educazione, ch 'essi hanno dall'amor vostro, e dalla vostra Virtù non può che renderli degni di Voi, e di quel sangue, da cui son nati. La cognizione, che avete delle scienze, e delle belle arti, non può lasciarvi ingannare nella scelta de' buoni Maestri, e Voi medesima, oltre allo studio delle lingue straniere, che da Voi stessa loro comunicate, potete nelle più difficili facoltà renderli bastantemente istruiti, e coll'esempio vostro, e colla vigilanza, con cui al loro bene vegliate, si renderanno un giorno oggetti degni di ammirazione. Milano aspetta in ogni uno di loro novelli fregi alla Gloria di sua nazione; Roma fra questi attende un successore di Alessandro Ottavo, Sommo pontefice della stirpe vostra degli Ottoboni, illustri Figli di questa Serenissima Repubblica Veneziana. Fra le vostre seriose cure, fra i vostri geniali trattenimenti non isdegnate di ammettere quest'umile produzione del mio scarso talento, e me onorando dell'alta protezione vostra, concedetemi benignamente, che possa a Voi dedicare colla Commedia, che vi offerisco, la mia ossequiosa servitù, e tutto me stesso Di V. E. Umiliss. Dev. Obblig. Servidore CARLO GOLDONI Atto primo Scena prima Tamas, ed Alí. TAMAS Non mi annoiare, Alí: son dal dolore oppresso; Odio gli altrui consigli, odio perfin me stesso. L'oppio, che pur sai, quanto suole alterar gli spirti, Nulla giovommi; oh pensa... Vanne; non voglio udirti. ALÍ Sì, me ne andrò: che importa a me, che voi parliate? Io sarò sempre Alí, ancor quando crepiate; E sarò sempre stato vostro fedele amico, Ancor, che de' miei detti non ve ne caglia un fico. TAMAS Come parli? Che stile inusitato, e nuovo? Fra tai sconce parole, Alí più non ritrovo. Pregio è di noi Persiani il parlar grave, e bene: Ridicolo costume in Ispaan sconviene. Come favelli? Hai d'oppio la dose caricata? ALÍ Sì, amico; doppia dose per voi ne ho trangugiata: Per voi, che pur vorrei colla letizia mia Scotere da cotesta letal malinconia. L'oppio, quel succo amaro, ch'è agli Europei veleno, Di cui nell'Asia nostra s'empion le genti il seno, Gioia mi desta in petto inusitata, e strana. Tamas, gioite meco. TAMAS Ogni tua cura è vana: Gioir non mi farebbe né scettro, né corona; Vedi se potrà farlo un ebrio, che ragiona. ALÍ Ebrio son io, nol niego, pel sonnifero amaro, Non pel vietato vino, dolce al palato, e caro; E pur (ve lo confido) in quattro ier di sera Un orcio ne bevemmo nella caravanzera. TAMAS Cosa tu mi confidi da me con sdegno udita; Vino non bevvi mai pel corso di mia vita. Ciò, che il pubblico offende, per ragion del divieto, Dee l'anime bennate offendere in segreto. E dove non arriva la forza di chi regge, Vincola nei recessi dell'onestà la legge. ALÍ Sì, giovine bennato, alma di virtù piena, Alma, ch'esser tranquilla dovrebbe, e più serena; Poiché se un giovin pio ripieno ha il cor di doglie, Chi fia che ad imitarlo nella bontà s'invoglie? TAMAS In te cresce de' spirti l'alterazion funesta; Per tai ragionamenti ora importuna è questa. Lasciami, te ne priego. ALÍ Io non vi lascio al certo, Se il duol, che avete in seno, non mi mostrate aperto; Non vi darò consigli, non vi sarò molesto; Altro da voi non bramo. TAMAS Altro non vuoi? ALÍ Che questo. TAMAS Sai tu, che il padre mio sposa mi ha destinata La figliuola di Osmano? ALÍ Ella era appena nata, E voi d'un lustro appena; senz'ara, e senza Nume Foste legati insieme, giusta il Perso costume. TAMAS Empio costume, e rio, che il maggior ben ci fura; Che toglie a noi l'arbitrio, e offende la natura. Ecco, amico, la fonte del mio dolore estremo; La sposa oggi s'aspetta, l'ora s'appressa, io tremo. ALÍ Ed io, ridete amico, ed io sarei contento, Non se una sola sposa aspettassi, ma cento. TAMAS Vanne, lo dissi, il veggio, hai la ragion perduta. ALÍ Vado... È brutta la sposa? TAMAS Non so, non l'ho veduta. Sai pur che le fanciulle serbansi ritirate, E scopronsi allo sposo dopo esser maritate. Ma tu deliri, vanne. ALÍ Un'altra cosa sola. TAMAS Teco non vuo' parlare. ALÍ Udite una parola. TAMAS Che sofferenza! Parla. ALÍ Fra l'ebrio, e fra l'astuto Vuo' domandarvi: avete forse il cor prevenuto? TAMAS Ah sì, d'Ircana mia, della mia schiava acceso, Soffrir non potrò mai d'un altro nodo il peso. Nel rimirarla intesi tosto ferirmi il petto, E crebbe a dismisura in sei lune l'affetto. L'alma quei suoi begli occhi a vagheggiare avvezza, Odia d'ogni altra il nome, ogni beltà disprezza. ALÍ Tamas, il mio consiglio... TAMAS Vattene, io non l'ascolto. ALÍ Vado, ma prima udite i sensi d'uno stolto, D'uno, che in fretta in fretta vi dice il suo pensiere, E l'oppio a digerire sen va sull'origliere. Vi lodo, se costanza v'empie per una il petto, Ma in Oriente non si usa preferirla al diletto. Chi assicurar voi puote, che Fatima, la sposa, Non abbia agli occhi vostri a comparir vezzosa? Chi sa, che nel mirarla non siate anche pentito D'aver troppo tardato ad esserle marito? Miratela, e poi dite: «oh la mia schiava è bella; Ircana sol mi piace, non voglio altre, che quella». Almeno sospendete di dir, che v'hanno ucciso, Fino, che non vediate la nuova sposa in viso. Astrologo non siete; chi sa come sia fatta? Di Tartare, e Giorgiane bellissima è la schiatta. Tartaro è il padre suo; in Ispaan dimora, Ma serberà la figlia il natio sangue ancora. Miratela con pace. Quest'è il consiglio mio: Tenetela, s'è bella, se non vi piace... Addio. (parte) Scena seconda Tamas solo. TAMAS Quest'ultime parole non son d'ebrio, o di stolto; Ragion trovo in que' detti, e la ragion m'ha colto. È ver, m'accese Ircana d'amor quasi improvviso, Ma non mirai finora d'altra più bella il viso. Noi non godiam quel bene, che agli Europei vien dato; Donna mirar non sua, è al Maomettan vietato. Itali,

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Argomenti: sommo pontefice,    soave cura,    primiero oggetto,    ridicolo costume,    natio sangue

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